La sfida delle ex coppie: ti mollo e poi ti risposo

Dopo lo scandalo con la cameriera, Schwarzenegger e la Shriver ci "riprovano" con l’aiuto del terapista. E non sono certo gli unici, per amore o per ripiego

La sfida delle ex coppie: ti mollo e poi ti risposo

Arnold Schwarzenegger entra in terapia di cop­pia con Maria Shriver. Pare che l’ex governato­re della Califor­nia abbia iniziato una consulen­za matrimoniale per riconciliarsi con Maria do­po la separazione dell’anno scorso, quando è emersa l’esistenza di un figlio di 14 anni che Ar­nold ha avuto con la colf. «Arnold e Maria stan­no seguendo un consulente matrimoniale per lavorare sui loro problemi e tornare insieme», ha detto un amico della coppia al «New York post». «Maria è cattolica e non crede nel divor­zio, ma patisce ancora l’umiliazione che ha su­bito ». L’attore ed ex politico di 64 anni è stato sposato con la Shriver per 25 anni e pare che Ar­nold voglia riconquistarla, soprattutto perché «si rende conto di non poter vivere senza di lei». Inoltre, davanti al mondo, rappacificarsi con la moglie «dimostrerebbe di essere stato perdonato». Sono già stati avvistati in giro insie­me e Arnold portava al dito la fede nuziale.

Il problema è il perdono. L’idea di ricominciare ha sempre un suo fascino: si lascia alle spalle il passato, senza abbandonarlo all’oblio, e lo si recupera con una nuova progettualità, eventualmente anche con un bagaglio di esperienze che ci ha reso più maturi. Dunque, in teoria, un comportamento positivo. Ma in pratica? Si può ricominciare nel lavoro, e la prospettiva non appare di difficoltà insormontabile, si può ricominciare cambiando città, casa, amicizie, oppure, con uno sguardo al proprio corpo, si ricomincia a dargli un po’ di slancio con una dieta e magari qualche semplice ritocco estetico. Insomma, qualche sacrificio e adattamento per affrontare le novità che ci aspettano, comunque in un orizzonte non fosco. Ma in amore? Quando si viene feriti per la mancanza di rispetto dell’altro o dell’altra? Quando c’è il tradimento o perfino un figlio che salta fuori di punto in bianco, del tutto sconosciuto a uno della coppia?
In questi casi, ricominciare non presenta le stesse difficoltà del cambiare lavoro o città: il problema è, appunto, sapere perdonare. Un gesto, una disposizione mentale difficilissimi da realizzare. Perfino Gesù, con il perdono, è stato colto da umana esitazione, immaginiamoci noi mortali peccatori.
Perdonare è difficile, perché il vero perdono è possibile se non c’è sacrificio, se chi perdona si sente di compiere questo atto libero nella propria intenzione, non costretto dalle circostanze. Perdonare senza sacrificio permette di soffocare sul nascere il rancore, che è un tarlo cocciuto, che non molla la presa se incomincia a scavare nella nostra anima, dove trova un ambiente feritile nella sua azione di erosione. Fertile perché l’anima è ferita per il torto, l’umiliazione, e quanto più si è sinceri con se stessi, tanto più non si deve nascondere la ferita e il dolore subiti. L’atteggiamento di superiorità di fronte al male esprime debolezza, non forza, e, prima o poi, affiora come rancore.
Uomini e donne sono figli della loro storia e del loro tempo, ed è indubbio che i modelli di comportamento interpersonale, tra coppie, nella società statunitense sono più superficiali, se si vuole, più semplici dei nostri. Si pensi solo alla disinvoltura degli americani nello sposarsi, nel divorziare, nel figliare a destra e a sinistra, quasi fosse la cosa più naturale di questo mondo. Quindi può essere nell’ordine delle cose anche rimettersi insieme nonostante situazioni apparentemente insanabili.
Allora, con questa cultura, si potrà forse perdonare senza troppi problemi, senza preoccuparsi di essere liberi dal sacrificio, senza la questione del rancore. Può darsi: vorrei poi vedere cosa salta fuori da questo rimettersi insieme senza scrupoli esistenziali, vorrei capire su quali basi si pensa di ricominciare, se non si risolve il modo di affrontare il perdono e come allontanare il rancore. Se non si mette ordine a questi problemi emotivi, per ben che vada la coppia che si rimette insieme dopo torti e umiliazioni finisce per riscaldare una minestra già cucinata. E, generalmente, la minestra riscaldata è disgustosa.
Meglio desistere, meglio un taglio netto con cui si riconosce un errore impossibile da correggere. Oppure interviene il potere dell’opportunità, della convenienza. Si possono immaginare circostanze sociali, politiche, economiche che suggeriscono alla coppia che si era scoppiata di ritrovare un punto d’accordo per il proprio vantaggio. L’interesse fa sempre fare una brutta figura agli ideali: è un dato di fatto, statisticamente provato, che i matrimoni d’interesse sono i più solidi, il che rispecchia una vecchia saggezza, almeno quella di mia nonna che ricordo non si stancava mai di ripetere che il matrimonio è una cosa troppo seria per lasciarlo decidere all’amore: l’amore passa, gli interessi restano.


Ma, indipendentemente dal cinismo di mia nonna, credo che ci sia un interesse molto particolare e significativo: quello di decidere, nonostante tutti i tradimenti e le umiliazioni patite, di rimanere insieme per il bene dei figli, una scelta che, mettendo da parte gli egoismi personali e le proprie debolezze, cerca di sfidare i rancori e la difficoltà del perdono. Qualche volta questa decisione ha il successo che merita.

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