La vivisezione non è solo una tortura che il cinismo umano infligge agli animali. Fosse «solo» questo non sarebbe certamente giustificabile, ma potrebbe essere comprensibile, visto che che il cammino dell’uomo su questo pianeta è costantemente segnato dai rivoli di sangue che si lascia dietro. La tragedia vera è che la vivisezione è un gravissimo errore metodologico che condanna l’uomo a errare, come un cieco, alla ricerca di un segnale che gli indichi la strada perduta. Succubi della filosofia di Cartesio, per cui l’animale è una macchina da gettare quando si rompe e con le labbra ancora sulle mammelle della fisiologia di Claude Bernard (il più fanatico vivisettore ottocentesco), i vivisettori non amano le luci della ribalta, ma il silenzio dei loro laboratori in cui si celano, come documenterò in modo inoppugnabile, i loro risultati artatamente falsati, per i benefici delle ditte da cui sono pagati.
Guardando quel cartellone che presto vedremo agli incroci importanti delle nostre strade, è ovvio che si è quasi obbligati a cedere. Si tratta di un ricatto, vecchio come le caverne. «Vuoi che viva il ratto o la tua bambina?».
Risposta ovvia. Ma aspettate un momento, lasciatemi fare qualche piccolo cambiamento. Il cartellone ora mostra il topo ben pasciuto e decisamente vivo, mentre la bambina, pelle ossa e senza capelli, giace morta nel letto d’ospedale. Triste davvero. Sotto c’è la spiegazione. «Nel ratto aveva funzionato benissimo, quando siamo passati alla bambina purtroppo è morta». Sono centinaia i principi attivi che vengono ritirati in tutto il mondo in pochi anni, dopo che la sperimentazione «sul campo» (ovvero nell’uomo) ha dimostrato effetti tossici devastanti, mai riscontrati su ratti o cani. Lasciamo perdere i nomi, non basterebbero due pagine di giornale. Qualcuno penserà che sa già dove vado a parare.
Tirerò fuori la vecchia storia della Talidomide, l’ipnotico che, sperimentato sugli animali, provocò un esercito di focomelici, una volta assunto dalle donne in gravidanza. Roba vecchia? Allora vediamone qualcuna più recente. Le angiostatine di Judah Folkman che, qualche anno fa, riempirono le pagine dei periodici per mesi. Sconfiggevano brillantemente il cancro nei topi. Purtroppo non nell’uomo. E il vaccino anti Aids della nostra professoressa Ensoli? Sembrava eccellente sulle scimmie. Non sull’uomo. Quante scimmie (e quanti soldi) cartesianamente gettate via? Ma, lasciatemi ancora giocare con quel cartellone. Adesso le immagini mutano ancora e si vedono un coniglio e la bambina, entrambi morti. Sempre più triste. La spiegazione? Semplice. Abbiamo somministrato al coniglio una piccola dose, per bocca, dell’antibiotico più usato per i bambini, l’Amoxicillina. Purtroppo in un paio d’ore è morto. Ne abbiamo dedotto che doveva essere tossico anche per l’uomo e l’abbiamo così negato alla bambina che aveva necessità proprio di quello per guarire. Purtroppo, ancora una volta, abbiamo sbagliato tutto. Ricordate i famosi 56 cuccioli di Beagle della ditta Morini sequestrati al Brennero una decina d’anni fa? Erano indirizzati a un laboratorio tedesco che effettuava esperimenti vitali per la salute umana.
Quando arrivai a Bolzano e mi avvicinai al gruppo mi accorsi che non avevano due mesi, mentre sui libretti d’accompagnamento era indicato che ne avevano sei.
Ma i dati sperimentali che escono da un cucciolo di due mesi sono uguali a quelli di uno che ne ha sei? No, saranno dati falsi, come falsa era la data di nascita imposta dal laboratorio alla Morini. Quando vedrete quei cartelloni, con il topo e la bambina, girate il viso da un’altra parte. Ai ricatti è così che si risponde.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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