Se "il Giornale" è islamofobo lo è anche l'islam

Il report dell'Unione europea accusa di islamofobobia il nostro volume su Oriana Fallaci. Peggio che nel mondo arabo

Se "il Giornale" è islamofobo lo è anche l'islam

Mentre mi trovavo negli Emirati, ho appreso con stupore che un mio libro viene citato in un report sull'islamofobia in Europa e in Italia. Si intitola I nemici di Oriana. La Fallaci, l'islam e il politicamente corretto (Melville) ed è uscito nel 2016 prima di essere allegato, nel 2018, al Giornale. È stato presentato in festival notissimi e di fronte a persone di ogni tipo. Saranno stati tutti quanti islamofobi? Il libro ha venduto quasi ottomila copie (vere). Nessun lettore si è lamentato. Saranno ottomila islamofobi? I nemici del titolo, come evidente anche a una sbrigativa lettura, non sono i musulmani ma i fanatici del politicamente corretto e gli italiani, privi di rabbia e di orgoglio. Questo dice la Fallaci nel suo articolo post 11 settembre, così famoso che molti hanno ritenuto superfluo leggerlo e capire cosa fosse. La Rabbia e l'Orgoglio è una predica rivolta agli italiani, inserita in una precisa tradizione, che prevede un certo linguaggio e una certa tecnica oratoria. Il testo andrebbe recitato da un immaginario pulpito, cosa che la Fallaci faceva sempre per verificare la bontà della Trilogia. Ho scritto I nemici di Oriana perché La Rabbia e l'Orgoglio ha dato vita in Italia alla prima e per ora unica polemica di portata nazionale (e non solo) sul politicamente corretto più che sull'islam. L'ho scritto anche perché ho assistito allo spettacolo in prima fila, lavorando con la Fallaci per quasi tre anni. Naturalmente il libro espone le critiche della Fallaci (e di tantissimi altri intellettuali anche di cultura araba) all'islam. Io faccio la cronaca e mi consento solo una incursione nel finale, sul socialismo umanitario (non sull'islam), finale che è stato pubblicato anche sui giornali con una sola conseguenza: l'offerta (declinata) di tirarne fuori un pamphlet. E l'offerta non era di un editore d'area ma di un colosso generalista. Quindi? Quindi, si legge nel report, l'autore del libro, cioè io, «si sofferma sulla retorica della famosa reporter contro la minaccia della islamizzazione nei confronti della società italiana ed europea e contro il presunto buonismo (liberalismo piagnucoloso) come aggiunta a questa potenziale minaccia». E allora? Allora è un libro ispirato da «espliciti sentimenti anti islamici». Ecce islamofobo! Cinque righe di analisi (si fa per dire) sono state sufficienti ad affibbiare un marchio infamante al libro e quindi a me.

Da tempo intrattengo rapporti di lavoro e soprattutto di amicizia con una parte piccola ma significativa del gigantesco mondo culturale islamico. Sono appena tornato da Sharjah, unico giornalista italiano presente alla più importante Fiera mondiale del libro in lingua araba. Avete già trovato interviste e cronache sul Giornale e tra qualche ora troverete anche un diario arabo oltre all'intervista a uno dei più grandi artisti orientali. Siamo dunque al ridicolo: intellettuali e istituzioni arabe intrattengono rapporti cordiali, stabili e rispettosi proprio con me, l'autore di un libro «islamofobo»! Alla Fiera ho partecipato all'incontro con Orhan Pamuk, premio Nobel per la letteratura: spero non sia troppo sgradito ai turchi che commissionano il report. Pamuk, uno scrittore destinato all'immortalità, è stato perseguitato dai nazionalisti, agli albori dell'ascesa di Erdogan, per le sue opinioni sul genocidio degli Armeni e la repressione dei Curdi. Ecco chi impartisce lezioni di tolleranza. A Sharjah ho seguito i pannelli di discussione sulla riforma dell'islam. Ho ascoltato dibattere con parole molto chiare il rapporto tra islam e islam politico. Da noi quelle parole non si possono dire senza finire nella lista dei cattivoni. Mi viene un dubbio atroce: che perfino gli islamici siano islamofobi?

Chiederò comunque spiegazioni a committenti e finanziatori del report, che pensano di cavarsela con un avviso in cui scaricano addosso agli autori la responsabilità legale di ciò che pubblicano. Avete capito bene: pubblicano roba da cui si dissociano in partenza per evitare grane. È una barzelletta. Brutta.

Vorrei soprattutto spiegazioni dall'Unione europea che finanzia simili pastoni diffamatori nei confronti di cittadini europei. Chissà che questo incidente non sia l'occasione per stabilire se in Italia esiste ancora differenza tra diritto di critica e «fobia».

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