Le toghe rosse diventano pentastellate

È forse giunto il momento di intonare il de profundis per Magistratura democratica?

Le toghe rosse diventano pentastellate

È forse giunto il momento di intonare il de profundis per Magistratura democratica? Ci sarebbe un che di paradossale se la dissoluzione delle «toghe rosse» si compisse nel momento esatto in cui l'arcinemico Silvio Berlusconi è oltreoceano, a proprio agio nel ruolo privato di «patriarca», con figli e nipoti al seguito. Vedremo come andrà a finire il congresso della corrente, fissato a Bologna agli inizi di novembre, quando si discuterà la possibilità dello scioglimento in vista di una fusione totale in Area, il cartello della sinistra giudiziaria composto da Md e dai Verdi del Movimento per la giustizia. L'ipotesi di cupio dissolvi è già in ballo da qualche tempo. Se da una parte i padri nobili, legati alla storia e alla specificità culturale di Md, si oppongono, le sirene della fusione attraggono i più giovani che fanno calcoli elettorali e mirano a non essere spazzati via. Alle ultime elezioni del Csm Md, ridimensionata nel peso elettorale, ha ottenuto soltanto due dei sette eletti di Area. I tempi sono cambiati, il richiamo ideologico non fa più presa e molti giovani magistrati vedono Md come un arnese della storia fuori del tempo. La giustizia politicizzata non è più tabù per la sinistra dei casi Penati, Errani, Marino, soltanto gli ultimi in ordine di tempo a testimoniare un palese cortocircuito. Berlusconi veste i panni del nonno e non quelli del Caimano aizzatore di girotondi arcobaleno. Sulla scena c'è il Movimento grillino, del tutto estraneo però alla sensibilità politica dei grandi vecchi della corrente. Eppure la storia italiana degli ultimi cinquant'anni non può prescindere dalla parabola di Md. Le toghe sono «rosse» non per una fantasia del Cav ma per esplicita rivendicazione delle stesse. Md fa politica a viso aperto, senza infingimenti: siamo «giudici di sinistra». Sin dalle origini, i «magistrati democratici» si danno una missione rivoluzionaria: contro il blocco reazionario che unisce politici e burocrati nostalgici del fascismo, le toghe di Md intendono realizzare il «disgelo della Costituzione». Il giudice burocrate e neutrale è un modello da scongiurare, «a una magistratura radicata nella società più che nell'istituzione deve corrispondere un giudice consapevole della propria autonomia, attento alle dinamiche sociali e di esse partecipe». Deriva da qui il marxismo giudiziario tradotto in sentenza, la lotta dalla parte degli ultimi. Al fianco della sinistra politica, le toghe rosse comiziano nelle piazze, partecipano ai convegni, ascoltano gli operai nelle fabbriche. Non è un caso che molti di loro siano reclutati in Parlamento nelle file del Pci. Quando scoppia Tangentopoli, Md subisce la prima metamorfosi: i principi costituzionali sono ampiamente «scongelati», il vuoto di missione è colmato da Mani pulite. Lotta alla corruzione e antimafia sono la nuova bussola ideologica. E le cautele garantiste, agitate negli anni della lotta al terrorismo contro la «deriva sostanzialista», scompaiono: verso politici e imprenditori accusati a vario titolo di mazzette, l'ortodossia garantista non emette un fiato. Cossiga è il grande picconatore della sinistra giudiziaria. Quando il giudice istruttore di Venezia Felice Casson chiede di interrogarlo in qualità di testimone su Gladio, Cossiga è furibondo: «Quel giovane ha in mente più le fumoserie del '68 che la Costituzione e i codici», il suo è un netto rifiuto. Md lo difende strenuamente sebbene lui non sia iscritto alla corrente (oggi Casson è senatore Pd). A Giorgio Napolitano rivolge analoga richiesta la procura di Palermo dove l'allora pm Antonio Ingroia, iscritto Md, indaga sulla presunta trattativa Stato-mafia. Napolitano accetta, e si sottopone al rito smorzando con una battuta: «Pensate che abbia la memoria di Pico della Mirandola?».

Ingroia, autodefinitosi «partigiano della Costituzione» a un congresso comunista tenterà invano di diventare presidente del Consiglio. Per Md la «resistenza costituzionale» è il paravento più congeniale per condurre ogni sorta di battaglia extragiudiziaria. Dopo averla scongelata questa Costituzione tocca preservarla contro chi vorrebbe stuprarla. Così nel 2006 i togati battagliano contro la riforma costituzionale del governo Berlusconi. In questi giorni battagliano contro la riforma costituzionale del governo Renzi con tanto di formale adesione al Comitato per il No. Non manca poi il fronte straniero: il fascino maoista porta esimi esponenti in Cina ad esaltare i processi popolari, terzomondismo e pacifismo sono le parole d'ordine. Contro Berlusconi non si contano gli appelli e i girotondi, gli scioperi e i processi, quelli veri, in cui il sospetto del pregiudizio politico si tramuta in certezza. Da corrente fiancheggiatrice della politica, negli anni Md agisce come movimento politico tout court. Segnando in modo indelebile la storia del nostro Paese, che pure ha contribuito a modernizzare agli albori della sua esistenza.

Oggi, in assenza di una missione e in piena crisi d'identità, galleggia nell'impietosa routine di corrente tra le correnti, sostituendo la strategia politica con quella, più prosaica, dei posti. Il prossimo congresso potrebbe decretarne la fine, o solo l'ennesima metamorfosi.

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