RomaIl vicepresidente Nicola Mancino apre il plenum del Csm con la «ferma condanna» dellattacco al premier Silvio Berlusconi, gli fa gli auguri, ripete di «abbassare i toni della polemica».
Ma a Gianfranco Anedda questo non basta. Il laico del Pdl cerca dallemiciclo di palazzo de Marescialli il «mea culpa», lautocritica. E accusa: «Al clima di odio, portatore di violenza, che da troppi mesi è fomentato contro il presidente del Consiglio, non sono estranei alcuni magistrati». Nellaula Bachelet i togati delle varie correnti si agitano sulle sedie, protestano sottovoce. Il Csm è riunito per approvare il parere sul «processo breve»: misure «dannosissime», tali da provocare un effetto «tsunami» per la giustizia. Anedda aveva già pronto il suo intervento per demolirlo, anche a nome del laico Pdl Michele Saponara, e alla fine i loro saranno gli unici due voti contrari. Ma dopo i fatti di Milano ha deciso di iniziare con le frasi di magistrati come Armando Spataro e Antonino Ingroia. «Voglio credere parole non rivolte a provocare o incoraggiare la violenza ma, proprio perché eccessive, oggettivamente causa della violenza». Ancora mormorii di stupore, disapprovazione, tra i consiglieri. Ma Anedda continua. Ricorda «le ripetute grida sullarrogante legislazione» lanciate nel 2004 da Spataro. Legge brani del discorso di Ingroia a novembre al Convegno dellIdv, per indurre le toghe a schierarsi: «Baratro dello stato di diritto», «soluzione finale», «emergenza democratica per lattacco a magistratura e liberta informazione», «Seconda Repubblica figlia di quel patto tra mafia e Stato».
Parte una selva di proteste. Per Livio Pepino di Magistratura democratica lintervento di Anedda è «inaccettabile» e «strumentalizza il gesto di un irresponsabile». Ciro Riviezzo del Movimento per la giustizia dice che non si può «legare le critiche dei magistrati ai fatti di Milano».
Il Csm si spacca: «La colpa è anche di certe toghe»
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