Prima di suicidarsi, nel 2005, aveva dichiarato la sua innocenza, affidandola a una lettera, che fino ad oggi era rimasta chiusa in una busta, conservata in una stazione dei carabinieri. Ora, dopo 13 anni, quella lettera è stata aperta e ha fatto scarcerare il presunto complice dell'uomo, accusato di concorso in violenza sessuale.
Nel 2002 l'uomo, poi suicidatosi, era stato accusato di aver abusato della nipotina di 4 anni, figlia della sorella il suo compagno, in carcere, era stato condannato per aver filmato la violenza. Nel 2007, l'uomo era stato assolto in primo grado, ma la sentenza di appello del 2009 aveva ribaltato il verdetto, annullato l'anno seguente dalla Corte di Cassazione. Era così iniziata una nuova trafila di processi e sentenze che, nel 2014 avevano condannato l'imputato per concorso in violenza sessuale, reato conferamto anche dagli ermellini nel 2016. L'uomo era stato condannato a 4 anni di carcere.
Ma le perquisizioni non avevano rivelato alcun materiale pedopornografico, nè erano stati trovati i filmati della violenza. L'accusa si basava su valutazioni dei consulenti tecnici e sull'affidabilità scientifica o meno dei ricordi della bimba, secondo quanto riporta il Corriere della Sera.
La lettera scritta prima di uccidersi dallo zio materno della bimba, accusato di violenza, è un grido di innocenza:"Quello che posso dire è che non ho fatto niente di così schifoso. Sono innocente, che mi crediate o no".
L'uomo chiede poi perdono al suo compagno per il gesto che sta per compiere, che lo lascerà da solo a combattere contro l'accusa:"Mi sento in colpa verso di lui, che ho tradito, solo per questo".Ora le sue parole, dopo 13 anni, sono servite a liberare l'imputato dal carcere, fino a quando la Corte non avrà deciso in merito all'udienza straordinaria.
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