Il destino di Giuseppe Conte è provare a indossare il vestito che gli hanno messo addosso. Una parte di lui sospettava che fosse troppo largo, l'altra si è illusa di poterlo riempire. È umano e non è certo una colpa giocarsi le occasioni che la vita ti mette davanti. L'avvocato pugliese è apparso sulla scena pubblica come garante del patto di governo «innaturale» tra Di Maio e Salvini. È la storia di un premier per caso, scelto perché poco ingombrante e per le sue qualità di mediatore, quasi un testimone di nozze di un matrimonio senza amore. Il Conte uno lo ha visto protagonista solo nel finale di partita. In un giorno d'estate, annebbiato dal caldo e dal sudore, vittima di troppa sete e di una prospettiva azzardata, Salvini ha regalato a Giuseppe un ruolo da grande avversario. Lo ha legittimato come antitesi e bisogna riconoscere che in quel caso l'avvocato qualunque ha sfoggiato un certo carisma. «La crisi porta la tua firma, Matteo. Il governo finisce qui».
È qui che comincia la sua strana seconda avventura. Nasce il Conte bis. È la maggioranza che ha come scopo la fuga dalle elezioni, con lo slogan: fuori le destre dal Palazzo. È un po' un tradimento dello spirito della democrazia, ma dal punto di vista costituzionale non c'è nulla da dire. I governi si fanno in Parlamento. Conte finisce per incarnare questa stagione politica. È un governo che deve consumare tempo. Non progetta. Non vede il futuro. È una bolla che deve sopravvivere fino all'elezione del presidente della repubblica. Non serve un leader, ma un temporeggiatore. Poi il cielo cade addosso a tutti. Coronavirus. Contagio. Codogno. Pandemia. A Bergamo si contano i morti. L'uomo del tempo perso si ritrova a fronteggiare la più grande sciagura mondiale del dopoguerra. L'Italia è uno dei fronti più drammatici. È il capo del governo giusto? È quello che c'è. Non ti viene neppure da biasimarlo. All'inizio scatta una sorta di empatia. Cosa faresti tu al suo posto? È un vestito che nessuno in quel momento vorrebbe avere sulle spalle. Conte, via Casalino, si prende il centro della scena, pure troppo. La tragedia è in atto e lui la interpreta come un appuntamento fisso in prima serata. Qualcuno si affida alla sua figura da bravo genero, altri temono il peggio. L'orizzonte di Conte non supera mai la settimana. Quando si deve confrontare con un futuro più lontano mette in scena lo spettacolo degli «stati generali». È in quell'inizio d'estate che la personalità politica di Conte si mostra con chiarezza. È un maestro nell'arte di barcamenarsi, un equilibrista, perfino sorprendente e la sua vocazione è quella del «morto a galla». Il futuro è una minaccia. Qualsiasi scelta rischierebbe di compromettere il faticoso equilibrio su cui si regge la sua maggioranza.
Non cadrà solo per questo. Le mosse di Renzi hanno radici più complesse. L'addio a Palazzo Chigi apre un nuovo interrogativo: cosa farà adesso Giuseppe? Zingaretti lo immagina come candidato premier di una sorta di nuovo Ulivo pentastellato. Qualcuno lo invita a fondare un partito di Conte, con una vaga vocazione ambientalista. La scelta invece è quella che sembra più sicura. Grillo lo battezza leader dei Cinque Stelle. È il capitano di ventura chiamato a sedare la guerra civile che c'è nel movimento. I sondaggi lo premiano. Solo che anche questo vestito è troppo grosso. Conte non costruisce. Non rifonda. Non immagina. Prende tempo. In tanti nel movimento tentano di risolvere i nodi irrisolti che stanno avvelenando il gruppo parlamentare. La speranza è che Conte sappia disegnare un partito a sua misura. È la rifondazione del sogno di Casaleggio padre. Cosa saranno i Cinque Stelle di Conte? La realtà è che nessuno lo sa veramente, neppure lui. Prende tempo, solo che il tempo non c'è. La strada di Conte incrocia lo sfogo di un padre.
Quando il video «salva
figlio» di Grillo gli piomba addosso come un'onda improvvisa Conte si gira di spalle e prova anche questa volta a galleggiare. Naufraga. Il vestito da capo viene trascinato dalla corrente e sulla spiaggia c'è un corpo nudo.
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