In vendita a soli 40mila euro la casa di Cassius Clay

L’ultimo proprietario ha deciso di disfarsi dell’abitazione alla periferia di Louisville, dove il grande pugile passò infanzia e giovinezza. Si tratta di una vecchia villetta bianca ormai in rovina che il sindaco spera di ristrutturare e trasformare in museo

La casa di Cassius Clay
La casa di Cassius Clay

Già dalla valutazione ufficiale,23mila dollari, si capisce che non è una reggia e per di più dev’essere anche piuttosto mal messa. Ma è sempre la casa dove è cresciuto Cassius Clay prima di diventare campione del mondo di pugilato e quindi Muhammad Ali. E questo da solo vale a roddoppiarne il prezzo. Tanto che il suo ultimo proprietario sul classico cartello «on sale» ci ha messo sopra un bella cifra tonda: 50mila dollari. Siamo a Louisville, 560mila abitanti, la più grande città del Kentucky, stato tradizionalmente antischiavista che, durante la Guerra di secessione pur appartenendo formalmente al Sud, riuscì a rimanere fuori dal conflitto. Qui in un sobborgo orientale il 17 gennaio 1942 nacque Cassius Marcellus Clay Junior, figlio di un pittore di insegne. Un lavoro che non consentiva certo alla famiglia una vita agiata, tanto che i Clay si trasferirono presto in periferia in una casetta bianca con veranda e giardino, incastrata tra altri edifici altrettanto modesti. La storia racconta che a 12 anni il piccolo Cassius entrò per la prima volta in una palestra da cui uscì sei anni dopo per spiccare il volo verso le Olimpiadi di Roma dove il giovane pugile afroamericano vinse la medaglia d’oro nella categoria mediomassimi. Da lì una sfolgorante carriere che lo portò il 25 febbraio 1964 a Miami dove strappò la corona di Campione del Mondo dei pesi massimi al campione in carica Sonny Liston, dieci anni più vecchio. Il giorno dopo il nuovo campione si convertì all’Islam e prese il nome di Muhammad Ali. Nel 1969 fu richiamato alle armi per essere spedito in Vietnam, Alì si oppose e venne processato per diserzione, gli fu tolta la licenza e il titolo. Memorabili le frasi pronunciate in quel periodo come «Non ho niente contro i Vietcong, loro non mi hanno mai chiamato “negro”». Tornò a combattere due anni dopo e nel 1974 si riprese il titolo, che poi perse e riconquistò fino al ritiro definitivo dal ring nel 1981. Finita la carriera inizia la leggenda, alimentata anche dalle sue battaglie per i diritti civili, per la pace e contro il morbo di Parkinson che ha piegato il suo corpo ma non il suo spirito. Così diviene un luogo di culto anche la sua misera casetta a Louisville, nel frattempo acquistata da Steve Stephenson che però lunedì ha piantato in giardino il cartello con su scritto in vendita e il prezzo, 50mila dollari, circa 40mila euro. Anche se il suo valore reale, come risulta dal sito del Jefferson County Property Value Administrator, non dovrebbe superare i 23mila dollari. L’edificio del resto è piuttosto mal messo: la veranda pende da una parte, il tetto è tutta una gobba, i muri sono storti e il giardino sembra un campo di battaglia. Il sindaco di Louisville Greg Fischer ha già detto che è interesse della città nel conservare la casa del suo figlio più famoso. Anche perché il Muhammad Ali Center, museo e centro educativo sorto in centro, rimane una delle prime attrazioni turistiche. «Vogliamo fare qualunque cosa per conservare la sua eredità - ha detto Fisher - . Questa casa infatti dovrebbe servire di ispirazione per chiunque la guardi e possa poi pensare “Se c’è l’ha fatta lui, perché non io?”. Qualche casa più avanti abita ancora un suo vicino di allora James Calloway che ricorda un giovane Cassius Clay sempre disponibile a portare il cesto della biancheria a sua madre. O di quando a 12 anni decise di imparare a tirare di boxe dopo che gli avevano rubato la bicicletta e lui voleva punire il ladruncolo. Fino a quando, ormai una futura promessa del pugilato, si allenava correndo con stivali e pesi alle gambe per aumentare forza e resistenza.

Per questo Calloway pensa che l’abitazione dovrebbe diventare un piccolo museo, anche se le sue condizioni lascerebbe pensare che dovrebbe essere abbattuta. Ma il sindaco non dispera «Tutti noi dimostriamo la nostra età ma penso che alla fine saremmo in grado di darle una bella sistematina».

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