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Se gli onesti si scoprono peccatori

Se gli onesti si scoprono peccatori

Il cittadino Luigi Di Maio ha scoperto l'Italia reale ed è stato come guardarsi allo specchio, come riconoscersi. Quell'Italia è lui ed è così diversa dall'Italia grillina, puritana, giacobina, sempre con l'indice puntato contro i peccatori, contro gli altri, contro chi non appartiene al popolo eletto della democrazia diretta, i paladini del «no a tutto», perché tutto è marcio, tutto è corrotto, tutto è sospetto. Luigino è tornato a casa, per ritrovare suo padre, la ditta di famiglia, i calcinacci di chi lavora nell'edilizia, il campo sportivo di Mariglianella, la periferia napoletana, le strade strette con le serrande d'alluminio, i palazzi post terremoto con uno sputo di cemento armato e il quarto piano ancora da finire in attesa che si sposi una nipote, insomma il solito Sud dove da sempre in qualche modo ci si arrangia e lo Stato chiude un occhio. È un viaggio a ritroso, una rivelazione improvvisa, che spoglia Di Maio, niente più vestiti di scena: il ministro incoronato da Grillo e Casaleggio torna ad essere il figlio di Antonio.

Allora eccola l'Italia senza stelle, quella che tira a campare, in bilico sul filo grigio della legge, dove la consuetudine è più forte delle costellazioni di norme. È l'Italia dove se ti serve un capannone per gli attrezzi non chiedi il permesso al Comune, dove magari per fare un favore al compaesano assumi il figlio o il genero come muratore, perché questo ragazzo deve pure fare qualcosa, ma non puoi mica metterlo in regola, altrimenti tra tasse, contributi e studi di settore fai prima chiudere la ditta e dichiarare fallimento. Sono le stesse parole che puoi ascoltare al Nord, ma qui a Mezzogiorno non ti preoccupi neppure di sussurrarle, perché in una terra con la metastasi delle mafie nel corpo questi sono davvero peccati veniali e qualcosa di più di un'abitudine diffusa. È la legge non scritta di un'economia reale e sommersa. È l'Italia che la questione sindacale dei voucher l'ha risolta a modo suo: ti faccio lavorare in pizzeria, ma alla buona, per arrotondare, senza carte e impicci vari. È l'Italia dove si lavora in casa, senza licenza, con la mamma che fa i dolci e li vende ai matrimoni, ed è un peccato che vale tra tutti i compaesani se non ci si fanno dispetti, perché se qualcuno comincia con le denunce comincia il gioco delle vendette e non si finisce più. Non conviene a nessuno. Siamo tutti colpevoli, tanto ci sarà sempre una legge, un regolamento su un milione di regole che non è possibile rispettare. È qui l'ipocrisia che abbiamo costruito: una ragnatela di norme che pretendono di regolamentare ogni cosa e una realtà che sfugge, che cambia, che tenta di sopravvivere. Di Maio ora si trova in bilico tra questi due mondi, con il paradosso di dover fare i conti con un amaro dato di fatto: il Sud senza il nero non sopravvive.

Se si guardano numeri, statistiche, analisi economiche, se si fanno i conti in bianco, il Mezzogiorno è clinicamente morto, forse da sempre.

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