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Se l'ammazzato è conservatore allora vale meno

Una vita è sempre una vita e contro il terrorismo non si accettano compromessi.

Se l'ammazzato è conservatore allora vale meno

U na vita è sempre una vita e contro il terrorismo non si accettano compromessi. Belle parole. Anzi, principi immortali. Peccato che nei notiziari televisivi e sulle pagine dei giornali anche vita e morte, al pari di indifferenza e indignazione, finiscano poi con l'adeguarsi al metro del politicamente corretto. Così, quando a finire ammazzata dalla pistola e dal coltello di un fanatico nazionalista inglese è stata la deputata laburista Jo Cox, caustica avversaria della no-Brexit e coraggiosa esponente del pensiero progressista inglese, lo sdegno ha subito coinvolto e sconvolto, i media di tutto il mondo. E, nel giro di qualche ora, quel delitto è diventato apertura obbligata per telegiornali e quotidiani. Quando, invece, il terrorismo è tornato a metter piede in Gran Bretagna colpendo un autorevole deputato conservatore e cattolico ammazzato nell'alveo, già di per sé simbolico e sacrilego, di una chiesa, il mondo mediatico è sembrato tentennare. Come se alla prova dei fatti il corpo straziato di un conservatore di destra non valesse quanto quello di una donna laburista e di sinistra. Così, fino a quando alla notizia dell'uccisione di Sir David Amess non si è aggiunta la certezza di una connotazione terroristica tutto è sembrato restare sotto tono, quasi ignorabile. O, perlomeno, ridimensionabile. Come se, in base a principi e valori correnti, la vita di un politico fastidiosamente conservatore, vetustamente religioso e troppo sollecito nel difendere gli animali anziché i migranti, fosse ideologicamente meno rilevante, umanamente meno significativa e giornalisticamente meno importante. Per restituire dignità a quella morte, indignazione al sangue versato sul sagrato e peso alla notizia c'è voluta l'aggravante del terrorismo. La mano assassina era quella di un integralista islamico di origini somale, radicalizzato, ma pare non ancora attenzionato da Scotland Yard. Però nel mondo largamente «liberal» dei media anche esecrazione e condanna hanno i loro tempi. Sono immediate e quasi istintive se l'assassino, spinto da trumpiane pulsioni, affonda il coltello urlando «England first». Vanno valutate, soppesate ed elaborate, sforzandosi di non offendere l'islam, quando l'assassino ulula «Allah è grande».

Ma attenzione, l'indignazione a comando, sensibile solo alle luci verdi del politicamente corretto, è assai pericolosa. Soprattutto quando si applica alle vittime di un terrorismo che non fa distinzioni e considera eliminabili tutti gli «infedeli» colpevoli di non credere alla predicazione di Maometto.

Anche perché, come tende volentieri a dimenticare chi teme di offendere il mondo musulmano, le vittime preferite del «politicamente corretto» islamista, di moda non solo nell'Emirato talebano, ma anche in tanti Paesi islamici, restano le donne, gli omosessuali e le minoranze etniche e religiose.

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