da Roma
La norma sospendi-processi contenuta nel decreto sicurezza all’esame del Senato non è in linea con i principi di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge e con la ragionevole durata del giusto processo. Articoli 3 e 111 della Costituzione: punta sul richiamo ai princìpi fondanti della Repubblica il parere che il Consiglio superiore della magistratura sta preparando per domani sull’emendamento Vizzini-Berselli che sospende i procedimenti per fatti commessi prima del 30 giugno del 2002, la proposta che ha interrotto il dialogo a palazzo Madama tra maggioranza e opposizione.
Mentre la polemica politica s’infiamma sull’emendamento - a poche ore di distanza dall’appello dell’Associazione nazionale magistrati al capo dello Stato -, il Csm mette per iscritto come «bozza di parere» tutti i presunti punti deboli della norma ribattezzata dall’opposizione «salva-premier»: incompatibilità con la Costituzione, un limite temporale per fissare i procedimenti da sospendere che «non ha alcun appiglio logico» e infine l’estraneità di questo provvedimento al pacchetto urgente di norme sulla sicurezza.
Il vicepresidente del Csm Nicola Mancino non più di una settimana fa aveva frenato per due volte le polemiche contro il Consiglio dei ministri su intercettazioni e decreto rifiuti; ieri invece ha appoggiato il parere di bocciatura a cui stanno lavorando i consiglieri togati Livio Pepino, di Magistratura democratica, e Fabio Roia, di Unicost. Una critica a chi governa, questa volta: «Fino a quando l’azione penale è obbligatoria - ha chiarito - ai magistrati non si può chiedere di non fare i processi».
Ai politici si può invece chiedere «di saper scegliere natura, limiti, tempi ed efficacia delle leggi, non espedienti per eluderle». Chi «innesca le polemiche - ha bacchettato ancora Mancino - deve tener conto che il ritorno di tutti alle responsabilità non può che far bene all’Italia».
Parlando della discussione di domani a palazzo dei Marescialli, il relatore Roia ha precisato che «al Csm non compete un vaglio di costituzionalità delle leggi», l’emendamento sui processi ha però «elementi di criticità rispetto alla Costituzione». Ma queste valutazioni sono di competenza della Consulta, è stata la risposta del centrodestra. «È il Parlamento che decide, non è il Csm e neanche i magistrati», ha ricordato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi. La bozza di parere del Csm, ha aggiunto il vicepresidente dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello, sembra «una sentenza della Corte costituzionale». E anche la Lega ha fatto quadrato ieri con gli alleati a difesa di Berlusconi (nonostante la posizione più «neutra» di Maroni): la magistratura continua a comportarsi da «casta», è la valutazione del ministro della Semplificazione Roberto Calderoli, «in maniera corporativa e vittimistica».
Ma per l’opposizione il parere dell’organo di autogoverno dei magistrati deve essere uno stop al premier: «Nessuno, ripeto nessuno - ha avvertito la presidentessa dei senatori Pd Anna Finocchiaro - può non prendere in considerazione» quel che scrive il Csm. «Del caimano Berlusconi non ci si può fidare - ha provocato Antonio Di Pietro -. Ci troviamo agli albori di una dittatura dolce», è stato il suo commento.
Al ministero della Giustizia si sta lavorando intanto al disegno di legge per l’immunità alle cinque alte cariche dello Stato sui binari dell’ex «lodo Schifani». «Non è uno scandalo», ha dichiarato Pierferdinando Casini il leader Udc: «è così in molti Paesi». Il sospendi-processi, ha aggiunto allineandosi invece al Pd, è «uno sfregio al capo dello Stato».
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