Cronache

Sulla morte di Bergamini spunta un’altra verità: prima evirato e poi ucciso

I dubbi 22 anni dopo. Si riapre l’inchiesta sul calciatore. Il pm: "Falso, non l’hanno ucciso così". Ora c’è la pista del delitto passionale

Sulla morte di Bergamini  spunta un’altra verità:  prima evirato e poi ucciso

Cosenza - Le botte, i calci, l'orribile mutilazione sul corpo di Denis Bergamini erano lì, riportati nero su bianco, in una perizia medico-legale datata 4 gennaio 1990. Eppure, per ventidue anni, i risultati di quelle perizie effettuate dal professore Francesco Maria Avato sono rimasti vergognosamente rinchiusi in un cassetto. Il calciatore del Cosenza, morto in circostanze misteriose nel novembre del 1989, fu evirato e il suo pube fracassato con violenza feroce.

La notizia arriva dagli esami del professore Avato che, ieri, il «Quotidiano della Calabria» ha riportato alla luce. Si parla di «eviscerazione e disabitazione di tutti gli organi situati nel piccolo bacino», di «lacerazione pressoché totale dell'iliaca comune destra», di «lacerazione vescicale, fratture multiple del bacino, in particolare del pube; rinvenimento dei testicoli estrusi dallo scroto».

Sono termini tecnici che Raccontano di un giovane corpo martoriato, calci violentissimi al pube e un taglio violento al basso ventre. Com'è possibile che una relazione così precisa sia stata ignorata per così tanto tempo? Questa è solo l'ultima delle fittissime ombre calate, fin da subito, sulla morte di Donato Bergamini, c’entrocampista del Cosenza ufficialmente suicida sotto un camion.

Due processi hanno sentenziato che, la notte del 18 novembre 1989, il calciatore del Cosenza, all’epoca ventisettenne, si sarebbe buttato sotto un camion che lo trascinò per 64 metri, sulla statale 106 all'altezza di Roseto Capo Spulico. Una scena descritta all'unisono dalla fidanzata di Bergamini, Isabella Internò, che era con lui in macchina, e dall’investitore «incolpevole» Raffaele Pisano. Ma secondo il il procuratore della Repubblica di Castrovillari, Franco Giacomantonio che ha riaperto le indagini la notizia è falsa: «L’ipotesi dell’evirazione come atto di soppressione volontaria - aggiunge il procuratore - è assolutamente indimostrabile. Le ferite riscontrate sul corpo di Bergamini sono più verosimilmente riconducibili all’effetto dello schiacciamento subito dall’addome e dovuto al peso dell’autoarticolato che lo ha investito».
Eppure, sul corpo di Bergamini i medici non trovarono neppure una frattura, l'orologio e la catenina che indossava erano intatti, le scarpe pulite. Per i suoi familiari, quel ragazzone biondo, di soli 27 anni, con una folgorante carriera calcistica davanti, non poteva essersi ucciso. Negli ultimi tempi, era nervoso, impaurito, riceveva strane telefonate ed attorno a lui erano stati notati misteriosi personaggi.

Poi, gli appelli e l'appassionata insistenza della famiglia di Bergamini, che non ha mai creduto alla testimonianza di Isabella Internò, hanno trovato ascolto e, nel giugno 2011, il caso è stato riaperto dalla Procura di Castrovillari. Dieci mesi di lavoro intenso, di perizie e interrogatori che hanno completamente «ridisegnato» la morte del calciatore. Per gli esperti della scientifica dei carabinieri di Messina il calciatore era già morto quando venne travolto dal camion. Il corpo, quindi, venne appositamente sistemato sulla 106 prima di finire tra le ruote del camion. Una conclusione, peraltro, confermata dalla perizia del direttore di Medicina legale dell'Asl di Torino, Roberto Testi, che ha onestamente dichiarato di «non avere scoperto la luna e che se le sue novità sono interessanti, è perché nessuno ha mai letto bene la perizia del professore Avato del 1990».

Il sospetto, ora, è che chi ha ucciso il calciatore abbia voluto ulteriormente intorbidare le acque facendo credere che la morte abbia un movente passionale. Ventitré anni di segreti, messinscene, omissioni non possono certo levare il dubbio di un altro depistaggio.

Gianni Di Marzio, ex allenatore del Cosenza ricorda, quasi con sollievo: «La versione del suicidio non l’ho mai accettata, anzi: da subito ha spinto la famiglia a chiedere l’autopsia per chiarire le cause di una morte apparsa assurda».

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