Cuba volta pagina ma non cambia: oggi il nome del successore di Fidel

Scontata la conferma al vertice del fratello Raul, è lotta tra 4 emergenti

Mentre continua la visita nell’isola del segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, Cuba si accinge a scegliere il successore di Fidel Castro. Questa mattina alle 10 (le 4 del pomeriggio in Italia) comincerà una storica sessione del Parlamento cubano - dove siedono unicamente deputati indicati dal partito comunista - che avrà, secondo il retoricissimo linguaggio del quotidiano ufficiale Granma, «la trascendentale e storica missione di eleggere \ presidente, vicepresidente, cinque vicepresidenti vicari e il segretario del Consiglio di Stato». In bella sostanza, appunto, il successore del Comandante en Jefe, il Capo, e i suoi principali collaboratori.
Cuba non volta pagina, dunque, perché il potere resta nelle mani dei comunisti, ma il regime sì. L’ottantunenne Fidel, malato e per sua stessa ammissione «esausto», scende dal virtuale trono dell’Avana e si scatena - invisibile al popolo nominalmente sovrano - la lotta per la successione. Che non sembra riguardare in realtà il posto del Numero Uno, che - pare scontato - è già riservato all’eterno Numero Due, il fratello di Fidel, Raul Castro. Il “leader provvisorio” dovrebbe dunque essere oggi, alla bella età di 77 anni quasi compiuti, designato come effettivo. Ma è proprio l’età di Raul a rendere importante la nuova definizione dell’organigramma del partito comunista.
Si giocano questa partita al vertice, salvo sorprese estremamente improbabili, quattro personaggi ben noti della nomenklatura comunista cubana: Ricardo Alarcon, Carlos Lage, Abel Prieto e Felipe Perez Roque. Vediamo nel dettaglio di chi si tratta.
Ricardo Alarcon, il veterano. Ha 70 anni e dal 1993 è presidente del Parlamento. Principale consigliere di Fidel Castro per i rapporti con gli Stati Uniti, è stato ministro degli Esteri e per dodici anni ambasciatore presso l’Onu a New York. Tiene i contatti con i partiti di sinistra in Europa e nell’America Latina. Un “duro”, in tutti i sensi.
Carlos Lage, il medico. Di fatto è il capo del governo cubano, con tutti i limiti di questo ruolo in un sistema autocratico. Ben più importante il suo essere il rappresentante dell’ormai ex Líder Maximo nei vertici internazionali, oltre che membro del «Gruppo di coordinamento e di appoggio», una specie di circolo di amici molto influenti di Fidel Castro. Cinquantasei anni, medico pediatra molto rispettato, è anche esperto di questioni finanziarie ed energetiche. Ha gestito la relativa apertura economica di Cuba (il “periodo speciale”) subito dopo la caduta dell’Unione Sovietica e di recente si è occupato dei vitali rapporti commerciali con il Venezuela di Hugo Chavez, che fornisce all’Avana petrolio a “prezzo politico” in cambio di medicinali e dell’invio di medici cubani.
Abel Prieto, il “moderato”. Esponente relativamente moderato del partito comunista, ha 56 anni. Professore di lingua e letteratura spagnola, è ministro della Cultura da undici anni. È conosciuto come autore di romanzi. Si ritiene che sia favorevole a qualche apertura al pluralismo e comunque una sua ascesa nelle gerarchie indicherebbe almeno l’intenzione di aprire all’Occidente.
Felipe Perez Roque, l’“enfant prodige”. Laureato in ingegneria, a 21 anni era già nel Comitato centrale del Pcc, prediletto di Fidel.

Oggi che ne ha 42 sembra già un veterano, oltre che l’uomo perfetto per incarnare nella transizione al dopo-Castro i disegni dei duri e puri del partito e dell’esercito. Dal 1999 è ministro degli Esteri e non è mai uscito dall’ortodossia del partito, che a Cuba significa dare sempre ragione al Comandante.

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