Cucina

Aosta, la valle dei sapori

Una regione minuscola ma molto ricca di ristoranti di buon livello, con l’eccellenza assoluta di Paolo Griffa al Caffè Nazionale e del Vecchio Ristoro di Filippo Oggioni. Dovunque regna la tradizione, spesso elettrizzata da un tocco di creatività. E dovunque trionfa la sostenibilità

Aosta, la valle dei sapori

La Valle d’Aosta è la più piccola regione italiana, poco più di 3mila chilometri quadrati, il doppio della provincia di Milano ma con un ventiseiesimo della sua popolazione. Eppure è ricca di locali interessanti per cucina e atmosfera. Due sono i locali stellati, il più rimarchevole dei quali è certamente il Paolo Griffa al Caffè Nazionale di Aosta, la cui cucina è affidata a uno degli enfant prodige della cucina italiana, rigoroso, olistico, contemporaneo, attento all’estetica dei piatti quanto al sapore sempre a fuoco e all’aspetto etico della cucina, che lui concepisce come atto di consapevolezza e crescita umana e sociale. Un locale bellissimo, un vecchio caffè al centro del capoluogo valdostano, che Griffa ha voluto riportare allo splendore originario con il recupero dei fregi e degli interni e con il valore aggiunto di una sala decagonale che assomiglia a una cappella gotica dove si celebra la cerimonia di un pasto assolutamente notevole in cui il pensiero si svolge con un senso del gioco e dell’ironia che sventa ogni rischio di pesantezza. Due i menu, uno da cinque portate a 140 euro e uno da sette a 180, in cui lo chef si esprime liberamente. Altrimenti si può attingere alla carta, con piatti ricchi di ingredienti locali mixati a suggestioni italiane, da Viola: patate, fiori, cavoli e caviale al Vaporoso di patate di montagna, brodo di bue torbato e bollito misto, ai Tajarin di farina di castagne e zucca al Filetto di cervo poivré al pepe di montagna. Carta dei vini con oltre mille etichette e servizio a orologeria. Un gran posto, insomma.

Aosta

L’altro stellato regionale è sempre ad Aosta: il Vecchio Ristoro, che trova spazio in un vecchio mulino del 1600, dove lo chef Filippo Oggioni, evita tecniche troppo elaborate puntando su una sua reintepretazione di una cucina classica di salse e condimenti, che guarda all’Italia ma anche alla vicina Francia e che segue il flusso delle stagioni con fedeltà. Gli ingredienti sono tutti di piccoli produttori locali, gli ortaggi arrivano dagli orti di Sarre e Charvensod. I menu giocano sulle polarità dei gusti estremi (il salato, il dolce, l’amaro, l’acido) e si può declinare in cinque passaggi vegetali, in cinque passaggi tradizionali e sette passaggi, ai prezzi rispettivi di 95, 110 e 145 euro. Tra i piatti il Carciofo al vapore con prezzemolo e limone, la Minestra di cavolo nero, chiocciole trifolate e mandorla, il Plin di patata ratta affumicata e caviale osetra e il Piccione in umido alla aostana. Ricca carta dei vini, servizio accurato affidato alle cure di Paolo Bariani, socio dello chef. Sempre ad Aosta indirizzi da ricordare sono lo Stefenelli Desk, l’informale ma goloso Gina e la ruspante Osteria da Nando. Nella vicinissima Saint-Christophe segnalo l’Atelier 26, un locale esplicitamente francese (i due titolari arrivano da lì, sono Regis Le Vouedec, in cucina, e Mélanie Lugon) che praticano una cucina sperimentale e tecnica con piatti come Le Foie gras de canard poelé, il Mi-cuit di tonno e Le Dos de Cabillaud, un filetto di merluzzo con fonduta di porro profumata con scorza di limone e sugo di conchiglie. Da non perdere i dolci come il Paris-Brest al pistacchio.

Commovente il prezzo del menu degustazione, 55 euro per cinque piatti (due antipasti, due piatti principali, un dessert). Naturalmente Val d’Aosta vuol dire anche montagna, quella dei rifugi e quella delle località alla moda. Come Courmayeur, dove gli indirizzi “giusti” sono il classicone Pierre Alexis 1877, con una cucina assai personale e piuttosto robusta anche se non prima di spunti; l’ambizioso L’Armadillo in località La Palud, dove lo chef giapponese Satoru Ueda porta un tocco esotico a una cucina che guarda comunque al territorio; e Le Bistrot del Grand Hotel Royal e Golf dove lo chef Emin Haziri mostra mano felice nel mischiare suggestioni differenti (vedasi l’Animella, nocciola, ricci di mare e pomodoro). Nella vicina Morgex spicca il Café Quinson dello chef Agostino Buillas, dall’eleganza rustico-chic e dalla cucina di montagna ricca di erbe, radici e ortaggi che arrivano dal vicino orto sinergico. A Saint Vincent da segnalare Le Grenier, ospitato come dice il nome in un vecchio granaio: contesto rurale, qualche utensile antico come decorazione ma una cucina sorprendentemente attuale curata dagli chef Bruno e Stefano Mazzotti: due le carte, una più territoriale (Guancia di vitella in carbonada e polenta) e una più creativa (Lingua alla brace, scaloppa di foie gras, liquirizia e lamponi). A Cogne abbondanza di scelta: il folclore del Bar à Fromage, una casera rustica con una proposta più ricca di quanto il nome possa fare intendere, l’eleganza del Coeur de Bois, con la sua proposta classico-contemporanea arricchita dalla magnifica vista sul Parco Nazionale del Gran Paradiso, e la coerenza territoriale di Le Petit Bellevue, dove lo chef Niccolò de Riu regala meraviglie con il Salmerino di Lillaz e le sue uova con burro alpino profumato all’achillea e il Cervo profumato al mirto e ginepro, cavolo nero. Infine un locale di Sarre: la Trattoria di Campagna, un locale che già dal nome definisce il suo manifesto, una cucina di tradizione e territorio con un tocco di eleganza.

Tutto è gestito dalla famiglia Cortese, Sabrina in cucina, Mauro ed Enrico in sala e Beatrice in cantina.

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