Si chiama Alessandro Ristori e nel mondo lo annunciano con lo slogan «No Ristori no party». Più che una vita da sogno, la sua è una vita da sognatori perché lui scorrazza cantando per il mondo in posti che sono da favola con gente da favola (o da gossip, spesso è lo stesso). «Sono un portatore sano di Novecento», spiega da Monaco poco prima di esibirsi con la sua band The Portofinos al compleanno di un collezionista d'auto tedesco: «Mi ha appena fatto vedere il suo garage, mai visto tante auto d'epoca in vita mia». Il suo è lo spettacolo di «un italiano nel mondo in versione Las Vegas», ossia canta, anzi interpreta a modo proprio super classici del rock'n'roll e della dance con un istinto da performer come raramente si vede. «Dai 16 ai 25 anni ho vissuto praticamente soltanto per il primo rock'n'roll, da Bill Haley a Little Richard, il primo Celentano, il Gaber degli esordi. Poi ho aggiunto Dean Martin, Modugno, la Napoli d'autore e ho costruito uno spettacolo con un filo conduttore». Il bello è che questo spettacolo va in scena davanti a platee vip come a marzo al «Ballo della rosa» a Montecarlo, l'evento legato all'asta benefica che raccoglie fondi per l'Associazione Principessa Grace. Niente male per un quarantenne nato a Faenza che alla passione per il teatro ha subito sostituito quella per la musica. Reinventando un mestiere. Alessandro Ristori suona agli eventi, non è un lavoro inedito. Ma è inedita la sua passione. Si esibisce con lo spirito di un «entertainer» di quell'epoca gioiosa e creativa a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta. «Mi muovo molto sul palco, i miei riferimenti sono Celentano ed Elvis», spiega. Nel 2015 ha iniziato la prima di tre «stagioni» all'Hotel de Paris di Montecarlo e lì lo ha notato Briatore che gli ha offerto di collaborare con lui. «Dal 2018 principalmente viaggio tra Forte dei Marmi, Montecarlo, Londra, la Sardegna e Dubai» seguendo insomma la rotta delle feste più importanti del mondo: «Viaggio così freneticamente che chi mi segue sui social non crede che un giorno possa cantare a Londra e quello dopo a New York». Il primo giugno sarà lo «special guest» del matrimonio a Monaco di Charlotte Casiraghi e Dimitri Rassam. «Credo sia nel loro Palazzo, ma c'è il massimo del riserbo. Al Ballo della rosa, il principe Alberto mi ha detto: Finalmente mi sono divertito con la musica a una festa. Forse lì è nato l'invito a esibirmi alle nozze di Charlotte». In questo continuo prendere aerei, Ristori è atterrato in club esclusivi come l'Annabel's di Mayfair a Londra dove a dicembre ha cantato Da ya think I'm sexy di Rod Stewart e Rod Stewart è sbucato da un tavolo dicendo con un sorriso «sei troppo sexy per me». A maggio dell'anno scorso ha cantato per il compleanno di Valentino a Portofino. A New York è stato l'attrazione principale del party per il lancio della Formula E con Liv Tyler e Uma Thurman. «La mia band è tradizionale: basso, batteria, chitarra e un organo, proprio come si faceva mezzo secolo fa». Se gli chiedi qualche pettegolezzo su queste feste, risponde da professionista: «Non vedo niente, non ricordo niente». E se gli chiedi quanto guadagna è altrettanto riservato: «Rispetto alla maggior parte delle persone davanti alle quali ci esibiamo, sono un povero. Ma a me piace cenare fuori e posso permettermelo. Mi piacciono i vestiti e me li posso comprare, quindi sto benissimo così». In autunno uscirà un disco di Alessandro Ristori and The Portofinos: «Vorrei intitolarlo 1979 e reinterpretare canzoni molto sottovalutate che invece sono dei classici. Ad esempio Come vorrei amore mio dei Ricchi e Poveri oppure Che sarà o anche Sono un pirata, sono un signore di Julio Iglesias. Sono considerati brani di serie B ma, se li studiamo bene, hanno un certo valore e, attualizzando i suoni, potrebbero funzionare anche oggi».
E, nonostante il suo non sia un nome (ancora) popolare, il pubblico apprezza: «A maggio faremo 28 concerti su 31 giorni, diciamo che in questo periodo le cose vanno molto bene». Ogni sera una festa. Poi un volo e un'altra festa. «Ma, in fondo, il mio è il mestiere di chi fa musica per gli altri, non è così importante chi ti ascolta ma che gli piaccia». Ecco.
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