Coronavirus

Vaccino, cosa si rischia cambiando seconda dose

Mischiando vaccini diversi si può andare incontro ad effetti collaterali lievi o moderati: le evidenze da uno studio britannico condotto da Oxford. Ecco cosa succede e quali sono i sintomi

Vaccino, cosa si rischia cambiando seconda dose

Dopo il caos AstraZeneca, potrebbe esserci la possibilità di cambiare la seconda dose di vaccino: da quanto si apprende da uno studio inglese, però, cambiare in corsa proponendone uno diverso (come succede già in Germania) potrebbe causare effetti collaterali lievi o moderati.

Cosa dice lo studio

Secondo uno studio dell'università di Oxford pubblicato sul portale Com-Cov, infatti, il mix tra AstraZeneca e Pfizer potrebbe generare brividi, mal di testa e dolori muscolari ma comunque di breve durata. Ovviamente nulla a che vedere con le trombosi, ci mancherebbe, ma esiste questa correlazione e va riportata correttamente. "È una scoperta davvero intrigante e anche inaspettata" ha dichiarato Matthew Snape, dell'Oxford Vaccine Group. Questo studio, cominciato a febbraio, avevo come obiettivo primario quello di verificare se un vaccino diverso per la seconda dose potesse portare ad un'immunità più duratura, ad una migliore protezione contro nuove varianti o semplicemente consentire di poter utilizzare al meglio le scorte disponibili anche se di tipologia diversa. Lo studio è stato effettuato su 830 volontari al di sopra dei 50 anni e i dati preliminari pubblicati su The Lancet: nel 34% dei pazienti con prima dose AstraZeneca e seconda Pfizer si sono avuti gli effetti collaterali prima descritti oltre ad affaticamento, febbre e malessere.

Tre ragioni per non cambiare vaccino

Ad aprile lo studio è stato ampliato (1.500 volontari) e mixate combinazioni diverse: Moderna e Novavax insieme ad AstraZeneca e Pfizer. Però, cambiare tipologia di vaccino potrebbe non essere comunque una buona idea per almeno tre motivi. "Bisogna fare delle riflessioni: la prima è che lo studio ha considerato soltanto persone sopra i 50 anni e quindi non sappiamo se nei più giovani gli effetti possano essere di più, o più gravi. La seconda ragione è il numero ristretto di soggetti studiati e il caso AstraZeneca ci ha dimostrato come ne servano centinaia di migliaia per individuare effetti rari, non individuabili con piccoli campioni", ha affermato a Repubblica Antonio Cassone, membro dell'American Academy of Microbiology. Ma c'è anche un terzo motivo, forse il più importante che non va sottovalutato. "Questo studio non ha indagato la risposta anticorpale - sottolinea Cassone - quindi non sappiamo se cambiare dose possa conferire maggiore risposta anticorpale".

"Non si può fare a cuor leggero..."

Il Prof. Cassone ha spiegato, però, che potrebbe esserci anche una ridotta risposta anticorpale perché il vaccino è composto da altro materiale che interagisce e si combina. "Se protegge di più ci sta anche che rischiamo qualche effetto collaterale leggero maggiore, ma se protegge di meno...Insomma, io non credo si possa fare a cuor leggero, almeno non senza dati di risposta anticorpale e con numeri maggiori. Siamo ancora in emergenza, lo capisco, però se dai il vaccino in modo diverso rispetto agli studi registrativi, o addirittura lo combini, siamo sicuri che l'efficacia dimostrata contro le varianti con gli studi venga mantenuta se cambiamo le regole in corsa? Soprattutto contro varianti che sembrano più pericolose, come quella indiana?".

In ogni caso, le province canadesi di Quebec e Ontario, hanno già detto che utilizzeranno vaccini di tipo diverso per prima e seconda dose, sia per evitare ritardi dovuti a carenza di forniture sia per la preoccupazione per i seppur rari casi di trombosi legati ad AstraZeneca.

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