Cronache

Vaccini, quando si parla di "paralisi immunitaria"

Stimolare frequentemente il sistema immunitario con le quarte dosi del vaccino anti-Covid potrebbe portare a una perdita di efficacia della risposta anticorpale: ecco di cosa si tratta

Vaccini, quando si parla di "paralisi immunitaria"

Vaccinazioni troppo ravvicinate nel tempo rischiano di sortire l'effetto opposto: indebolire il sistema immunitario e non proteggere correttamente dalle varianti del Covid-19. Specifichiamo: non sono i vaccini in sé, l'unica vera arma contro il virus, ma le ripetizioni di dosi booster a non troppa lunga scadenza.

Cosa succede con la quarta dose

Come ci siamo appena occupati sul Giornale.it, Israele è il primo Paese al mondo dove già si procede con la somministrazione della quarta dose. Le notizie, però, non sono delle migliori: la protezione contro la variante Omicron sarebbe soltanto parziale e limitata. "Nonostante l'aumento dei livelli di anticorpi la quarta dose di vaccino offre solo una difesa parziale contro il virus", afferma il direttore dell'Unità malattie infettive che ha guidato la ricerca, il prof. Gili Regev-Yochay, dello Sheba Hospital di Tel Aviv. La debole risposta immunitaria, inferiore alle aspettative, può essere dovuta a due cose: il vaccino anti-Covid attualmente in somministrazione in tutto il mondo era "tarato" per le varianti precedenti a Omicron (Alfa, Delta), ecco perché non sarebbe così efficace. La seconda, invece, risiede dentro il nostro organismo.

Cos'è la "paralisi immunitaria"

"Attenzione, non stimoliamo troppo il sistema immunitario", afferma l'immunologo Antonio Cassone, professore all’American Academy Microbiology, in un'intervista rilasciata a Repubblica. Il perché è presto detto: l'esperto parla di anergia, in pratica la perdita totale o parziale della specifica risposta immunitaria. In questo caso può avvenire la "paralisi" ma non ci si deve spaventare, non è intesa non nel termine negativo che tutti conosciamo. La paralisi immunitaria in tema di vaccinazioni significa "una disfunzione, anche profonda, del sistema immunitario per cui la risposta che, tramite il vaccino ci protegge dall'aggressore, viene intaccata, diminuita, al limite anche bloccata. Sperimentalmente, questo si verifica quando la dose di antigene vaccinale, per esempio la proteina Spike del coronavirus, è troppo elevata o le dosi vaccinali sono fatte troppo frequentemente, a piccoli intervalli di tempo", afferma Cassone. La meravigliosa macchina che è il nostro organismo può andare "in apnea".

Cosa succede con i vaccini anti-Covid

La domanda è: può accadere la stessa cosa con i vaccini anti-Covid se somministrati a intervalli non così lunghi? "Chiaramente non si pone per l'eccesso di dose immunizzante perché questa è stata definita sicura ed efficace dalla sperimentazione preclinica e da quella clinica", sottolinea il professore. In pratica, sgombrando il campo da ogni malefico dubbio, il ciclo vaccinale (due dosi) che il 90% di noi ha già fatto provoca una forte risposta immunitaria contro Sars-CoV-2. Il problema, semmai, si pone "per le dosi booster che seguono al ciclo primario perché terza, quarta ed eventuali dosi successive non sono state sperimentate adeguatamente per la loro tempistica, cioè a quale distanza di mesi possono essere fatte per assicurare la migliore risposta possibile in termini di anticorpi, cellule effettrici e di memoria".

I dati in nostro possesso

Il Regno Unito, che con AstraZeneca somministrava le dosi con intervallo di due-tre mesi tra prima e seconda, ha riscontrato una protezione più elevata rispetto all'intervallo di tre settimane dalla prima previsto con Pfizer e Moderna (in questo caso, quattro settimane). Lo dicono i dati pubblicati da un gruppo di scienziati su Jama che "dimostrano che l'estensione dell'intervallo prima-seconda dose è risultata particolarmente favorevole per ottimizzare la quantità di anticorpi in persone poi infette dalla diabolica Delta", sottolinea il prof. Cassone. Ancora pochi dati, invece, sui vaccinati con le terze dosi ma quelli finora pubblicati "dimostrano che risposte anticorpali e cellulari sono state migliori nei soggetti che l'hanno fatta a sei o più mesi rispetto a quelli che l'hanno fatta a tre o quattro mesi". Nessun dato, invece, sulle risposte alle quarte dosi in Israele anche se, come anticipato, le aspettative sono state deluse e non si è ottenuto quell'aumento di 30 volte del titolo anticorpale che la terza dose aveva prodotto.

Come comportarsi in futuro

Se sarà dimostrato che l'efficacia vaccinale dalla quarta dose in poi sarà più scarsa, la strategia potrà cambiare alla luce delle nuove evidenze scientifiche e sarà "lecito aspettarsi una progressiva diminuzione dell'efficacia vaccinale che potrebbe intaccare il merito fondamentale degli attuali vaccini, cioè la protezione contro la malattia grave, l'ospedalizzazione ed il decesso. I dati ufficiali di Israele ci diranno qualcosa in più". Insomma, tra poche settimane avremo la risposta: allungare i richiami vaccinali o lasciare tutto così? Sarà la Medicina a stabilirlo con le evidenze che verranno fuori, non certamente i no vax con le loro supposizioni complottiste.

In attesa di una risposta, c'è grande attesa per "i vaccini di seconda generazione (mucosali, pluri-componenti ed aggiornati alla variante) che davvero limitino la capacità infettiva del virus", conclude l'immunologo.

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