"Mi ammazzano", il corridoio della paura che ha ucciso Mara

Mara Calisti fu uccisa 28 anni fa mentre era nella sua casa di Todi con il padre. L'assassino non è mai stato scoperto: "Un ragazzo giovane, sui 30/40 anni", è l'ipotesi della criminologa Rosa Francesca Capozza

"Mi ammazzano", il corridoio della paura che ha ucciso Mara

Un giallo italiano. Forse il più enigmatico tra i "delitti della camera chiusa". È quello di Mara Calisti, 36enne umbra, uccisa in circostanze misteriose, nella notte tra il 14 e il 15 luglio del 1993, mentre era nel suo appartamento di Todi. In casa con lei, quel tragico mercoledì, c'era solo il padre. Ma non fu lui a infliggerle la ferita mortale al petto.

A 28 anni dall'omicidio, tra decine di ipotesi e sospetti, l'assassino di Mara non ha ancora né un nome né un volto. "Si tratta di una persona lucida, organizzata, capace di gestire efficacemente emozioni 'forti' o per anaffettività o perché tratto distintivo del proprio 'mestiere'", spiega a IlGiornale.it la criminologa Rosa Francesca Capozza.

Il misterioso omicidio

Alle ore 3.45 di un torrida notte di luglio, un grido disperato sveglia gli inquilini della palazzina al civico 131 di via Angelo Cortesi, a Todi, in provincia di Perugia. Al terzo piano del condominio, una giovane donna, Mara Calisti, di 36 anni, è stata ammazzata.

La vittima si è trascinata sanguinante, vestita dei soli indumenti intimi, dalla sua camera da letto a quella del padre, Mario. "Babbo, guarda cosa mi hanno fatto", sono state le sue ultime parole prima di crollare al pavimento esanime.

L'anziano genitore ha tentato invano di soccorrerla. Ma la ferita di Mara, un taglio netto sotto la mammella destra, è talmente profonda da averle reciso l'aorta. E quando i soccorsi raggiungono il luogo della segnalazione, il cuore della 36enne ha già smesso di battere.

Il delitto della camera chiusa

In pochi minuti l'abitazione dei Calisti si trasforma in una scena del crimine. Non una scena del crimine qualunque però: non ci sono né pareti imbrattate di sangue né tracce visibili del presunto killer nell'appartamento. Le finestre sono serrate, sulla porta di ingresso non vi è alcun segno di effrazione. E la stanza da letto di Mara, dove si presume che la giovane sia stata colpita a morte, risulta perfettamente in ordine. Manca anche l'arma del delitto, forse un cacciavite oppure un coltello.

Per gli investigatori, l'omicidio della 36enne è un rebus. L'ipotesi che si profila a poche ore dall'avvio delle indagini è quella di un "delitto della camera chiusa". "L'omicidio di Mara Calisti risponde ai criteri specifici che qualificano la categoria dei delitti della camera chiusa - spiega la criminologa Capozza – Anzitutto il luogo è circoscritto all'abitazione della vittima in cui si rileva che porte e finestre sono chiuse e che non ci sono segni di effrazione. Per cui chi ha ucciso aveva le chiavi o è stato fatto entrare o era già all'interno. Poi le persone presenti erano solo due: il padre e la vittima".

I sospetti sul papà di Mara

Una porta chiusa e, in casa, solo due persone. E se fosse stato il papà a uccidere Mara? A distanza di pochi giorni dall'accaduto, il nome di Mario Calisti finisce nel registro degli indagati.

A inasprire i sospetti sull'anziano è la presenza di una traccia ematica, compatibile con il Dna della vittima, rinvenuta nella cassetta degli attrezzi da lavoro. Inoltre, secondo la prima perizia medico legale, Mara non avrebbe fatto in tempo a raggiungere la stanza da letto del papà ancora in vita data l'entità della ferita: è morta in poco meno di un minuto.

