Un marziano in Italia. Che altro può essere Cristiano Ronaldo nel nostro calcio? Un mondo che naviga alla deriva, zatteranti indebitati ai massimi, Federazione e Lega senza presidenti, Nazionale fuori dal mondiale. E, improvviso, imprevisto sbarca il migliore di tutti, CR7, un acronimo che nasconde una banca di affari, un campione, un (...)
(...) fuoriclasse, un calciatore che non vale soltanto centocinque milioni ma li sa moltiplicare per dieci, tra sponsor, marketing, ingaggi di amichevoli, diritti televisivi. Ovviamente alla cifra di acquisto vanno aggiunti, in lordo, il salario per quattro anni e le commissioni, per una cifra che sfiora i 400 milioni di euro, in quattro anni. Con ogni probabilità ci sarà un aumento di capitale, un rifinanziamento per affrontare le esigenze di bilancio. La pianificazione delle possibili nuove entrate ha sollecitato la proprietà bianconera a quello che può essere considerato, nel calcio, il più grande colpo di sempre.
Cristiano Ronaldo è la figura più seguita al mondo dai social. Basti un esempio: Donald Trump ha 83 milioni di followers, la Juventus è ferma a 50 ma Cristiano ne conta 313 milioni, su questo il club intende costruire il futuro prossimo della sua strategia imprenditoriale, dei suoi ricavi commerciali che sono ancora lontani dagli altri grandi club europei (120 milioni contro i 350 di Real Madrid e Manchester United).
La Juventus spiazza anche se stessa, la propria storia sabauda, di grandi risultati ma realizzati con le mezze luci, investimenti mirati, anche corposi, illustri, da Sivori a Platini, da Baggio a Buffon a Zidane, infine a Higuain, mai, però, di tale portata mondiale. L'avvento alla presidenza di Andrea Agnelli e il lavoro silenzioso, del suo staff, Marotta, Paratici e Nedved i suoi consiglieri di ruolo e di azione, hanno cambiato radicalmente le abitudini del club, sprofondato dodici anni fa in serie B per la vicenda di calciopoli e risorto sul campo e nei bilanci, raggiungendo fatturati importanti, risalendo in Italia e in Europa, conquistando sette titoli consecutivi, sfiorando due volte la Champions League, quasi un'ossessione che Cristiano Ronaldo potrebbe e dovrebbe trasformare in realtà. Andrea Agnelli questo sogna, questo vuole. Cristiano Ronaldo ha trentatré anni, un fisico poderoso, mai graffiato da guai muscolari e traumatici, la sua professionalità è assoluta. A trentadue anni Andrea Pirlo passò dal Milan alla Juventus, venne dato per finito e sfinito, la cronaca, nei quattro anni successivi, smentì gli ignoranti. Cristiano è un valore aggiunto della nostra serie A, di una immagine grigia, anche miserabile, figlia delle disavventure azzurre, della crisi delle istituzioni e della deriva finanziaria di molti club, anche gloriosi. Può essere la grande occasione per svoltare, per capire che l'investimento non può essere fine a se stesso, che il mercato calcistico non può e non deve essere soltanto una fiera delle illusioni, delle furbate bottegaie, dei prestiti fasulli ma ha il dovere di andare e di guardare oltre, costruendo stadi e non impianti anonimi, strutture vive, gettando le basi per una rinascita che parte dal campo e raggiunga la società delle imprese. Cristiano Ronaldo poteva essere juventino nell'estate del duemila e tre per 8 milioni e mezzo ma il rifiuto del cileno Marcelo Salas di trasferirsi allo Sporting di Lisbona fece saltare l'affare e il portoghese passò al Manchester United.
Ronaldo è diventato juventino, quindici anni dopo, la sera del tre aprile scorso, a Torino, quando ha disegnato nell'aria quella rovesciata spettacolare che ha battuto Buffon ma ha scaldato il cuore di chi ama il calcio, dei tifosi bianconeri che lo hanno applaudito, di Andrea Agnelli che ha capito che era arrivato il momento di osare, di giocare la carta più pesante. Era capitato a Gianni Agnelli quando vide Michel Platini scherzare Marco Tardelli nella sfida parigina tra Francia e Italia.
Un jet privato, il giorno dopo quella partita, portò a Torino il francese. Un aereo privato ha portato Cristiano Ronaldo a realizzare il sogno di Agnelli e del popolo bianconero. La storia continua. Ma stavolta è un'altra storia.Tony Damascelli
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