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"Figlio di... sta arrivando", poi il disastro aereo più grande

La nebbia, la fretta e il mal coordinamento con i controllori di volo: la ricetta per il disastro di Tenerife del 1977

Screenshot da ricostruzione in "Indagine ad alta quota" via Mediaset Play
Screenshot da ricostruzione in "Indagine ad alta quota" via Mediaset Play

Le Isole Canarie, posizionate nell'Oceano Atlantico a poca distanza dalle coste dell'Africa e dal Sahara, sono un paradiso vulcanico che grazie al suo clima mite attira ogni anno migliaia di vacanzieri da ogni parte del mondo.

Quel 27 marzo del 1977 però il meteo sulle Canarie era ben diverso da quello che si potrebbe pensare per delle isole situate nella fascia subtropicale: fitte nebbie e piovaschi si alternavano sull'isola di Tenerife, dove il locale aeroporto, Los Rodeos, uno scalo minore rispetto al principale di Las Palmas situato a Gran Canaria, era intasato da velivoli in partenza e in arrivo.

Una bomba chiude Gran Canaria

Quella mattina infatti una bomba collocata da un'organizzazione terrorista separatista era esplosa a Las Palmas provocandone la chiusura. Il traffico aereo quindi era stato dirottato sul piccolo scalo di Tenerife, che era meno equipaggiato rispetto a quello di Gran Canaria.

Tra gli aerei dirottati c'erano anche due Boeing 747: un charter della Pan Am (il volo PA1736) con a bordo 373 turisti che dovevano raggiungere l'altro lato dell'Oceano per imbarcarsi per una crociera, e un altro charter, della KLM (il volo KL4805) con 234 passeggeri.

L'aeroporto di Los Rodeos non è grande quanto quello di Las Palmas, e pertanto quel giorno era letteralmente ingolfato di aerei per smaltire il traffico provocato dalla chiusura dello scalo di Gran Canaria. Il 747 della KLM atterrò alle 13.38, e si mise in attesa della riapertura di Las Palmas sul piccolo piazzale di Los Rodeos. Mezz'ora più tardi fu raggiunto dal Boeing della Pan Am, che così portò a undici i velivoli in attesa di decollo dal piccolo aeroporto. Un'attesa lunga, con la visibilità che andava via via peggiorando per colpa della nebbia e dei piovaschi che andavano infittendosi.

La nebbia e la fretta

Il comandante del KL4805 Jaap Van Zanten aveva fretta: temeva che quell'attesa potesse consumare troppo carburante per il salto sino ad Amsterdam, che voleva effettuare senza fare rifornimento a Gran Canaria, alla riapertura dell'aeroporto, per non perdere troppo tempo. Decise così di effettuarlo a Tenerife per evitare di perdere il suo turno di decollo. Un fattore, la fretta, da tenere presente per il corso degli eventi.

Il 747 della Pan Am, ai comandi del capitano Victor Grubbs, a causa della disposizione di parcheggio era rimasto letteralmente bloccato, ma il comandante non aveva fretta: il jumbo aveva ancora circa 38 tonnellate di carburante, più che sufficienti per il volo transoceanico.

Finalmente verso le 17 la torre di controllo dà il via libera al KLM per il rullaggio che il grande e pesante Boeing deve effettuare lungo la pista in quanto il piazzale, pieno di aerei in attesa, è troppo stretto perché possa passarci. Il KL4805 riceve quindi l'ordine dal controllore di avvicinamento di procedere al rullaggio lungo la pista in senso contrario a quello di decollo, quindi il Boeing deve percorrerla tutta per poi effettuare un'inversione di 180 gradi per mettersi nella posizione corretta.

Il PA1736 segue il KLM poco dopo, ma gli ordini che riceve non vengono dati dall'ATC (Air Traffic Controller) ma dal controllore dei movimenti a terra. Ad aumentare la confusione, entrambi gli aerei stavano usando la radiofrequenza normalmente usata dalla torre, mentre il controllo del traffico aereo utilizzava una normalmente usate dagli aerei in avvicinamento.

Mentre i due aeroplani stanno rullando, a una velocità di circa 20 chilometri all'ora, la visibilità, secondo alcuni testimoni oculari, si riduce bruscamente. Fattore che porta la torre a essere virtualmente cieca.

L'ultimo tassello del disastro

Quando il volo KLM raggiunge la fine della pista e inverte la direzione, per prepararsi al decollo, il Pan Am sta ancora rullando in senso contrario.

