Fumata bianca

Il tè con Wojtyla e il whisky a Bergoglio: Elisabetta regina tra i papi

In 70 anni di regno, la sovrana appena scomparsa ha visto succedersi sette pontefici e ne ha incontrati cinque, da Pio XII a Francesco

Dal tè con Wojtyla al whisky per Bergoglio: Elisabetta, una regina tra i papi

Alla notizia della morte di Elisabetta II, Francesco ha inviato un telegramma per esprimere il suo cordoglio al nuovo re, Carlo III. Un "esempio di devozione al dovere", di "ferma testimonianza di fede in Gesù Cristo" e di "ferma speranza nelle sue promesse", così il pontefice argentino ha ricordato la sovrana più longeva d'Inghilterra. Nei suoi 70 anni di regno si sono succeduti sette papi: ascese al trono nel 1952, quando al soglio pontificio sedeva ancora Pio XII.

Nel 1951 l'allora principessa Elisabetta, accompagnata dal marito Filippo, venne ricevuta in udienza da Pacelli nel Palazzo Apostolico, in Vaticano. Quello, dunque, fu il primo incontro della defunta regina con un papa: ne sarebbero seguiti altri sei. Prima di allora, c'erano stati solamente quattro incontri tra membri della famiglia reale britannica e pontefici dopo lo scisma anglicano. Tra questi, anche quello tra i nonni di Elisabetta, Giorgio V e la consorte Maria, con Pio XI nel 1923 e quello tra la sorella Margaret e Pio XII nel 1949.

Il 5 maggio 1961, ormai regina, Elisabetta venne ricevuta in udienza in Vaticano da Giovanni XXIII, accompagnata dal principe consorte Filippo. Per la grande occasione, papa Roncalli si divertì a cambiare il rigido protocollo previsto e volle ricevere i due coniugi nella biblioteca privata in un clima di straordinaria familiarità che è stato descritto da un testimone diretto, don Loris Francesco Capovilla. Il segretario del 'papa buono' - fatto cardinale da Francesco - ha ricordato in un libro come Giovanni XXIII confessò alla sovrana il suo stupore per la possibilità di ricevere una discendente della regina Vittoria di cui sentiva parlare dai suoi parenti contadini in gioventù. Roncalli la congedò con una richiesta: "Maestà, so i nomi dei vostri figlioli, ma amerei risentirli da voi; sulle labbra di una mamma essi acquistano risonanza di inesprimibile dolcezza". Ed Elisabetta non si sottrasse.

Mentre non ci fu alcun incontro con Paolo VI e Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II è il pontefice che la regina appena scomparsa ha visto più volte: tre faccia a faccia, di cui due a Roma ed uno nel Regno Unito. Il più delicato fu senz'altro il secondo avvenuto a Londra nel 1982 in occasione del viaggio apostolico di Wojtyła svoltosi nel 1982. Una visita non facile perché concomitante con la guerra delle Falkland/Malvinas, scoppiata poche settimane prima e che mise in dubbio fino all'ultimo il volo papale. Il papa partì ma si sentì in dovere di scrivere una lettera ai fedeli dell'Argentina, Paese a maggioranza cattolica a differenza del Regno Unito, per spiegare le sue ragioni: "La cancellazione del viaggio - scrisse Wojtyla - sarebbe una delusione non soltanto per i cattolici ma anche per moltissimi non cattolici che lo considerano singolarmente importante anche per il suo significato ecumenico, ed effettivamente lo è. Loro sanno infatti, che la visita del Papa ha un carattere strettamente pastorale e niente affatto politico". E in effetti, ad accoglierlo all'aeroporto Gatwick non c'erano rappresentanti del governo ma soltanto il duca di Norfolk, il massimo esponente dell'aristocrazia britannica di fede cattolica.

Giovanni Paolo II parlò di "urgente necessità di riconciliazione" e fu poi ricevuto a Buckingham Palace da Elisabetta che gli offrì anche il thè. A quel viaggio, il primo di un vescovo di Roma su suolo inglese, seguì dopo poche settimane una visita "riparatoria" in Argentina. Nella cerimonia di congedo all'aeroporto di Buenos Aires, il papa polacco affermò: "Questo viaggio e quello compiuto in precedenza in Gran Bretagna mi hanno consentito di assolvere il mio dovere di Pastore della Chiesa universale, e insieme di interpellare le coscienze affinché, in momenti di scontri bellici, si ristabiliscano nelle due parti in conflitto sentimenti di pacificazione, che vanno ben al di là del silenzio delle armi".

