Terremoto, lo sfollato arrestato: "È stata dura passare la notte in cella"

Un uomo di 58 anni, Enzo Rendina, è stato arrestato perché non voleva lasciare il suo paese dopo il terremoto che ha distrutto Pescara del Tronto

Terremoto, lo sfollato arrestato: "È stata dura passare la notte in cella"

Enzo Rendina, 58 anni, è l’ultimo uomo del cratere. È rimasto solo tra le macerie di Pescara del Tronto, nell’ascolano, distrutta dal terremoto del 24 agosto. Due giorni fa lo avevano arrestato e poi rilasciato dopo una notte per interruzione di pubblico servizio e resistenza a pubblico ufficiale. Una storia che aggiunge amarezza alle terre spopolate del cratere marchigiano. Questo il suo racconto della desolazione di questi mesi.

LA SCOSSA DEL 24 AGOSTO- “Quei secondi sono stati infiniti. Quando la casa ha smesso di muoversi mi sono trovato senza un graffio. Allora ho preso gli attrezzi, pinze, tenaglie e un paletto di ferro. Era freddo, buio, c’era uno squarcio nella finestra e sono riuscito a uscire. Ho cercato di aiutare chi potevo. Due amici, una coppia di settantenni, poi c’era un’altra persona in un sottoscala, ma non ho potuto fare nulla per salvarla”.

UNA LEGNAIA COME CASA- “Volevo stare nel mio territorio, dove sono nato. Per combattere le troppe grandi speculazioni che ci sono state lì. Mi sono adattato a dormire in una legnaia con alcune coperte, sono abituato. Avevo con me acqua, pane e cibo in scatola. Provviste che potevano bastare per diverso tempo. A quel punto i soccorritori dopo la prima emergenza non ne avevano più bisogno”.

NAUFRAGO TRA LE MACERIE- “Ho trovato una veranda semicrollata al secondo piano di una palazzina, poi sono riuscito con del filo di ferro e dello scotch di carta a farmi una capanna di fortuna, poi sono arrivate una tenda da campo piccola e quindi una grande, questa sequestrata agli sciacalli che facevano razzie tra le macerie di Acquasanta Terme (nei pressi di Pescara del Tronto, ndr). Non sono andato via nemmeno dopo la scossa del 30 ottobre, che è stata davvero tremenda. Poi è arrivata la neve a invadere tutto, nel frattempo mi ero spostato a Borgo di Arquata”.

IN CARCERE- “Mi hanno arrestato per togliermi dal territorio. È stata dura passare una notte in cella, perché dopo il terremoto ho sviluppato una fobìa per gli ambienti chiusi tra mura. Anche per quello restavo a dormire all’aperto”.

LA SPECULAZIONE- “Il territorio era già devastato prima del terremoto, gli amministratori pubblici non hanno fatto niente per evitarlo.

Non c’era più lo spazio nemmeno per uno chalet, per un bar. Il terremoto ha completato una devastazione che era già cominciata”.
Rendina è stato processato per direttissima mercoledì mattina con l’ordine di non avvicinarsi più al suo paese.

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