Dunque gli inquirenti ipotizzano che Mario possa aver ucciso sua figlia mentre stava per coricarsi. Dopodiché l’avrebbe presa in braccio e trasportata nella sua camera. Arrivato sulla soglia, forse affaticato per lo sforzo, avrebbe gettato il cadavere in terra. Ma nessuno degli inquilini della palazzina di via Angelo Cortesi 131 ha sentito un trambusto sospetto quella notte né emergono contrasti degni di nota nella relazione padre-figlia. E Mario Calisti si professa innocente.

Nel 2001, l'anziano viene prosciolto. Perizie successive accerteranno che Mara ha avuto il tempo di trascinarsi per quei pochi metri di corridoio che la separavano dal padre. Ma, allora, chi l'ha uccisa?

Le ore precedenti al delitto

Per venire a capo dell'intricato rebus, gli investigatori ricostruiscono le ore precedenti al delitto. Quella sera Mara, che lavorava come impiegata part-time in uno studio legale, rientra pressappoco alle 20.30. Poggia le chiavi di casa su una sedia vicino alla tv e ci mette sopra la borsa. Cena con suo padre, poi stira. Verso le 21.30, Mario va a trovare la cognata, come fa di solito. Intanto Mara invita la vicina per un caffè e quattro chiacchiere.

Attorno alle 23 il signor Calisti rientra, scambia un paio di battute con le ragazze e si ritira nella sua stanza. Le due donne guardano un film in tv, "Brivido nella notte", fino a quando - pressappoco alla mezzanotte - la vicina va via.

All’1.30 papà Mario si sveglia per andare in cucina a prendere un bicchier d’acqua. La porta della stanza di Mara è chiusa. L’uomo suppone che sua figlia stia dormendo e torna a letto. Alle 2.30 un vicino sente il rumore di un oggetto metallico che cade nel cortile condominiale.

Alle 3.41 un ragazzo che abita in prossimità del civico 131 scende in giardino per fumare una sigaretta. Subito dopo l’inquilino del secondo piano sente un tonfo provenire dall’appartamento dei Calisti, poi la voce del padre di Mara che chiede aiuto. Sale le scale assieme ad altri coinquilini: non incrociano nessuno. Da dove è uscito il presunto killer?

L'ipotesi di una "rapina finita male"

Proprio in quei giorni i Calisti sono alle prese con il trasloco. Mara e il papà sono rimasti nel vecchio appartamento per disbrigare le ultime questioni burocratiche. L'indomani del 14 luglio, infatti, Mario avrebbe dovuto incontrare il commercialista. Dopodiché, insieme alla figlia, avrebbe raggiunto il resto della famiglia nella nuova casa di campagna.

Per questo motivo, gli inquirenti vagliano l'ipotesi di una "rapina finita male". A supporto di questa possibilità vi è un non trascurabile dettaglio che emerge nel corso delle indagini. Una delle vicine di casa di Mara è stata sveglia pressappoco alle ore 3.45 dal suono del campanello. Che qualcuno, verosimilmente il ladro in fuga, abbia confuso il pulsante di accensione della luce nelle scale con il campanello?

"Difficile pensare alla rapina: il ladro avrebbe selezionato una abitazione in fase di trasloco, correndo quindi il rischio di trovare ben poco o nulla al suo interno - spiega la dottoressa Capozza - Una volta scoperto da Mara, la avrebbe uccisa e, mantenendo un incessante sangue freddo sarebbe riuscito a scappare non lasciando impronte, neanche sulle imminenti tracce di sangue della vittima. Inoltre un rapinatore di professione difficilmente avrebbe acceso le luci per scendere le scale, e ancor meno sbagliato campanello".

La pista di una vendetta sentimentale

Mara era impiegata part time in uno studio legale e, per arrotondare lo stipendio, lavorava in una ditta di pulizie. All'età di 20 anni, si era iscritta alla facoltà di giurisprudenza ma poi non aveva concluso il ciclo di studi preferendo dedicarsi all'impegno politico e coltivare la passione per le escursioni in montagna. Nei mesi precedenti all'omicidio, frequentava con profitto un corso di arte all'università della terza età. Una donna "normale", giovane e libera.

