Fino a non molto tempo fa la gente sapeva individuare le grandi personalità ricche di virtù intellettuali e morali, ne riconosceva la rettitudine e le prendeva a modello per se stessa e per l'educazione dei propri figli. Tutti rispettavano un insieme di qualità positive, di virtù che si trasmettevano di generazione in generazione e che i bambini incominciavano ad interiorizzare da piccoli dagli insegnamenti dei genitori, dei nonni, dei sacerdoti. Era il baricentro su cui ciascuno poteva costruirsi una personalità capace di affrontare con saggezza e giustizia tutti i compiti della vita. Al contadino per programmare i lavori dei campi, all'artigiano per dosare creatività e pazienza, alla massaia per organizzare e capire gli esseri umani.
In epoca recente, con la specializzazione, queste capacità morali sono state frantumate. Tornato a casa da un lavoro monotono, l'individuo - maschio o femmina - viene preso in carico da tanti mezzi di comunicazione diversi. Il risultato è che non c'è più un unico baricentro, ma tanti modelli in contraddizione che producono una personalità divisa, che va in crisi di fronte alle difficoltà e spesso non sa distinguere il bene dal male. L'opera di ricostruzione può farla solo l'alta cultura e soprattutto quella classica, perché è il prodotto di generazioni di intellettuali, studiosi, grandi spiriti religiosi che hanno capito l'animo umano. Hanno studiato il perché dei suoi successi e dei suoi errori, hanno distinto ciò che ha valore da ciò che non ha valore, hanno imparato a prevedere le conseguenze delle azioni assennate o dissennate.
L'alta cultura costituisce l'asse portante, l'anima segreta della società e costituisce l'unica guida intellettuale, morale di cui disponiamo.
Per questo è importante salvarla e rafforzarla di fronte alla iperspecializzazione, perché essa sola ci consente di guardare più lontano e ci salva dalla crisi tipica della nostra epoca, finanziaria, ecologica ed esistenziale prodotta da una frettolosità miope e sconsiderata.
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