Non c'è più grande malinconia che quella di vedere la giustizia con il volto dell'agonismo sportivo. Il magistrato Luca Tescaroli festeggia la vittoria contro due mostri, Salvatore Buzzi e Massimo Carminati, condannati a un numero spropositato di anni, con la aggravante mafiosa. La procura è soddisfatta: Mafia capitale non è teorema ma realtà. E, invece di dolersene, i magistrati se ne compiacciono: «A Roma c'è stata una mafia autoctona, originale e originaria», anche se «non paragonabile a Cosa nostra».
Gli affari di due spostati, liberamente frequentati e rispettati dalla pubblica amministrazione, non è corruzione semplice ma è frutto di «un condizionamento di tipo mafioso». Tutti contenti. Almeno temporaneamente, come precisa il procuratore Pignatone. Che però in Cassazione non troverà più un Carnevale, sputtanato come «ammazzasentenze» perché indisponibile a vedere la mafia dove non c'è. Io, per esempio, la vedo nell'abbattimento inaccettabile dei villini liberty a Roma, con la complicità di Comune e sovrintendenza, nell'indifferenza dei pm da me e da Italia Nostra informati, nella persona di Pignatone e dei suoi sostituti.
Alla disperata ricerca di Mafia capitale, quando l'hanno vista non se ne
sono accorti, e nonostante la denuncia hanno lasciato abbattere il villino Naselli del 1930. Oggi sono soddisfatti: hanno riconosciuto mafiosi Buzzi e Carminati, due che si erano preparati al cinema, vedendo «Il Padrino».
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