Cronache

La trappola giustizialista

La trappola giustizialista

Il premier Conte dice che gli serve un po' di tempo per decidere se licenziare o no Armando Siri, il sottosegretario leghista finito nei guai per un'accusa di corruzione. In realtà Conte deve decidere altro, cioè se far cadere il suo governo o provare a farlo stare in piedi ancora un po' con qualcuno degli artifici che la politica si inventa per negare la realtà. C'è poco da «studiare le carte», come sostiene Palazzo Chigi. Le carte le studino giudici e avvocati, i politici si limitino ad aspettare le sentenze. O vale l'idea che uno è innocente fino a condanna o vale che l'avviso di garanzia è di per sé una prova di colpevolezza. Lo spartiacque non è cosa da poco, a nostro avviso è la differenza che c'è tra la civiltà e la barbarie, tra il diritto e l'arbitrio.

Cadere nella trappola moralista dei giustizialisti è pericoloso e stupido. Stupido perché loro sono i primi a non far valere la regola quando sono toccati in prima persona, come è successo di recente per le vicende giudiziarie che hanno coinvolto la sindaca Raggi, non solo indagata ma pure rinviata a giudizio. Feroci con gli avversari, indulgenti con gli amici è la regola, e le rare volte che non viene applicata - come nel caso del presidente grillino del consiglio comunale di Roma - è solo per allontanare rapidamente i sospetti da se stessi.

Se Matteo Salvini arrivasse a sacrificare Siri in nome della tenuta del governo commetterebbe un grave errore e non potrebbe più essere il leader di uno schieramento, qualsiasi esso sarà, che si candida a succedere al vecchio centrodestra. Abbiamo bisogno di qualcuno che difenda lo Stato dalla mania di protagonismo della giustizia e dal suo essere politicizzata. Se ci sono sospetti e indizi si facciano le inchieste e i processi, ma non si permetta ai magistrati di decidere chi ci deve governare con il semplice invio di un «avviso» prima che una sentenza definitiva sancisca colpe e responsabilità.

Se Di Maio applicasse a se stesso il suo moralismo dovrebbe per prima cosa disconoscere suo padre, finito nei guai con la giustizia, e la stessa cosa dovrebbe farla quell'altro fenomeno di Di Battista. Noi stiamo con Armando Siri, non perché mettiamo la mano sul fuoco sulla sua innocenza, ma perché è innocente fino a prova contraria.

Come tutti noi.

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