Cronache

Dopo lo scandalo a Roma parte lo scaricabarile. E mai nessuno si dimette

Alfano prende tempo, Gabrielli dà la colpa alle ferie, Marino si lamenta di lottare solo contro la mafia. Ma chi paga per le esequie del gangster?

Dopo lo scandalo a Roma parte lo scaricabarile. E mai nessuno si dimette

C'è solo uno spettacolo più deprimente e vergognoso del funerale del capoclan a Roma con cocchio e colonna sonora da gangster, ed è quello osceno esibito dalle istituzioni il giorno dopo. Uno scaricabarile da record, dal più potente al subordinato, degno di Pirandello o Bulgakov.

Il segnale l'ha dato per primo Angelino Alfano con una classica mossa temporeggiatrice: ha fatto sapere di aver chiesto una relazione al prefetto. Eppure una relazione sulla mafia a Roma speditagli da Franco Gabrielli ce l'ha già e ha accettato la volontà renziana di tenerla nel cassetto fino a fine agosto, rinviando la decisione sullo scioglimento del Comune. Gabrielli a sua volta si preoccupa soprattutto di tenere il punto sostenendo che «Roma non è connivente». Per lui «c'è stata più amplificazione mediatica che partecipazione di popolo». Forse non aveva ancora letto la relazione dei vigili che parlano di un corteo di 250 auto. Per Gabrielli Roma non è mica la Sicilia e la Calabria. Peccato che lì i funerali dei mafiosi vengano vietati. Come mai a Roma non è accaduto? E qui il prefetto vacilla: «Il funerale è stato celebrato in un quartiere diverso da quello di appartenenza del boss». L'astuto stratagemma dunque ha reso invisibili auto, elicottero e sobrio cocchio («lo stesso delle esequie di Totò», si vanta pare a torto l'agenzia funebre). E poi ci sono le ferie: «Il periodo ferragostano ha generato un allentamento delle difese immunitarie». Una tesi che spiega il titolo del film di Pif (La mafia uccide solo d'estate ) ma francamente non convince. E allora meglio passare la palla ad altri: «Solo il questore poteva dare prescrizioni sulla cerimonia». E il questore punta su un altro classico, minimizzare: «Casamonica ormai era ai margini degli ambienti criminali». Eh già, non vale la pena di infierire.

Svicola pure il Campidoglio, ma qui è un'arte che si è andata affinando a livelli sublimi dopo mesi che piove palta dalle indagini di Mafia Capitale. E infatti Marino si supera: «Questo funerale ha mostrato il contesto criminale in cui mi sono trovato a operare. Ora sono meno solo a dire che a Roma la mafia c'è». A dire il vero ci sarebbero anche alcuni pm e i Ros che lo dicono, ma non sottilizziamo. Il vice, Marco Causi, è ancora più disinvolto: «Oggi sono meno interessato a capire chi è stato disattento». Speriamo che qualche pm sia più interessato di lui a capire come mai ci fosse una scorta di vigili e spazzini dell'Ama.

Dal Campidoglio la palla rimbalza dunque alla polizia locale, il cui comandante, Raffaele Clemente, parla di un ignaro intervento di fronte a un ingorgo: «Gli agenti intervenuti hanno scoperto, in quel momento, che l'intralcio era dovuto alla presenza di un corteo funebre costituito da un carro con cavalli, nove furgoni con corone di fiori e almeno 250 auto». Figurarsi, a Roma succede tutti i giorni, sicuramente non si saranno chiesti chi era quel defunto così popolare e non l'avranno comunicato, dando la priorità a «sollecitare la pulizia della sede stradale ingombrata dai fiori lanciati dai partecipanti al corteo, che potevano mettere a repentaglio l'incolumità dei cittadini, specie di quanti si muovono sulle due ruote». Tra l'altro la spiegazione non collima granché col racconto dell'agenzia funebre che parla anche di una pattuglia che ispeziona la piazza della chiesa. Ma tant'è. L'ultimo della catena dei rimpallatori è il parroco della chiesa del funerale, che inanella una serie di «non sapevo» fino a concludere: «Lo rifarei». E con chi gli ricorda della scomunica ai mafiosi prova a invertire il verso dello scaricabarile: «Chiedete a chi sta più in alto di me». Nessun responsabile, nessuno che si dimetta. Meglio, come fa il Pd un bel rito autoassolutorio, una manifestazione convocata per il 3 settembre, dopo che il governo avrà salvato Marino dallo scioglimento.

Alla fine paga uno solo: il pilota dell'elicottero a cui è stata ritirata la licenza. Giustizia è fatta.

di Giuseppe Marino

Roma

Il prefetto di Roma Gabrielli ha minimizzato: «C'è stata più amplificazione mediatica che partecipazione di popolo». E si è giustificato: «Il periodo ferragostano ha generato un allentamento delle difese immunitarie»

Il questore Nicolò D'Angelo ha precisato: «Nessuna notizia relativa allo svolgimento dell'evento ci era stata comunicata», poi ha aggiunto che comunque ormai Casamonica «risulta ai margini degli ambienti criminali»

Chiamato in causa da tutte le parti politiche, da Forza Italia a Sel, il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha chiesto al prefetto di Roma Franco Gabrielli una relazione dettagliata sulla vicenda dei funerali del boss Casamonica

Marino non si fa domande sulle proprie responsabilità o negligenze, ma scrive: «Ho chiamato il prefetto perché siano accertati i fatti con il dovuto rigore». Il sindaco si lamenta anche: finalmente si mostra il contesto criminale in cui opero

È don Giancarlo Manieri il parroco della Don Bosco a respingere le accuse alla Chiesa: «Rifarei il funerale. Se Casamonica era così fuori norma, perché era a piede libero? Speravano forse che lo arrestasse il parroco?»

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