Da qualche mese aveva intrapreso una relazione con un uomo più grande di circa 20 anni più grande, sposato e con due figlie. Ma, nonostante la condizione di clandestinità, quel rapporto non le aveva mai dato motivo di apprensione.

Tuttavia, nel corso delle indagini, gli inquirenti non escludono la pista di una vendetta sentimentale. Ma il compagno della 36enne, noto professionista di Todi, ha un alibi di ferro: quel mercoledì di luglio era a cena con la moglie e gli amici. Del resto perché Mara avrebbe dovuto accoglierlo con in casa il padre quando l'indomani sarebbe stata da sola?

"Va a finire che mi ammazzano"

C'è un altro aspetto della ingarbugliata vicenda che non è mai stato chiarito. Perché Mara, quando è stata aggredita, indossava slip, reggiseno e una collana con 5 fili di perle?

Dalle testimonianze degli amici, nel contesto delle indagini per omicidio, è emerso che la donna, nell'ultimo periodo della sua vita "era spaventata da qualcuno". Al punto tale da riferire a una persona: "Va a finire che mi ammazzano". Inoltre a un'amica avrebbe confidato di avere una relazione con un ragazzo con i capelli ricci e neri, proprietario di una Golf targata Terni: questa persona non è stata mai identificata. Potrebbe essere lui l'assassino della 36enne?

"L'autopsia psicologica della vittima, ovvero la ricostruzione delle abitudini, dello stile di vita, delle occupazioni, delle frequentazioni, dei progetti, di possibili problemi e preoccupazioni, dei timori, dei cambiamenti di comportamento della vittima, soprattutto relativi ai suoi ultimi giorni di vita, potrebbe restituirci delle informazioni utili - chiarisce ancora la criminologa - Le testimonianze raccolte rilevano la presenza di una forte preoccupazione della vittima che, proprio nell'ultimo periodo, avrebbe riferito ad amici di temere per la sua incolumità. Inoltre emerge una relazione clandestina con un medico del posto, che da subito invece nega tutto forse nel tentativo di tutelare la solidità del proprio nucleo familiare, la notizia che Mara avesse abortito pochi giorni prima, nonché la presenza di una relazione con un giovane mai identificato con precedenti penali che pare la stesse inquietando. La vittima è stata ritrovata in mutandine e reggiseno (forse plausibile con la calura estiva?) e con una collana 'importante' con 5 fili di perle al collo. L'autopsia psicologica avrebbe potuto verificare se fosse un comportamento abituale o meno della vittima. Vari sono quindi gli elementi che potrebbero ricondurre il movente nell'alveo di relazioni sentimentali. È utile menzionare la possibilità che sia stato assoldato qualcuno, 'esperto', per compiere il delitto".

Chi è l'assassino?

Nel 1996, a distanza di tre anni dal omicidio, in seguito alla richiesta di archiviazione, il caso è stato chiuso. A seguito di una non meglio precisata "importante novità", e contemporaneamente alla presentazione di una petizione da parte di numerosi cittadini di Todi, nel gennaio del 1998 le indagini sono ufficialmente ripartite. Nel 2015 il programma televisivo Chi L'ha Visto si è occupato nuovamente della vicenda nel tentativo di stabilire la verità.

Ventotto anni dopo il delitto resta ancora avvolto nel mistero: chi ha ucciso Mara Calisti? "Si tratta di una persona lucida, organizzata (scena del crimine perfettamente 'pulita'), capace di gestire efficacemente emozioni 'forti' o per anaffettività o perché tratto distintivo del proprio 'mestiere' - conclude la dottoressa Capozza - Se si percorre la pista di un soggetto 'esterno' alla 'camera chiusa', il particolare

della capacità di percorrere molto rapidamente quattro piani di scale fa propendere per la giovane età e atleticità dell'assassino (tra i 20 ed i 40 anni)".

Il killer potrebbe essere ancora a piede libero.

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