La vendetta è il demone di chi non trova più risposte

La vendetta è il demone di chi non trova più risposte

Ci sono domande che speri di non farti mai. Muore la donna che ami. Muore sull'asfalto di un incrocio maledetto, per un semaforo non visto, per distrazione, per disgrazia, perché la vita e la morte sono tiri di dadi. Che succede? Che scatta? Che fai? La verità è che non puoi saperlo. Ti piacerebbe dire che sai perdonare, ma il perdono, quello vero, è un atto sovrumano. È la forza di un Dio che si incarna nell'uomo. Sospetti che te ne faresti una ragione, con quella dose di cinismo che aiuta gli uomini a sopravvivere. Poi c'è la vendetta e due vittime innocenti. È la scelta di Fabio, il trentaquattrenne di Vasto, l'uomo che ogni giorno cercava una risposta sulla tomba della moglie, con quella frase in testa difficile da scacciare «non c'è giustizia», con la foto del Gladiatore sul profilo Facebook. Fabio, come si sa, ha sparato. E tu, tu che faresti? È la scelta più tragica e sono in tanti quelli che dicono: magari farei lo stesso. Magari no, perché un conto è dirlo e altro farlo. Ma comprendono, si mettono nei suoi panni, come se qualcosa di ancestrale tornasse a bussare in questi tempi senza mappa e sestante. La violenza, fosse solo pensata, non è più un tabù. Il guaio è che sta diventando una risposta, quella sbagliata. È un vecchio demone che si ritrova a incarnare lo spirito di questo tempo. È come se ci fosse un vuoto di giustizia, uno spaesamento, una sorta di disillusione nel riuscire a trovare qui e ora una risposta al dolore che ti scava dentro. Non ti fidi dello Stato, non ti fidi dei processi, non trovi qualcosa a cui aggrapparti. È lì che il dolore diventa ossessione. È lì che cadi e finisci per assecondare i tuoi pensieri più cattivi. Lei non c'è più, lui è libero, non ha chiesto neppure scusa, e nessuno sa dirmi perché. Tu faresti come lui? Forse no, non ti appartiene, non è nel tuo carattere. Tanti hanno risposto sì, si può. Appartiene all'uomo, che di certo non è perfetto. Ma per capirlo, chiedi e la risposta non è così lontana da te. È la risposta di chi si è messo nei panni di Fabio e ha provato a dargli voce. «La vendetta non è giustizia, ma era la mia necessità. La tua vita non era stata scalfita, la mia si è interrotta lì, sull'asfalto, tra i riccioli, il sorriso e il sangue di Roberta. Non tolleravo che tu andassi in giro con i tuoi vent'anni di inconsapevolezza e superficialità. Le azioni hanno conseguenze. Sempre. Io sono la tua conseguenza. Ma io so quello che ho fatto. Vedi, chi sbaglia deve pagare. Nel mio mondo è così. Non ho saputo fare diversamente. Devo pagare. È giusto. Questo ha un senso per me. La vendetta non dà pace? Non è la pace che cerco. Non ora.

Io cercavo un punto, un finale. Non chiedo di essere perdonato. Quello che è urgente è portare fiori a Roberta. Le ho portato anche una pistola, per dirle che tutto è finito. Ma i fiori vicino a lei stanno meglio. Questo lo so anch'io».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica