Ieri, nell'ultima tappa del suo tour elettorale televisivo, Berlusconi ha estratto dalla tasca della giacca un cartellino rosso, quello che gli arbitri sventolano in faccia al giocatore da espellere. Il «giocatore» che deve uscire dal campo, nelle intenzioni di Berlusconi, è questo governo e per questo invita a non fare come ai tempi di Ponzio Pilato il popolo elettore il quale, interpellato dal console romano, scelse di sacrificare Gesù al posto di Barabba.
L'ultimo sforzo di Berlusconi è quello di ricostruire un nuovo centrodestra e una nuova Europa, cosa possibile - dice il Cavaliere - solo se Forza Italia avrà la forza di fare da pontiere tra i moderati e i populisti.
Presidente, ci siamo. Primo: come sta?
«Ho avuto qualche guaio, ma mi sono ripreso a tempo di record. Questa campagna elettorale mi ha fatto bene, mi sono divertito: è stato bello sentire l'affetto degli italiani».
In questi mesi è mai stato tentato di mollare?
«No, mai. Molte persone a me vicine mi hanno chiesto di riguardarmi, di risparmiarmi. Ma non sono abituato a tirarmi indietro di fronte ai pericoli e stavolta ne vedo addirittura due: uno in Italia e l'altro in Europa».
Nell'ultima settimana lei in tv è apparso particolarmente sereno nonostante la posta in gioco sia altissima, per Forza Italia e non solo. È il prevalere del suo inguaribile ottimismo, saggezza o c'è dell'altro che non conosciamo?
«Io sono sereno perché questa per me non è la battaglia della vita. Io ho già avuto una vita piena di soddisfazioni, la politica non è mai stata e non sarà mai il mio lavoro. Sono ottimista perché penso che gli italiani stavolta sapranno votare bene, per difendere loro stessi e il nostro Paese».
Che cosa teme di più domani: l'astensione o un voto ostile?
«L'astensione. Perché non penso proprio gli italiani di buon senso possano votare ancora per i Cinque stelle. Al contrario, dare il voto a Forza Italia significa volere cambiare questo governo che fa male all'Italia e agli italiani e volere anche cambiare la maggioranza che governa l'Europa. Il voto di domani è davvero un'occasione di cambiamento che non si può mancare».
A ogni tornata si evoca il «voto inutile». C'è anche stavolta, e - se sì - quale sarebbe?
«Quello ai partiti cosiddetti sovranisti. Anche crescendo molto, al Parlamento europeo avranno una forza residuale, resteranno in un angolo. Votare Lega significherebbe mandare avanti questo che nonostante tutto chiamiamo ancora governo e non cambiare nulla in Europa. Votare Fratelli d'Italia significherebbe volere spaccare il centrodestra e far vincere la sinistra... Davvero, davvero l'unico voto utile è quello a Forza Italia».
In questa campagna elettorale Salvini ha detto: altri quattro anni con Di Maio; e la Meloni ha ribadito: «Mai più con Forza Italia». Lei ci crede?
«Non penso che siano così stolti, che vogliano così male a sé stessi e agli italiani. Non li riconoscerei. La prima ipotesi prevede il nostro disastro economico e una marea di nuove tasse, la seconda vorrebbe dire perdere le elezioni e dunque consegnare il Paese a un governo di Pd e M5s, il più a sinistra della storia. Un vero incubo».
Se domani, come probabile, ci sarà il sorpasso della Lega sui Cinque Stelle, secondo lei che cosa accadrà al governo?
«Se succederà, come spero, non sarà solo merito del dinamismo del segretario della Lega, ma sarà soprattutto, demerito dei Cinquestelle, che si sono rivelati per quel che sono, si sono sgonfiati come un dirigibile bucato, trascinando a terra anche il Paese. Questo governo è già finito da mesi, dal momento che M5s e Lega la pensano diversamente su oltre trenta questioni dirimenti per il futuro del Paese: dalle infrastrutture all'autonomia passando per la leva obbligatoria o le relazioni internazionali. Non si può davvero andare avanti così».
Se il governo non cadesse che cosa ci aspetta?
«L'aumento dell'Iva, che costerà, al minimo, 500 euro a famiglia. Ma non basterà e dunque i Cinque stelle dovranno dare applicazione ad altri punti del loro programma: aumentare le tasse sugli immobili, che noi invece avevamo abrogato, quella sui patrimoni e addirittura l'imposta di successione alla francese, che potrebbe arrivare, per chi possiede anche solo un appartamento di medie dimensioni, fino al 45%... Lo Stato ci ruberebbe quasi metà di quel gruzzolo, piccolo o grande che sia, che un padre e una madre sono riusciti a mettere da parte per i loro figli in una vita di lavoro, di risparmi, di sacrifici, e su cui ovviamente hanno già pagato fior di tasse nel metterlo insieme».
Per la sinistra è la prima campagna elettorale da 25 anni non impostata sull'antiberlusconismo. Nostalgia?
«Non scherziamo. L'antiberlusconismo e la demonizzazione nei miei confronti non si sono rivelati un danno a me, ma all'intero Paese, che da più di dieci anni non ha un premier e un governo regolarmente eletti e scelti dagli elettori. Hanno voluto buttarmi fuori dal Parlamento e tutti ne hanno pagato le conseguenze. Governatori, sottosegretari, e forse ministri: la magistratura sceglie chi è degno di restare al governo e chi no. L'ordine giudiziario continua a prevalere sul potere politico. E questo vuole dire che non siamo nemmeno più una vera democrazia».
