Ci sono storie che non lasciano traccia. Angelino Alfano finalmente ha messo la parola fine alla sua transumanza. Non è più l'uomo del Nuovo Centrodestra, ma ha trovato casa, e forse un posto al Senato, nel sottoscala di Renzi. È ufficialmente un vassallo del Pd, acquartierato a sinistra. Si trasferisce quasi da solo, senza un vero partito e con i suoi uomini spaesati, chiudendo così la stagione del suo trasformismo. L'occasione sono le elezioni siciliane, con l'appoggio al candidato e rettore renziano Fabrizio Micari. In cambio, oltre a vaghe promesse sul futuro politico, piazza l'europarlamentare Giovanni La Via come numero due in cordata. È un tandem che lo stesso Alfano battezza con uno slogan senza quid: «MicariLaVia giusta...».
Tutto questo avviene nel giorno in cui i sondaggi di Pagnoncelli raccontano uno scenario politico nazionale dove lo strappo di Alfano è ininfluente. È un residuo del passato. La corsa verso le elezioni del 2018 è a tre, con il Pd e i Cinque Stelle allineati al 26 e mezzo per cento e il centrodestra, compatto, a quota 35. Numero interessante, perché in genere i sondaggi sottostimano gli elettori non di sinistra. È qui che si gioca la vera partita. Se si va alle elezioni con la legge elettorale disegnata dalla Corte Costituzionale, ipotesi a questo punto probabile, la scommessa di Berlusconi, Salvini e Meloni è puntare al premio di maggioranza, quello che scatta al 40 per cento, quello che permette di governare.
Per farlo devono presentarsi come un solo partito. Non è scontato, ma è quello che chiedono gli elettori. Un italiano su tre è ancora indeciso o pensa di astenersi. È lì che va cercato quel 5 per cento che manca. Come? Il nodo è qui. I sondaggi rivelano che una politica moderata premia più di improvvisazioni avventuriere. Non solo.
Berlusconi è ancora percepito come un leader, più di Salvini, nonostante l'ex premier si muova da tempo come regista e non da attaccante. È il segno che chi aveva scommesso troppo in fretta sulla sua fine si è ritrovato spiazzato. È la storia di Alfano, che cercava il centro e si è ritrovato alla periferia del renzismo.
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