Sulle orme del suo predecessore, anche Benedetto XVI fu protagonista di uno storico viaggio in Gran Bretagna nel 2010 che si concluse con la beatificazione del cardinale John Henry Newman, anglicano convertito al cattolicesimo, in una cerimonia nell'arcidiocesi di Birmingham. Al suo arrivo all'aeroporto di Edimburgo, essendo una visita ufficiale a differenza di quella di Wojtyla nel 1982, l'attuale papa emerito fu accolto dal principe consorte Filippo che poi lo accompagnò dalla regina nel palazzo reale di Holyroodhouse. Alla sovrana, Benedetto XVI rivolse uno storico discorso mettendo al centro la difesa dell'identità cristiana dal rischio di vedere la fede confinata in una dimensione privata: "Il Regno Unito - disse l'allora pontefice regnante - si sforza di essere una società moderna e multiculturale. In questo compito stimolante, possa mantenere sempre il rispetto per quei valori tradizionali e per quelle espressioni culturali che forme più aggressive di secolarismo non stimano più, né tollerano più. Non si lasci oscurare il fondamento cristiano che sta alla base delle sue libertà".

Elisabetta pronunciò un discorso di benvenuto affine, riconoscendo il ruolo importante della Santa Sede nelle questioni internazionali ed in particolare nel miglioramento della situazione in Irlanda del Nord. "Santità - disse la sovrana - la sua presenza qui oggi ci ricorda la nostra comune eredità cristiana e il contributo cristiano all'incoraggiamento della pace nel mondo e allo sviluppo economico e sociale dei Paesi meno prosperi del mondo", aggiungendo che "la religione è sempre stata un elemento cruciale nell'identità nazionale e nell'autocoscienza storica".

Nel 2014 l'ultimo incontro della monarca britannica con un pontefice romano: l'argentino Francesco. Elisabetta, sempre accompagnata da Filippo, si presentò in Vaticano con un ritardo di quasi mezz'ora. Il motivo? Lo spiegò lei stessa a Bergoglio: il pranzo con il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano si era prolungato. Nel tradizionale scambio di doni, curiosa la scelta dei Windsor: una bottiglia di whisky scozzese.

Oltre ai papi, la regina - che è stata in quanto tale anche capo della Chiesa anglicana - ha dimostrato grande attenzione per il cattolicesimo, così come testimoniato dalle manifestazioni di stima per alcuni dei prelati più importanti della storia recente della Chiesa cattolica britannica. Ad esempio, Elisabetta chiamava "my cardinal" l'arcivescovo cattolico di Westminster, morto nel 1999, Basil Hume. Due settimane prima di morire, ormai gravemente malato di cancro, il cardinal Hume diede una grande prova di riconoscenza verso la regina, lasciando il letto d'ospedale per recarsi da lei a Palazzo e ricevere l'Ordine al merito. Nel 2010, Elisabetta offrì al suo successore, il cardinale Cormac Murphy-O'Connor, di entrare nella Camera dei Lord ma quest'ultimo rifiutò.

Come cambieranno i rapporti con la Santa Sede con l'ascesa al trono di Carlo III? Tra i titoli ereditati ci sarà quello di Fidei Defensor. Nel 1994, l'allora principe aveva dichiarato che una volta divenuto re gli sarebbe piaciuto essere considerato "difensore di fede" anziché "difensore della fede". Parole che avevano provocato polemiche nel mondo anglicano ma che preannunciano una maggiore apertura anche nei confronti del cattolicesimo. Infatti, l'Act of Settlement del 1701 escludeva i cattolici dalla linea di successione alla corona e ancora nel 1978 si verificò il caso del principe Michael di Kent - cugino della regina - che sposò una baronessa cattolica e si autoescluse dalla linea dinastica: sembra che il nobile intendesse chiedere una dispensa al papa per poter consentire alla moglie di rimanere cattolica ma crescere i figli nella Chiesa anglicana.

Una dispensa che, si dice, Paolo VI rifiutò.

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