Coronavirus

Il virus letale della discordia

La "fase due" è un sogno, solo che a sognarlo c'è una moltitudine di avvinazzati, ognuno dei quali se la immagina a modo suo, chi di dritto e chi di rovescio, chi sbilenco e chi contromano, e tutti gridano: apri, no chiudi, fèrmati, vai avanti

Il virus letale della discordia

La «fase due» è un sogno, solo che a sognarlo c'è una moltitudine di avvinazzati, ognuno dei quali se la immagina a modo suo, chi di dritto e chi di rovescio, chi sbilenco e chi contromano, e tutti gridano: apri, no chiudi, fèrmati, vai avanti. È la brutta imitazione di un quadro di Escher, ma senza genio e visione, dove le linee si confondono a formare uno scarabocchio. Il rumore di fondo è un sovrapporsi di voci, ministri, esperti, commissari, seminaristi di questa o quella confraternita di esperti, luminari e moralisti, e gente che arriva di passaggio, dice qualcosa e se ne va. È una torre di Babele dove ognuno parla la propria lingua e quando alla fine tutti sono certi di non essersi capiti buttano lì una mezza frase in inglese pescata a caso dal libro sacro della comunicazione aziendale: lockdown, task force, herd immunity.

Attenzione, questa cosa potrebbe essere contagiosa. No, non ha nulla a che fare con il Sars-Cov-2. È un virus diverso. È farsa, non dramma e colpisce l'ombelico. I sintomi sono logorrea, cecità (sociale e politica) e masturbazione. È il virus della discordia.

È antico e Omero diceva che si presentava come una piccola cosa per avanzare poi a larghe falcate sulla terra. Allora si chiamava Eris e banchettava senza invito nel giardino delle Esperidi. I suoi fratelli si chiamavano Moros (il destino avverso), Momo (la colpa), Apate (l'inganno), Nemesi (la vendetta) e Oizys (la miseria). I suoi figli Disnomia (il malgoverno) e Lethe (l'oblio).

Questa volta la malattia ha un decorso strano. All'inizio ti senti un santo. Vorresti abbracciare tutti, stringere le mani, cantare sui balconi, batterti il petto dicendo: quando tutto questo sarà finito sarò un uomo diverso. Ti commuovi per ogni piccolo gesto di solidarietà. Fai i conti con la morte, chiedendoti per chi suona la campana, perché li hai visti i carri funebri in fila indiana, le bare senza sepoltura e non ti frega più nulla delle stronzate di prima. L'essenziale ora è visibile agli occhi. Ti senti saggio, perché hai trovato nella scienza una nuova religione. Ascolti e vai tutte le sere a messa alle sei del pomeriggio, attento ai numeri dei nuovi sacerdoti. È la fine del mondo, ma tra quaranta giorni ci sarà la resurrezione. La promessa è scritta sui muri: state a casa e andrà tutto bene.

Il virus però è infido e trova la strada per ingannare le difese immunitarie. Ti convince che sei buono. Ti sussurra: siamo fratelli, fratelli d'Italia e tutti insieme ci svegliamo una mattina e cantiamo Bella ciao. Non mi riconosci? Tu sei come me e il male sono sempre gli altri. Gli altri chi? Gli altri.

Poi invece comincia la giostra. Di chi è la colpa? I sedentari contro i marciatori, i giovani contro i vecchi, lo Stato contro le Regioni, il Sud contro il Nord, la Campania contro la Lombardia, i favorevoli contro i contrari, sicurezza contro libertà, la giustizia contro la legge, il pubblico contro il privato, quelli che lavorano contro quelli che non lavorano, i partigiani del Mes contro i patrioti degli eurobond. Tutto si sfalda. Non c'è più maggioranza e neppure opposizione. Ogni sottosegretariato è una fazione. Il premier non si fida del ministro dell'Economia, il Pd non si fida del vecchio amico Renzi e insieme tengono a distanza i grillini, i quali ormai si sono frammentati in cinque stelle, ognuna della quali dice all'altra: traditore. Tutti vorrebbero fare fuori Conte, ma non si mettono d'accordo su come. Ci sarebbe la scienza: terra sacra della ragione. Peccato che pure i virologi si siano messi a sacramentare, ognuno in fondo perso dentro al Coronavirus suo.

Chi dice che è biondo, chi dice che è alto, chi dice che dorme e chi sostiene che al massimo riposa, chi ci gioca a biliardo e chi lo mostra in tv. Risultato: sarebbe bello uscire, ma ne vale davvero la pena?

Commenti