
Nella Roma sempre più attraente per i grandi gruppi dell’hotellerie di lusso, da qualche anno c’è un gioiello nascosto, il The Edition in Salita di San Nicola da Tolentino, tra piazza Barberini e via Veneto, zona strategica del centro cittadino. Un luogo che induce al riposo e alla meditazione, al riparo dal traffico feroce di Roma grazie alla posizione defilata, e che conta sul design spettacolare di Patricia Urquiola, che in questo caso ha saputo vivacizzare in modo rispettoso l’architettura razionalista di Marcello Piacentini (e Cesare Pascoletti).
All’altezza di questa grande bellezza si pone l’offerta gastronomica della struttura, con il cocktail bar Punch Room, il rooftop Il Tetto, una prima colazione spettacolare che (scelta lungamente meditata) non propone il solito buffet d’assalto ma una scelta soltanto alla carta e il ristorante più in vista, dall’impegnativo nome di Anima. Qui ha trovato la sua Itaca Antonio Gentile, napoletano di Ercolano, che ha scelto di unire le sontuose suggestioni delle sue origini alla nuova nobiltà della cucina romana, quella che è più cresciuta in Italia, tra le tante regionali, in termini di attenzioni e successo.
Io ho mangiato nel quieto giardino rigogliosamente verdeggiante, in un clima da festa creato dalle tante lanterne accese, una situazione davvero perfetta per godermi, come amo fare, il quieto via vai di ospiti in ghingheri. Naturalmente ho potuto farlo perché Roma mi aveva riservato una serata mite, ma quando la stagione non lo consente si può mangiare nella Chartreuse Room, arricchita da 115 fotografie in bianco e nero scattate dallo storico paparazzo Elio Sorci nella Roma degli anni Cinquanta e Sessanta, che gode anche della vista della cucina; oppure nella più riservata Yves Klein Blue Room, ricca di pezzi di arte e di designa.
In questo contesto che celebra al contempo una Roma che non c’è più e una Roma che sembra aver ritrovato il gusto di stare al centro della scena, ho potuto apprezzare l’idea di chef Gentile di non cercare la legittimazione del fine dining che un contesto tanto elegante avrebbe potuto incoraggiare, scegliendo piuttosto una elegante cucina di territorio (anzi, di due territori) bene eseguita, ciò che sembra interpretare con maggiore fedeltà lo Zeitgeist.
A cena Gentile ha scelto di non proporre menu degustazione, ormai spesso visti come un’imposizione, ma una carta ben congegnata, che riserva molte piacevoli sorprese. A partire dal benvenuto, che è già derby Roma-Napoli: una crocchetta alla genovese, un burro e alici su una foglia croccante e una bruschetta al pomodoro. Poi arriva una Caprese di gamberi, con mozzarella e otto diverse cotture di pomodoro, ingrediente che nel corso della serata si rivelerà il vero feticcio dello chef, che in questo caso è valorizzato anche in una coulis cotta a bassa temperatura per quattro ora ma il risultato è che sembra cruda.
Poi ancora Napoli con un “twist” dell’Insalata di rinforzo, classico piatto di recupero del Natale partenopeo, dove il tonno è sostituito dall’alalunga e una riduzione di pesce con maionese. Poi di nuovo Roma e ancora un gioco di illusionismo con una Pizza prosciutto e fichi in cui il prosciutto è interpretato da un carpaccio di manzo affumicato e Gentile aggiunge del pecorino in pralina e una focaccina con fichi.
Si entra nel vivo con uno dei piatti icona dello chef, uno Spaghettone al pomodoro (“casa mia a tutti gli effetti”, dice lui) realizzato con pomodori vesuviani lavorati in modo che scompaia quasi del tutto l’acidità ma non la cremosità. Un piccolo capolavoro, davvero. Poi del Fusilloni cotti nell’acqua di pomodoro, mantecato con pesto di friggitelli, e friggitelli al forno e fritti. Quindi un Pollo e peperoni, classico piatto del Ferragosto romano, preparato in modo classico e infilato dentro a un tortello. Quindi un Agnello alla brace con melanzana in carpione e un provvidenziale tocco di liquirizia, e accanto un arrosticino realizzato con i ritagli dello stesso agnello.
I dolci sono un capitolo a parte, realizzati da Giulia Zarattini, pasticciera formatasi alla scuola del grande Gabriele Bonci. Ecco un’Idea di pastiera, che rivoluziona il classico dolce pasquale napoletano, e un Maritozzo poco rivoluzionario ma buonissimo, il migliore da me mangiato negli ultimi tempi.
In sala tutto fila liscio grazie allo sguardo attento del restaurant manager Benito Colonna, la cantina è affidata
ad Aires Da Silva mentre il maître di sala è Julian Valle.Anima è aperto anche a pranzo (alla carta o con una formula business lunch a 40 euro con due piatti, acqua e caffè) e la domenica per un brunch di grande successo.