Politica

Csm, scatta il soccorso rosso per il Pm criticato da Fini

Ma una relazione di Grasso (Antimafia) evidenzia le pecche dell’inchiesta

Anna Maria Greco

da Roma

Finiscono nel mirino del Csm polemiche e veleni esplosi negli uffici giudiziari di Potenza, dopo la clamorosa inchiesta del pm Henry John Woodcock che ha coinvolto anche Vittorio Emanuele di Savoia e il portavoce di Gianfranco Fini, Salvo Sottile. La presidenza dell’organo di autogoverno della magistratura ha trasmesso giovedì alla prima Commissione (competente per i trasferimenti d’ufficio), le richieste dei cinque togati di Magistratura democratica per l’apertura di due pratiche molto delicate. Una, sui comportamenti del procuratore generale presso la Corte d’appello, Vincenzo Tufano e sui suoi contrasti con il procuratore capo, Giuseppe Galante e altri magistrati del distretto coinvolti nelle intercettazioni giudiziarie. L’altra, a tutela di Woodcock, attaccato sulla stampa da esponenti soprattutto di An.
La corrente di sinistra delle toghe, insomma, cerca di stendere la sua ala protettiva sul pm d’assalto italo-inglese. Qualcuno lo chiama «soccorso rosso». A firmare i due documenti, presentati a palazzo de’ Marescialli il 5 luglio, sono Maria Giuliana Civinini, Luigi Marini, Francesco Menditto, Giuseppe Salmè e Giovanni Salvi. Il tentativo è, dunque, quello di usare la solita tecnica delle «pratiche a tutela» per impedire ogni critica interna ed esterna sull’operato di un magistrato.
Ma pochi giorni prima al Csm è arrivata, proprio dal Pg Tufano, l’informativa riservata del superprocuratore antimafia, Piero Grasso, che appare critica sull’operato di pm e gip. Sottolinea che Woodcock ha richiesto a Iannuzzi l’applicazione di diverse misure cautelari riferendosi a più vicende «non oggetto di specifica contestazione», per dimostrare la pericolosità del principe Savoia, sostenendo che lui e il figlio indagato, Emanuele Filiberto, sarebbero stati interessati all’acquisto di immobili appartenuti a mafiosi e allegando a supporto le intercettazioni telefoniche. Grasso osserva: 1) l’ordinanza del gip riproduce integralmente la richiesta del pm; 2) ambedue parlano di «un soggetto legato alla Direzione nazionale antimafia», mentre nelle 11 conversazioni la Dna non viene mai citata. Solo una volta, un indagato parla di «sequestri dettati dalla divisione investigativa antimafia». Basta per dire, come hanno scritto i giornali, che «il principe puntava a beni mafiosi?».
Ma torniamo alle due richieste dei togati di Md. Quella su Tufano ricorda che il Pg, dopo un’«indagine interna», ha scritto al ministro della Giustizia per chiedere di verificare l’operato del pm, del capo della Procura e del gip Alberto Iannuzzi. Clemente Mastella ha, infatti, inviato i suoi ispettori che hanno terminato il lavoro proprio giovedì. Riferendosi a notizie di stampa, i consiglieri aggiungono che «sarebbero in atto contrasti tra il Pg da una parte e Galante e alcuni suoi sostituti dall’altra». Tufano avrebbe anche chiesto se Galante si è uniformato alla recente legge delega del nuovo ordinamento giudiziario che vieta ai magistrati di parlare delle indagini in corso, riservando al capo dell’ufficio il rapporto con i mass media. Si parla poi di esposti su magistrati dello stesso distretto finiti nelle intercettazioni. La seconda richiesta è in difesa di Woodcock, alla luce di «dichiarazioni che esorbitano dal diritto di critica pur aspra e appaiono espressioni denigratorie tali da colpire il singolo magistrato e la stessa credibilità della funzione giudiziaria».

E vengono allegati articoli di quotidiani in cui Fini, «esterrefatto», definisce Woodcock «fantasioso» e lo invita a «cambiare lavoro» e in cui Gasparri ne parla come di un pm che «spara a vanvera», «a caccia di vittime illustri».

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