La scuola dei Millenials

Quest'anno per la prima volta in classe non ci sono più ragazzi nati nel secolo scorso. Ma, a sorpresa, vogliono studiare sulla carta stampata e non sul computer

La scuola dei Millenials

Quest'anno per la prima volta dietro ai banchi di scuola non siedono più ragazzi nati nel secolo scorso, ma esclusivamente Millennials. Tuttavia se gli studenti sono tutti nativi digitali, digitale non è la scuola che frequentano. Non ancora. E digitale non è nemmeno il loro metodo di studio. Tutti, dalle medie alle superiori, restano ancorati al caro vecchio libro di carta e non intendono affatto metterlo in soffitta. I ragazzi del nuovo secolo continuano a utilizzare computer e iPad esclusivamente per giocare o socializzare nel tempo libero. Per studiare invece vanno ai mercatini dell'usato a cercare antologie ed eserciziari a poco prezzo proprio come accadeva trent'anni fa. I compiti vengono ancora scanditi come nella scuola vecchio stampo, con capitoli da studiare «da pag. a pag.», brani da sottolineare a matita e appunti da prendere a mano sui quaderni tradizionali comprati in cartoleria. Solo gli aggiornamenti alle edizioni dei testi o i contenuti aggiuntivi di approfondimento sono on line. Ma, per dirla tutta, quasi nessuno studente va a consultarli e i professori non spronano a farlo. Qualche cenno di digitale si vede solo in due materie: matematica e lingue straniere, dove gli esercizi on line, le correzioni e la pronuncia corretta in tempo reale sono effettivamente utili.

RIGHELLO E EVIDENZIATORE

Nei prossimi mesi verrà pubblicato sulla rivista Policy&Internet dell'Oxford Internet institute un dossier svolto da un gruppo coordinato dal ricercatore dell'università Bicocca Marco Gui che, in sintesi, conferma l'impressione che tutti abbiamo: si studia meglio sulla carta, ci si concentra di più sottolineando a mano le parole. L'impatto delle lavagne interattive e del wi-fi sui livelli di apprendimento degli studenti è (per ora) del tutto insignificante in termini di risultati scolastici. E proprio per questo il tablet viene relegato allo svago.

La scuola digitale viene annunciata dieci anni fa e nel 2012 il governo Monti promette aule super tecnologiche e un tablet in mano a ogni alunno. Ci immaginiamo subito zaini semi vuoti senza più libri di testo, astucci senza evidenziatori e lavagne senza gessetti. Niente di tutto ciò. O meglio, le lavagne tradizionali vengono effettivamente sostituite da quelle multimediali, ma solo nel 42% degli istituti in una decina di anni.
Del resto c'è poca traccia, in particolar modo dei libri in versione eBook. Ma a detta delle case editrici, sui banchi si studierà ancora per un bel pezzo sfogliando le pagine di carta e piegando l'angolino in alto per mettere «il segno».

E allora, che fine hanno fatto i libri impalpabili? Che fine ha fatto la rivoluzione digitale annunciata dieci anni fa? Non è decollata e - sostengono gli editori - bisognerà aspettare ancora sei o sette anni per vederla ingranare sul serio.

LE NUOVE SFIDE

Ostacolo numero uno: cablare tutti gli istituti. Finché la banda larga non raggiungerà ogni scuola, sarà impossibile utilizzare dispositivi che hanno bisogno della rete wi-fi. Il programma scritto dal Ministero dell'Istruzione promette un piano di battaglia consistente. L'obbiettivo è far arrivare la connessione in tutte le scuole entro il 2020. Fra il 2015 e il 2017 vengono investiti 88,5 milioni per portare la fibra nelle aule ma ad oggi gli istituti in grado di connettersi sono solo il 13%. Un po' pochino per parlare di rivoluzione. L'ex ministro all'Istruzione Francesco Profumo, che nel 2012 ci lascia immaginare la svolta digitale come una sfida dietro l'angolo, ad oggi fa da sé e, in qualità di presidente della Compagnia San Paolo, ha deciso di digitalizzare, se non tutto il Paese, almeno le scuole di Torino che viaggeranno a un Gigabit al secondo e faranno da apripista al resto d'Italia.

