È vero, è il momento dei telefilm. I critici televisivi li esaltano, quelli cinematografici pure, gli attori famosi si mettono a recitare nelle serie tv, i grandi registi fanno a gara a produrle, gli sceneggiatori più cool a scriverle. Ci hanno detto di tutto: che sono i nuovi capolavori, che lì c’è la creatività vera, il talento, la fotografia, le riprese, il ritmo, la capacità di tenere lo spettatore incollato al video (e non un paio d’ore e via, ma settimane, mesi, anni). Ora i telefilm sono riusciti a ribaltare anche le teorie pseudosociologiche sul piccolo schermo: non inaridiscono le relazioni, anzi aiutano a migliorare i rapporti, fra le mura di casa, sotto le lenzuola, con gli amici, in ufficio e anche con se stessi (per i single). Basta, per dire, un weekend tappati in casa a guardarsi il cofanetto di Mad Men per riscoprire l’intimità di coppia, e ricominciare la settimana rilassati e rigenerati come dopo due giorni in un hotel con la spa, la jacuzzi e il massaggiatore. Il tutto senza muoversi dal divano. Judith Woods, sul Telegraph, non ha esitato a dichiarare: un weekend con mio marito e Don Draper ha salvato il mio matrimonio. Woods assicura che non ci sia «niente - niente, vi giuro» di meglio per rinsaldare il legame con la propria metà, che condividere ore e ore di Brothers and Sisters, West Wing o i Soprano. Perché ispirati dall’arte che scorre sul video, proviamo sentimenti ancora più intensi per l’altro, o l’altra, che ci stanno accanto su quel divano da cui ci godiamo la visione. Perché il telefilm, e più ancora il cofanetto con la serie intera è ormai l’indispensabile: simbolo del gusto, delle inclinazioni, dell’essere up to date, cioè sempre attenti a ciò che succede, e non si dica che in tivù non succede niente, perché in quelle storie accade tutto. E non si può non sapere. Il telefilm è l’indispensabile perché ti risolve la cena o l’aperitivo: fa da sottofondo, è l’argomento di conversazione ideale per i momenti di imbarazzo, di silenzio, di noia, di leggerezza. È uno strumento sociale e insieme un mezzo: come non seguire, per esempio, Boardwalk Empire? Per poi sentirsi emarginati fra i colleghi, al momento della pausa caffè? È una questione di moda, ma anche di dna. Siamo programmati per appassionarci alle serie, più lunghe sono, meglio è: una volta erano le casalinghe con le soap opera, oggi è la classe media che si scopre dipendente dall’intreccio senza fine.
Il problema, se proprio si vuole trovare un difetto alla cura-telefilm, è proprio quello: la maratona-da-cofanetto crea dipendenza. È difficile aspettare sei mesi, o un anno, per la nuova serie. È dura (certo, nei limiti: non bisogna vergognarsi, ma neanche esagerare a passare per superficiali) stare senza il dottor Shepherd o Meredith Gray, non girare per Manhattan in tacchi a spillo con Carrie e le sue amiche, non affannarsi nella West Wing della Casa Bianca. È così per tutti, se è vero (come ricorda il Telegraph) che perfino David Cameron, quando ha ricevuto gli Obama, ha voluto mettere in bella vista i suoi cofanetti di 24 e Band of Brothers: non trovandoci nulla di male, lui che ha studiato a Eton, a esibire i suoi gusti di uomo normale.
Che sarà banale, e magari non salva i matrimoni, ma funziona. Piacevolmente, oltretutto.
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