Cronache

La vita semplice

Chi è passato recentemente nell'East Village, all'incrocio tra la First Avenue e la 12th Street, avrà sicuramente notato una fila di persone all'esterno di un localino dalla tenda arancione, con la scritta Brodo. Beh, trattasi del nuovo «must have» dei gourmet newyorkesi: i clienti, pazienti, attendono il loro turno per ricevere una tazza bollente di brodo, a mo' di un prodotto Starbucks, e belli felici la consumano davanti o riprendono la passeggiata, bevendo dalla cannuccia. Lo stupore lascia spazio all'orgoglio italico: il «genietto» che ha inventato Brodo si chiama Marco Canora, quarantenne lucchese, figlio d'arte (la madre Laura ha un celebre ristorante a Martha's Vineyard) che seguendo l'ultima mania a stelle e strisce – ossia la paleodieta – ha fatto bingo nella Grande Mela. «Il brodo è il miglior comfort-food al mondo, ristora il fisico e l'anima»: con questo proclama, giocando sulla nostalgia e la ricerca ossessiva della tendenza, ha messo in carta tre brodi (pollo biologico, manzo con lo zenzero, speciale con tacchino, ossobuco e gallina) e due zuppe, ossia la Chickarina – con pollo, polpette e scarola – e la cara vecchia Ribollita. Tre le dimensioni (small, medium e large...), prezzi da 4 a 9 dollari e la possibilità di personalizzarlo con l'olio piccante calabrese come con i funghi shiitake. Astenersi dal sorrisino, il paisà Canora viaggia alla grande: oltre al business, si è già guadagnato un articolo sul NY Times e sta ovviamente lavorando al franchising del brand, con nuove idee come un brodo «di mare» e ovviamente uno per vegetariani a base di ortaggi, alghe e funghi disidratati. E come era scontato, ovunque negli States è aumentata l'offerta di brodi in tazza nei bistrot come nelle macellerie-chic, pronte addirittura a consegnarlo già fatto a domicilio: Oliver Weston Company lo propone a sette dollari il litro. Detto che è fantastico sapere che oltreoceano definiscono il brodo come «paleodrink», esaltandone il valore salutistico (e sin qui possiamo starci) e quello storico («Gli uomini della preistoria si tenevano in forma con il brodo di ossa» ha scritto la citatissima food blogger Michelle Tam. Boh...), dobbiamo ritenerci fortunati perché a casa nostra, la tendenza viene interpretata in maniera ben diversa. Dopo anni in cui l'immagine del brodo era giocata solo su due aspetti (il piacere della casa e del ristoro da un lato ma anche l'idea di una salute cagionevole dall'altro), ecco che si assiste al pensiero evoluto degli chef, soprattutto al Nord dove per tradizione e clima ha sempre avuto un peso maggiore. È un gioco divertente e colto, dove alcuni cercano di riproporre la versione tradizionale in una chiave modernissima come ha fatto Niko Romito, capace di «estrarre» il brodo privandolo dei grassi e di servirlo con ravioli di manzo e una spolverata di cannella. Il sapore è lo stesso, la leggerezza inimitabile. Oppure Massimiliano Alajmo con il Brodo Oro, un cibo quintessenziale dove il liquido (realizzato da una guancia di vitello) viene aromatizzato con zafferano e liquirizia. Sull'altro fronte, ci sono quanti studiano un brodo capace di abbinarsi perfettamente al cibo in modo da completare il piatto, aspetto divertente per il cliente. Il maestro nel campo è attualmente Andrea Berton (vedi box) che ha realizzato un intero menu sul tema ma qua e là s'incontrano proposte superbe come l'Insalata di uova e uovo di Enrico Crippa con il brodo fatto di carne e pelle di merluzzo, i brodi istantanei alle verdure di Paolo Lopriore o il Cappone di Morozzo che non è un secondo di carne ma un primo del talentuoso Eugenio Boer, che tanto per gradire, serve anche un brodo ristretto di legno di castagno, canederli di spinaci, funghi pioppini e castagne crude. Il Cappone di Morozzo è minestra con quattro-cappelletti-quattro ripieni – ovviamente con altrettante parti diverse dell'animale, sennò era troppo facile – dove la grassezza del brodo non è naturale ma ricreata con olio extravergine sardo. Se siete perplessi di tutte queste modernissime idee, da quello in tazza a quelli creativi, proseguite sereni con il caro vecchio brodino, fatto come si vede però. Perché non è vero che tutto fa brodo come sosteneva lo spot di Carosello sul dado Lombardi, quello con i punti di vista del signor Concilia.

Erano i mitici anni ‘60, quando il brodo era comfort food senza saperlo.

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