A più di dieci anni dalla fallita sperimentazione, il metodo Di Bella torna prepotentemente agli onori delle cronache. Un giudice di Bari ha infatti accolto il ricorso presentato da un malato di tumore che chiedeva di essere curato con proprio con questa terapia a base di somatostatina.
La notizia sta creando scalpore nella comunità scientifica. "Si tornano ad avallare il facile sensazionalismo e le false speranze da parte dei pazienti", sostiene il segretario nazionale dell’Associazione italiana di oncologia medica Carmine Pintu. "Dobbiamo garantire ai malati cure per le quali c’è una dimostrazione scientifica di efficacia, e non cure potenzialmente tossiche", aggiunge Pinti ricordando che sulla controversa terapia "sono state svolte sperimentazioni che hanno dimostrato in modo chiaro l’ inefficacia della cura in questione. Per noi oncologi questo è un capitolo chiuso. Il messaggio che lanciamo è che non bisogna assolutamente riaccendere false speranze nei pazienti"
Contrario anche il direttore generale della Asl di Bari, Domenico Colasanto, che sta preparando il ricorso alla decisione: "Parlo innanzitutto da medico. io non credo al metodo Di Bella, non ci sono mai stati i presupposti scientifici per ritenerlo valido. È chiaro che siamo in un settore della medicina, quello della oncologia, dove il razionale della terapia può avere anche dei limiti. Con questo non voglio assolutamente criticare l’ordinanza del giudice, che si sarà basato sicuramente su una relazione medica".
Il presidente della Commisione d'inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario, Ignazio Marino (Pd), invece, si dice perplesso: "Nutro
profondo rispetto per il lavoro della magistratura e tuttavia mi sembra paradossale che una terapia medica possa essere prescritta da un magistrato. Così come mi sembrerebbe strano se fosse un medico a concludere un processo".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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