A Tenerife ci sono quattro bretelle di raccordo che uniscono la pista di rullaggio a quella principale e sono numerate da C1 a C4. Il controllore dei movimenti a terra aveva dato istruzioni al pilota statunitense di uscire alla C3, per liberare la pista e permettere al KLM di decollare, ma per poter usare quella bretella, il grosso Boeing avrebbe dovuto fare due curva di 148 gradi.

Grubbs riteneva che la prima curva, quella per uscire dalla pista, sarebbe stata possibile, mentre la seconda no: le ruote dell'aereo sarebbero finite nel prato e col peso sarebbero sprofondate, bloccandolo. Se invece fosse uscito alla C4, l'ultima e quella più vicina al punto di sosta pre-decollo, la curvatura più dolce avrebbe permesso un'agevole uscita. A Tenerife allora nessuna delle quattro bretelle era segnalata in modo chiaro, per cui l'unico modo che avevano i piloti di identificarle, era quello di contarle man mano che ci si passava davanti. Ma la visibilità, come detto, era scarsa. Molto scarsa. A questo punto della storia le interferenze radio, dovute alla diversa gestione del traffico, diventano fatali.

Alle 17.05 e 53 secondi il controllo di avvicinamento comunica così al KLM: “Siete autorizzati al radiofaro papa. Salire e mantenere livello nove-zero... virata a destra dopo il decollo e procedere con prua zero-quattro-zero fino a intercettare la radiale tre-due-cinque del VOR di Las Palmas”. Sono le normali istruzioni che la torre dà a ogni velivolo prima della partenza, ma il comandante Van Zanten in quell'istante aveva già iniziato la corsa di decollo spingendo a fondo le manette del 747. Alle 17.05 e 41 secondi infatti il 747 della KLM stava muovendosi a tutto motore sulla pista.

Van Zanten, appena effettuata la conversione a U, richiede l'autorizzazione al decollo e quella ATC per il volo in rotta, ma riceve solo la seconda. A questo punto il secondo ufficiale gli rammenta che non ha ricevuto il nulla osta dalla torre, e il comandante gli risponde semplicemente: “Lo so, dai domandagliela”.

Mentre il Boeing olandese effettua la manovra, quello della Pan Am ha saltato il raccordo C3, originariamente previsto per liberare la pista, e sta per raggiungere il C4. C'è un po' di confusione in cabina: Grubbs è convinto che il controllore abbia detto di usare il primo raccordo, il primo ufficiale dice che chiederà ancora ma in quel momento la torre è impegnata a seguire un altro volo, il Sunjet 282. Alle 17.06 e 20 secondi, ovvero quando il KLM ha già cominciato la sua corsa fatale, il Pan Am avvisa il controllo avvicinamento che sta ancora rullando contropista.

I secondi finali

Alle 17.06 e 40 secondi, nella cabina del clipper Pan Am, dalla nebbia vedono, con terrore, emergere la sagoma del KLM in piena velocità. “Eccolo! Guardatelo quel figlio di p... quel figlio di p... sta arrivando!”, grida il comandante. “Usciamo! Usciamo! Usciamo!”, urla il secondo. Alle 17.06 e 48 secondi l'avvisatore di cabina suona e si sente il rumore di motori in avvicinamento. Poco meno di due secondi dopo le scatole nere registrano rumori di impatto.

A bordo del Boeing olandese non si accorgono di nulla, se non pochissimi istanti prima dello scontro. Alle 17.06 e 43 secondi il secondo chiama “V uno” (la velocità di decisione, quella che, una volta raggiunta, determina se l'aereo può decollare o fermarsi entro i limiti della pista). Alle 17.06 e 47 secondi anche nella cabina del KLM si accorgono dell'imminente disastro, e il comandante Van Zanten impreca.

Lo scontro è terribile. Il 747 olandese, col muso già parzialmente sollevato, travolge quello della Pan Am colpendolo mentre sta per uscire sulla bretella C4, quindi impattando sull'ala destra e a circa metà fusoliera. Qualcuno riesce a saltar fuori dai rottami incendiati del PA1736, tra cui il pilota, il copilota e l'ingegnere di bordo: su 396 persone a bordo, ne muoiono istantaneamente 313 e altre 9 in seguito alle ferite riportate. A bordo del KL4805 invece non sopravvive nessuno: muoiono tutti e 234 passeggeri e i 14 membri dell'equipaggio.

Il peggiore disastro aereo della storia dell'aviazione civile si era appena consumato, causato dalla fretta, dalle condizioni meteo avverse, e dall'incapacità del personale dell'aeroporto di gestire una situazione di congestione come quella verificatasi quel 27 marzo 1977.

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