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«A Cuba si rischia un’esplosione di violenza»

Fausto Biloslavo

Marta Beatriz Roque, la dama di ferro dell’opposizione a Cuba, a 60 anni non ha peli sulla lingua: elezioni libere subito, Fidel Castro potrebbe essere già morto e la crisi rischia di degenerare nella violenza. Il Giornale l’ha raggiunta telefonicamente a L’Avana, dove vive sotto sorveglianza della polizia politica cubana. Stranamente i suoi «controllori» non tagliano la linea, alle risposte più scabrose, come era capitato in passato. Marta è un’economista con una condanna di vent’anni sulla testa «per aver cospirato contro la rivoluzione cubana». Arrestata nel 2003, poi rilasciata su pressioni dell’Unione europea, ogni tanto torna in carcere, quando il regime ordina la repressione. Vicina agli esuli cubani di Miami, lo scorso anno ha organizzato la prima riunione pubblica dell’opposizione nell’isola venendo eletta presidente dell’Assemblea per la promozione della società civile, che si propone di impiantare pacificamente la democrazia a Cuba.
Fidel Castro viene dato per moribondo. Lei cosa sa delle sue reali condizioni?
«Molti pensano che non sia moribondo, ma già morto. A Cuba può accadere qualsiasi cosa, perché il governo è tremendamente bugiardo. La stessa situazione si è verificata alla morte di altri dittatori come Franco (il Caudillo spagnolo, nda) oppure di leader cinesi».
Come vive la gente la notizia del passaggio dei poteri a Raul Castro?
«La situazione è tranquilla per ora. In alcune fabbriche sono stati organizzati degli incontri per auspicare la pronta guarigione di Fidel e ribadire la centralità della rivoluzione. Invece colpisce il fatto che nessuno parla di Raul Castro. Non si vede in tv, non fa dichiarazioni ai media, non appare. Raul Castro ha ufficialmente pieni poteri, perché lo ha deciso Fidel, ma la gente non lo prende minimamente in considerazione. Chi vuole Fidel è spaesato perché non ci sono informazioni chiare sulle sue condizioni di salute essendo un segreto di Stato. Chi non lo vuole è preoccupato per il futuro, per come reagirà il governo».
Il fratello di Fidel manterrà lo stesso tipo di regime?
«In una prima fase potrebbe non cambiare nulla, ma durerà poco perché Raul Castro non ha il carisma di Fidel. Inoltre l’appoggio economico che viene dal Venezuela (fondamentale per mantenere in piedi il regime, nda) è veicolato tramite Carlos Lage Davila, segretario del Consiglio dei ministri».
Quindi esistono dei «delfini» più giovani che possono sostituire i fratelli Castro?
«Noi dell’opposizione stiamo lavorando per evitare proprio questo genere di successione. L’obiettivo è che Cuba diventi democratica il prima possibile in nome di una lotta che conduciamo da anni».
Secondo lei c’è nel governo cubano un Gorbaciov che possa riformare veramente il Paese?
«Non credo. Inoltre le forze di opposizione a Cuba, come quelle in esilio (a Miami negli Usa, nda) non lo accetterebbero».
Che ruolo può giocare l’opposizione cubana in questo delicato momento di transizione?
«Noi ci impegniamo affinché la transizione avvenga pacificamente e vogliamo che l’opposizione sia legittimata a livello internazionale per aprire le porte alla democrazia».
In Italia i comunisti, compreso un ministro, hanno mandato messaggi di solidarietà e auguri di pronta guarigione. Pensa che in Europa molti non si rendano conto della reale situazione di Cuba?
«Qualcuno non si accorge della reale situazione di Cuba ed altri non vogliono rendersene conto, perché Fidel organizzava delle visite turistiche per gli amici stranieri portandoli a Varadero (una delle spiagge più belle dei Caraibi, nda) e facendo apparire solo gli aspetti positivi».
La comunità internazionale, compresa l’Italia, può giocare un ruolo nella democratizzazione di Cuba?
«Indubbiamente. La comunità internazionale può giocare un ruolo fondamentale aiutandoci ad avere elezioni generali, multipartitiche, pulite e trasparenti. Sull’isola è da cinquant’anni che non abbiamo potuto andare alle urne democraticamente. Ci sono tre generazioni di cubani che non sanno neppure come votare in un’elezione libera».
Gli esuli a Miami hanno festeggiato alla notizia delle gravi condizioni di Castro. Il presidente del parlamento cubano Ricardo Alarcon li ha bollati come terroristi e mercenari. Cosa ne pensa?
«Come al solito il governo cubano sa solo insultare. Lo ha fatto in passato anche con il primo ministro italiano (si riferisce a Silvio Berlusconi, nda) ed il premier inglese. Questa è la tipica politica cubana: coprire la verità insultando chi non è d’accordo».
Lei e gli altri oppositori potete muovervi liberamente?
«No, perché sono costantemente controllata dagli organi di sicurezza. Il vero problema di Cuba non è legato ad una sola persona, Fidel, bensì alla mancanza di libertà personale, civile, economica e politica. I cubani non sono proprietari della propria casa ed esiste un apartheid turistico, ovvero non possono frequentare determinati alberghi o spiagge. Non possiamo possedere un cellulare o accedere ad Internet».
Esiste il rischio che la situazione degeneri nella violenza?
«Sì, perché chi ama Castro e quelli che non lo vogliono sono all’oscuro di quanto sta realmente accadendo.

In qualsiasi momento questa crisi può esplodere in maniera violenta».

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