Nel frattempo come si comportano le case editrici? Cosa pubblicano? La Finanziaria 2008 stabilisce il passaggio obbligatorio al libro online o misto a partire dall'anno scolastico 2011-2012 sia per ridurre il peso sulle spalle dei ragazzi sia per far risparmiare i genitori. E da quel momento gli editori, grandi e piccoli, cercano di onorare la sfida al meglio. Non tanto «travasando» i contenuti dei libri di testo tradizionali su tablet, ma creandone di nuovi, interattivi, integrativi. A dire il vero qualcuno viene tentato di mollare il colpo del traghettamento al digitale perché, nell'immediato, gli investimenti non sembrano affatto dare frutti. Ma, anche se più silenziosamente del previsto, il viaggio verso la scuola «impalpabile» è cominciato e non ci si può sottrarre. A darne conferma, segnando la via per tutti gli altri, è il colosso editoriale britannico Pearson, che sceglie di disfarsi della sua partecipazione nel Financial Times, nell'Economist e nel Wall street english institute per concentrarsi esclusivamente nell'editoria scolastica. Un atto di fiducia verso il digitale che influenza - e influenzerà - tutto il mondo dell'editoria.

Anche se hanno rallentato un po' in attesa della banda larga, nemmeno le grosse case editrici italiane invertono la rotta. Zanichelli, la prima nel 1997 a lanciare l'edizione digitale dello storico libro di Fisica Amaldi, continua a sperimentare. «Ad oggi - spiega il direttore editoriale Giuseppe Ferrari - i docenti che usano con continuità i libri di testo digitali, le mail e i registri elettronici sono solo il 5%. La nostra sfida sta proprio in questa percentuale. Sperimentiamo e creiamo strumenti didattici che i professori possano usare durante le loro lezioni: slide, video, materiali interattivi. Non c'è una ricetta già pronta, procediamo per tentativi vedendo ciò che funziona e ciò che non va. Non crediamo ci sarà mai una rivoluzione digitale netta, né che questa passi dai libri di testo. Quelli resteranno ancora per un bel po' cartacei, gli studenti sulla carta studiano meglio. Ma noi editori dobbiamo capire che la carta è una sorta di portaerei del digitale: sarà lei a farlo decollare».

In casa Giunti la pensano allo stesso modo: «Non pensiamo certo che si studierà solo on line - spiega l'amministratore delegato Andrea Chiaramonti - ma, quando ci sarà la fibra, il digitale verrà usato molto più di oggi. Perciò continuiamo a investire e a proporre ogni anno in digitale gli aggiornamenti alle edizioni cartacee». E un giorno le didascalie alle immagini dei capitoli saranno sostituite dalla «realtà aumentata», integrando e incrociando le informazioni tra arte, storia, letteratura e matematica.
«Il libro digitale evoluto per materie come la matematica e le lingue, che effettivamente riescono a sfruttare l'arricchimento dato dalle potenzialità del digitale, sta crescendo a tassi rilevanti - spiega Karen Nahum, direttore digitale di DeA Planeta Libri e De Agostini Scuola -. Negli ultimi tre anni sono stati attivati oltre un milione di ebook solo per la nostra casa editrice. Per accorciare le distanze fra libro cartaceo e contenuti digitali abbiamo creato l'applicazione DeALink che permette, inquadrando le pagine del libro, di ascoltare, vedere o fruire dei contenuti arricchiti direttamente da smartphone». Stanno prendendo piede anche le piattaforme social per agevolare la comunicazione tra i docenti e diffondere le newsletter per dare gli ultimi aggiornamenti sull'evoluzione delle singole materie.

Insomma, le case editrici a piccoli passi si stanno occupando del traghettamento verso la scuola impalpabile. Una delle iniziative a cui hanno aderito gli editori più grossi è lo Zaino digitale, una piattaforma che consente di avere a portata di un clic su pc, tablet o smartphone un «cruscotto» dal quale gestire i propri libri di testo e i loro contenuti extra.

LA RIVOLUZIONE A METÀ

Eppure, qualcosa si muove. A dirlo sono i numeri pubblicati nel rapporto sulla scuola digitale del ministero dell'Istruzione: sono 326mila le aule «in rete», anche se - ammette il documento - «generalmente la connessione è inadatta alla didattica digitale». Il 40% delle aule ha una lavagna interattiva e multimediale, la cosiddetta Lim. Il 60% degli istituti usa forme di comunicazione scuola-famiglia on line, il 70% ha un registro elettronico di classe. Lenta invece la digitalizzazione amministrativa: uno studio del Miur denuncia un livello di saturazione degli archivi cartacei delle scuole già all'80% ma il 70% degli istituti non ha un sistema informatico per gestire i documenti e una percentuale ancora più alta non ha quello per la «conservazione sostitutiva» prevista dalla legge. Alla voce libri di testo, si legge che solo l'1% dei professori usa libri esclusivamente in digitale.

Il 70% affianca l'uno e l'altro ma, di fatto, la spiegazione alla rivoluzione che stenta a decollare si trova in un altro dato: il 36% dei docenti dichiara di non essere preparato a sufficienza alla didattica in digitale. E, considerando che i prof devono fare da tramite allo studio «impalpabile», c'è da pensare che sui banchi compariranno ancora per un bel pezzo righelli, matite HB ed evidenziatori.

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