«Nel romanzo conosci le persone senza vederle, nel film le vedi senza conoscerle». Dunque: la partita fra letteratura e cinema la vince la letteratura o finisce in pareggio? La frase, sibillina, appartiene a un personaggio de I vedovi , romanzo datato 1970, e oltre che sibillina appare un tantinello polemica, se si pensa che gli autori di quel noir eccellente sia nella scrittura sia nella trama avevano già visto due loro opere altrettanto di pregio trasposte sul grande schermo. E non certo da due sprovveduti: da Celle qui n'était plus Henri-Georges Clouzot aveva tratto molto liberamente Les diaboliques , e D'entre les morts era stato rielaborato, previo trasferimento dalla Francia a San Francisco, da Alfred Hitchcock in Vertigo (da noi noto soprattutto con il titolo La donna che visse due volte ). Diciamo che nell'ipotesi più «buonista» quei due, mettendo in bocca all'enigmatico Garavan il suggestivo aforisma si sono tolti un sassolino dalle scarpe...
Quei due sono Pierre Boileau e Thomas Narcejac (pseudonimo di Pierre Ayraud) che la casa editrice Adelphi sta per rilanciare in grande stile pubblicando molte loro opere. Volendo etichettarli in qualche modo, più che «l'Ellery Queen di Francia» andrebbe bene «i Fruttero e Lucentini d'Oltralpe». Perché se Frederic Dannay, nato Daniel Nathan, e Manfred Bennington Lee, nato Manford Lepofsky, gemellatisi appunto sotto l'insegna Ellery Queen, del genere poliziesco-noir-giallo hanno scandagliato quasi esclusivamente la dimensione meccanica e cerebrale, la ditta F&L dava il meglio di sé nel filtrare attraverso l'indagine psicologica il rigido schematismo prodotto dal triangolo vittima-assassino-detective.
Nella cooperativa Boileau-Narcejac, il primo fungeva da scienziato, il secondo da filosofo, nel senso che il primo creava lo scheletro della struttura e dell'intrigo, il secondo lo rivestiva con gli organi, i muscoli e il sangue dei protagonisti. Boileau (1906-89) era figlio di un dirigente di un'agenzia marittima, fece studi commerciali e lavorò per una rivista di pubblicità. Narcejac (1908-98) fece studi umanistici e insegnò a lungo filosofia. Erano perfetti per completarsi a vicenda, avendo in comune la predilezione per la letteratura di genere, come testimonia la loro produzione da... single prima del fatale incontro. Che avvenne nel '48 durante una cena in una brasserie di Parigi per festeggiare Narcejac, vincitore del «Prix du Roman d'Aventures» con La mort est du voyage (per inciso, Boileau aveva vinto lo stesso premio nel '38 con Le Repos de Bacchus ). Il primo frutto della loro collaborazione fu, nel '51, L'ombre et la proie , firmato con lo pseudonimo Alain Bouccarèje. Al quale seguirono, con la doppia firma, una cinquantina di romanzi, un'ottantina di racconti e due saggi sul roman policier .
«In linea di massima - scrive Claudio G. Fava nella Nota all'edizione Sellerio del 2003 di La donna che visse due volte - appaiono sensibili ad un poliziesco senza liturgia investigativa ortodossa, senza enigmi formali affrontati burocraticamente, se possibile senza investigatori ufficiali, ma semmai immerso in un clima insieme lucido e grigiastro, in una sorta di perenne nebbia ossessiva evocata con minuziosa intenzione pararealistica». Più Simenon che Conan Doyle, più Chandler che van Dine, insomma.
Il Roger Flavières di D'entre les morts è infatti molto più tormentato del John «Scottie» Ferguson impersonato da James Stewart nell'hitchcockiano Vertigo . Anche per via dei tempi di guerra che soffiano sul romanzo: «Non faceva più differenza fra la catastrofe nazionale e la propria. La Francia era Madeleine sfracellata e sanguinante ai piedi di un muro». E il Serge Mirkine di I vedovi ( Les veufs ), corroso da una gelosia che a tratti assume toni grotteschi se non addirittura comici, finisce in un gorgo che lo annienta. Flavières e Mirkine sono i campioni di una sorta di élite di dannati che comprende anche il Fernand Ravinel di Celle qui n'était plus e il mefistofelico professor Marek di ... Et mon tout est un homme (tradotto in italiano, da Feltrinelli nel '67, con un più orrorifico Pezzi d'uomo scelti ), prefigurazione di tanti cervelloni folli tanto cari al gotico e allo splatter. Hanno tutti qualcosa in comune con il commissario Matthäi di La promessa di Dürrenmatt, il quale confessa a uno psichiatra: «Io non volevo mettermi sullo stesso piano del mondo, volevo dominarlo come un routinier, non soffrire con esso.
Volevo restargli superiore, fargli fronte senza perdere la testa, e dominarlo da tecnico».Ma come lui capiscono che la tecnica non basta, per sopravvivere. In altri termini, Boileau non basta, ci vuole anche Narcejac per comporre la coppia più umanamente diabolica del Novecento letterario.
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