La telecamera e le liti a bordo. Il retroscena sulla mossa pirata di Carola

La Rackete racconta nei verbali dell'interrogatorio cosa è successo quella notte. E accusa la Gdf: "Si sono messi davanti"

La telecamera e le liti a bordo. Il retroscena sulla mossa pirata di Carola

Confusione, liti e radio in stand by. A qualche settimana di distanza dalla notte dell'attracco della Sea Watch nel porto di Lampedusa, emergono i retroscena sull'interrogatorio della capitana davanti al giudice Vella 48 ore dopo lo sbarco. Nel racconto della Rackete, riportato da Repubblica, di fatto emergono chiari i contorni di quanto accaduto a bordo della nave proprio nei minuti che hanno preceduto l'attracco e lo speronamento della motovedetta della Guardia di Finanza. Di fatto, la "capitana" parla di alcune liti a bordo della nave tra i migranti e sottolinea l'atteggiamento ostile di alcuni naufraghi nei confronti dell'equipaggio. Con la radio interna alla nave, la Rackete avrebbe appreso di una rissa tra alcuni migranti. Da qui, secondo il suo racconto ai giudici, l'idea di accelerare lo sbarco dato che "la situazione a bordo era diventata insostenibile". Poi si arriva al punto focale della questione Rackete: l'attracco in porto con la manovra spericolata che ha messo a rischio l'incolumità dei finanzieri a bordo della motovedetta. La Rackete afferma di aver contattato le autorità ribadendo la sua volontà di entrare in porto: "Ho deciso di entrare in porto alle 23, perché non c' era più alcuna opzione rimasta. Dopo tre tentativi mi ha risposto un canale radio, "Lampedusa Traffic", quindi ho cercato di comunicare la mia intenzione, ma non parlavano inglese. Allora ho spiegato all' equipaggio che le manovre dovevano essere fatte molto lentamente, perché eravamo stanchi ed era la prima volta che attraccavo a Lampedusa". La risposta che arriva è il divieto assoluto di attracco in porto come previsto dal provvedimento notificato alla Rackete. Le risposte che arrivano sono fin troppo chiare: "Dicevano: "Non hai il permesso, non sei autorizzata". Mi sono resa conto che non potevo navigare e parlare con loro. Come quando guidi la macchina, non dovresti usare il telefono. Ho detto per l'ultima volta che stavo andando al molo, che non potevo utilizzare la radio e che dovevano rimanere in stand-by".

A questo punto entra in azione la motovedetta della fiamme gialle. I finanzieri fanno di tutto per evitare l'attracco della Sea Watch. A bordo della motovedetta tentano una manovra posizionandosi sulla traiettoria della nave a pochi metri dal molo del porto di Lampedusa. Qui la Rackete spiega il motivo di quella manovra così spericolata che ha portato poi allo speronamento della motovedetta. La Rackete parla di una videocamera in plancia di comando gusta. Proprio la videocamera che a suo dire le avrebbe permesso una visuale completa. "Si sono messi davanti a me, io stavo procedendo a velocità molto bassa. Poi ho girato e loro sono andati al molo. Dal ponte non puoi vedere cosa succede lateralmente. Di solito c' è una videocamera, però era rotta dall' inizio del viaggio. Mi sono spostata fuori dal ponte, per vedere se potevo andare indietro o in un altro posto del molo.

Ero sicura che si sarebbero spostati loro, perché sapevano che avevo bisogno di ormeggiare". Insomma la Rackete punta il dito contro la Guardia di Finanza che ha invece svolto il proprio lavoro tentando in ogni modo di far rispettare la legge ad una capitana che ha violato tutte le norme in pochi minuti.

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