E che ne pensa del Pd di Zingaretti?
«Il nuovo segretario del Pd mi sembra una persona seria, per bene, ma ha spostato l'asse del partito ancora più a sinistra. Siamo agli opposti. Temo che, una volta che la Lega avrà abbandonato i Cinquestelle alla loro strada, potrebbe esserci una saldatura tra questo Pd così di sinistra e i Cinquestelle».
È gara a essere popul-isti, sovran-isti, nazional-isti. Lei a che «ismo» si iscrive?
«Ai leal-isti: sono stato, sono e sarò sempre leale con i nostri elettori. Anche adesso rispetto gli impegni che ho preso con loro un anno fa, alle elezioni politiche. Purtroppo pare che io sia rimasto l'unico a ricordarsi di quegli impegni, a rispettare il programma e a volere tenere unito il centrodestra. Salvini ha votato diciotto leggi su venti che non c'entrano niente con quel programma e, anzi, ne sono spesso in aperta contraddizione, Meloni ci aveva addirittura sottoposto un patto anti ribaltone, da firmare davanti a un notaio, per garantire il mantenimento dell'unità del centrodestra e ora propone maggioranze diverse».
Tre cose che servono all'Europa.
«Una politica estera comune. Perché nessun Paese oggi può pensare di gestire da solo le relazioni internazionali; è un nano in mezzo ai giganti. Una politica di difesa comune che si costruisce integrando le forze armate di tutti i Paesi dell'Unione creando un esercito europeo in modo di trasformare l'Europa, che oggi nel mondo non conta niente, in una potenza militare a livello mondiale e possa così assumersi il ruolo, assolutamente indispensabile, di riunificatrice dell'Occidente, oggi diviso. Infine una politica di sicurezza: non dimentichiamo che i terroristi del Bataclan e pure l'attentatore di Berlino si erano mossi indisturbati a cavallo dei Paesi Ue».
E tre che non servono.
«L'austerità fine a se stessa, l'eccesso di burocrazia sotto forma di vincoli e la sua debolezza sullo scacchiere internazionale che ci espone a molteplici pericoli e per primo al tentativo egemonico cinese su scala globale, che è quello previsto con preoccupazione da molti studiosi della politica internazionale e in particolare della politica cinese. La Cina, con la sua straordinaria potenza è una dittatura comunista e tutti sappiamo che il comunismo non si è mai dato delle frontiere, da sempre vuole essere globale e sta insistendo con tutti gli africani su un invito molto chiaro: ma perché con i vostri un miliardo e mezzo di persone non fate una bella immigrazione di massa in Italia e in Europa che sono i Paesi di quel benessere che desiderate così tanto? A conferma di questo assunto ricordiamoci che da anni la Cina sta colonizzando l'Africa, realizzando opere pubbliche (attualmente sono in corso i lavori per 9 porti, 14 aeroporti, 34 centrali elettriche, 4.500 km di autostrade, seimila km di ferrovie) fornendo armi a quasi tutti i regimi africani, progettando di inviare in Africa trecento milioni di suoi cittadini. Ipotizzabile, possibile, probabile? Non so dirlo ma prendiamo atto che molti osservatori delle aspirazioni cinesi pensano che sia ipotizzabile, possibile, probabile, pensano che questa sia la sfida delle nostre prossime generazioni».
Tre motivi per votare Forza Italia, oltre o compreso lei...
«Noi di Forza Italia ci siamo dati due missioni. La prima, tutta italiana, è quella di estrarre il cartellino rosso per questo governo e cambiarlo quanto prima. Vogliamo fare tornare di moda la competenza. Il secondo è cambiare l'Europa da dentro, magari coinvolgendo, con una diversa alleanza, il nostro Partito popolare europeo con i liberali, i conservatori, le destre democratiche e anche qualche forza sovranista ragionevole. Io sarò lo strumento di questo piano. Con me l'Italia avrebbe finalmente un leader autorevole, impegnato a tempo pieno a difendere gli interessi dell'Italia al Parlamento europeo perché andrò sul serio in Europa a lavorare per il mio Paese, Salvini, Meloni e gli altri leader candidati no: loro stanno chiedendo i voti per l'Europa ma resteranno in Italia».
Ultimo: comunque andrà domani, lei resterà in politica?
«Se prendo un impegno, tengo fede a quell'impegno. Lo farò anche se, come è noto e come sanno bene i suoi lettori, io non mi sono mai appassionato alla politica, non mi ritengo un politico. In ogni caso sono fiducioso che io e Forza Italia domenica riceveremo un considerevole consenso».
Grazie, Presidente.
«Se l'intervista finisce qui mi consenta di ricordare una cosa, perché poche persone lo sanno.
Per mandarmi in Europa non basta mettere una croce sul simbolo di Forza Italia su cui è scritto anche il mio cognome, ma è necessario scrivere il mio cognome nello spazio riservato alle preferenze. Ringrazio anch'io, a presto e un abbraccio affettuoso a tutti i lettori del Giornale».
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