Nella morbosa eccitazione sugli «impresentabili» nelle liste del centrodestra in Sicilia, scende un colpo di fulmine. Parla col Fatto uno dei più autorevoli esponenti della vecchia Dc, Calogero Mannino, uscito indenne (si fa per dire, perché ingiustamente arrestato) da tre processi per associazione mafiosa: «Liste sporche? Musumeci li conosce tutti». L'intervista appare fin troppo arrabbiata e non priva di stranezze. Perché, per esempio, Mannino risponde da Carini, la città della baronessa, ma non risulta abiti lì. Poi afferma sovversivo: «Musumeci è un vecchio arnese della politica, un fascista, e io coi fascisti ci facevo sempre a botte». Mannino, prima giovane dirigente dell'Azione cattolica e dal 1961 consigliere comunale a Sciacca per la Dc, si cambia i connotati: «Sono cresciuto in un ambiente di destra, mio padre era nei giovani liberali». Doveva insospettire. Infatti chi risponde non è Calogero Mannino, ma un altro. Uno scambio di persona. Il Fatto ha chiamato un altro Mannino (cognome non raro), Nino, anche lui politico, che nel '61 fu segretario provinciale della Fgci; poi, come Lillo, deputato, ma del Pci; e da ultimo, sindaco di Carini. Cosa che Calogero non fu mai.
L'intervista a Mannino diventa dunque un campo minato, la prova del pressappochismo di un giornale che non informa ma giudica a prescindere dai fatti. E che parla di impresentabili non sapendo con chi parla. Presentatevi almeno: «Piacere, Luca; piacere, Nino». E Mannino dov'è?
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