Se le toghe tornano sul ring della politica

Sia sul caso Diciotti sia nella vicenda dei Renzi i magistrati giocano un ruolo politico: come sempre

Se le toghe tornano sul ring della politica

D avanti l'aula di Montecitorio, il giorno dopo che la giustizia è tornata ad interferire nei giochi della politica, Luca Paolini, il più garantista tra i leghisti, scuote il capo mentre pensa al rischio scampato da Matteo Salvini di andare sotto processo, prima che i grillini decidessero di salvarlo con la sceneggiata della consultazione della base via piattaforma Rousseau: «Lo dico da una vita che i magistrati condizionano la politica. Vedrete che fra un po' uscirà di nuovo qualcosa su Matteo. In fondo, tra Magistratura democratica che guarda al Pd e Davigo e i suoi seguaci che si rivolgono ai 5 stelle, noi leghisti siamo gli unici esposti. In Italia la giustizia uccide». Qualche passo più in là, l'azzurro Enrico Costa, viceministro della Giustizia nel governo Renzi, parla dell'altro caso che tiene banco, cioè l'arresto dei genitori del suo ex premier, appunto il Matteo di sinistra: «La magistratura? È tutta politica». Uno può dire ciò che vuole ma a 25 anni da Tangentopoli, dopo che Pm e tribunali hanno cadenzato l'epopea berlusconiana, anche nei giorni del «governo del cambiamento» le cose non sono cambiate. Anzi. L'operato della magistratura ha assunto il ruolo della Tyche per gli antichi greci, o del Fato per i latini: determina il successo o l'insuccesso dei leader e condiziona pesantemente il quadro politico.

Solo che mentre la Tyche è «insondabile», qualche volta le iniziative di alcuni magistrati si prestano a letture politiche. È stato un paradosso ad esempio che la procura di Catania abbia archiviato le accuse contro Salvini per aver sequestrato gli immigrati sulla «Diciotti», mentre il tribunale abbia chiesto l'autorizzazione a procedere al Senato contro il leader della Lega dando via a tutto questo «can can». «Sarà una coincidenza teorizza Paolini ma i componenti del Tribunale dei ministri in questione aderiscono tutti a Magistratura democratica, la corrente di sinistra della magistratura». Cambi argomento, parli della vicenda dei genitori di Renzi, e mentre Ignazio La Russa, cosa che non ti aspetti, spezza una lancia in favore dell'ex segretario del Pd («è una vergogna») un altro parlamentare della Meloni, Achille Totaro, un vero «post-fascista», ti offre questa chiave di lettura: «Tra quelli che hanno chiesto l'arresto dei genitori di Renzi c'è una magistrata vicina alla sinistra più estrema, quella che ha sempre visto come il fumo negli occhi Renzi e lo considera un nemico». E che ci sia una «ratio» in questa affermazione, in fondo, lo ammette tra le righe lo stesso Renzi: «Se io non avessi fatto politica i miei oggi sarebbero tranquillamente in pensione». Magari l'ex premier potrebbe dire molto di più, ma come dice la fedelissima Maria Elena Boschi, «io ho un'altra cultura ma nel Pd la magistratura è uno dei miti rimasti». Per cui certe letture si fanno sottovoce. Così bisogna accontentarsi delle parole del viceministro alla Giustizia del governo Renzi, appunto Costa: «Sono tutti segnali politici».

Segnali di cui bisogna analizzare le ripercussioni. E ci si accorge che quando si ha che fare con la Tyche, non è detto che una vicenda giudiziaria determini la conseguenza più scontata. In passato spesso la «persecuzione» giudiziaria di cui è stato oggetto, ha fatto crescere il consenso del Cav nel Paese. La stessa cosa si può dire oggi per Salvini: «Quando è uscita la notizia della richiesta di autorizzazione conferma la maga Alessandra Ghisleri in un giorno la Lega è aumentata nei sondaggi di un punto e mezzo». E a ben vedere l'iniziativa contro il vicepremier leghista ha arrecato più danni ai grillini che non a lui.

Basta fare un'analisi veloce delle ripercussioni degli ultimi fatti per averne la conferma. Primo: dopo il No al processo a Salvini, i grillini sono «spaccati», quindi faranno di tutto, ma proprio di tutto, per evitare le elezioni anticipate se non vogliono rischiare di dimezzare la loro presenza in Parlamento. Secondo: se il vicepremier leghista si irrigidirà su temi come la Tav o l'autonomia determinerà una divisione insanabile tra i suoi alleati, mandando in crisi la leadership di Di Maio che si è esposto per difenderlo sulla Diciotti. In sintesi: Salvini ha in mano il destino dei 5 stelle. Altro discorso, invece, riguarda l'arresto dei genitori di Matteo Renzi: è evidente che in questa fase indebolisce l'anima del Pd che non vuole avere a che fare con i grillini e favorisce chi è meno chiaro sul tema, vedi Zingaretti. Solo che in una «sceneggiatura» congressuale già scritta, la figura della «vittima» è una variabile che potrebbe determinare un effetto emotivo di diverso segno.

A parte questo, ciò che stupisce è che qualcuno ancora si rifiuti di vedere come le iniziative della magistratura producano un'interferenza decisiva nel gioco politico.

Anche i grillini, che dovrebbero essere del tutto estranei da analisi di questo tipo, lo ammettono. Sono convinti che aver «salvato» Salvini dal rischio di finire sul banco degli imputati, garantisca almeno un anno di vita all'alleanza «gialloverde». «Prima forse osserva Stefano Patuanelli, capo dei senatori 5 stelle ma ora non credo proprio che le elezioni politiche siano all'ordine del giorno. Fra un anno, invece, potrebbero essere probabili». Di certo, il «no» al processo al leader della Lega, è considerato dall'anima «governativa» del grillismo un elemento di stabilizzazione. «Conoscendo Di Maio e Casaleggio confida Francesco Silvestri, vicecapogruppo dei deputati grillini non credo che abbiano salvato Salvini senza avere le garanzie che non si andrà ad elezioni politiche nel medio periodo. Sarebbero dei folli».

Niente elezioni, quindi, solo che il «No» al processo a Salvini ha dato il via alla rivolta dei duri e puri. Lo stesso Beppe Grillo ieri è stato contestato a Roma. Per le senatrici del movimento Nugnes e Fattori «sono stati venduti i principi fondamentali del movimento». Una reazione, però, che ha rimesso in moto anche l'anima grillina che ama la stabilità, che non vuole tornare a casa anzitempo. Per cui c'è chi, di fronte all'ipotesi di una rottura, ha cominciato a cercare un'altra casa, a fare il «responsabile». Come l'olimpionico a 5 stelle, Felice Mariani, che ha cominciato a sondare diversi interlocutori per accasarsi, con un ragionamento semplice semplice: «Quelli di Fico vogliono rompere con il governo, mentre io voglio fare di tutto per andare avanti nella legislatura». Così si aprono altre prospettive. «È chiaro spiega l'azzurro Giorgio Mulè che l'ipotesi elettorale perde quota e cresce quella di una spaccatura dei 5 stelle. Quindi, torna in ballo l'idea di una maggioranza che metta insieme Lega, Fratelli d'Italia, una parte di 5 stelle e magari qualche nostro fuoriuscito. Sono le voglie di egemonia di Salvini.

Ma se noi siamo uniti e manteniamo una percentuale oltre il 10% nel Paese, il tentativo di emarginarci fallirebbe». Un'altra delle tante congetture, delle tante variabili politiche, che, com'è nella tradizione di questo Paese, sono state determinate da una Tyche giudiziaria.

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