Venezia - Stupisce la dichiarazione rilasciata in questi giorni da Massimiliano Gioni, secondo la quale il suo «Palazzo enciclopedico» vuole prendere le distanze dalle ultime edizioni della Biennale, dove le artistar la facevano da padrone, e ipotizzare piuttosto una grande collezione di un museo trasversale e policentrico. A ispirarlo pare sia stata una delle mostre più discusse e maltrattate dalla critica, quell'«Identità e alterità» curata da Jean Clair che all'epoca, eravamo nel 1995 al centenario della Biennale di Venezia, fu bollata come passatista e reazionaria. A distanza di 18 anni è proprio il guru del pensiero anti-contemporaneo, protagonista di memorabili polemiche contro il sensazionalismo e la provocazione fine a se stessa, ad aver stimolato il giovane erede Gioni a smetterla con le parate di superstar incensate dal mercato e dal sistema, e a lasciare a casa quei nomi su cui molti avrebbero scommesso, l'amico Cattelan e tutti i vari Hirst, Seagal, Barney, Kapoor ecc... Certo, alcuni immarcesbili ci sono sempre: Nauman, Fischli & Weiss, Sherman, Althamer, Steve McQueen, la Merz ma ben poco se si confronta con il passato prossimo: meno Arte Povera, minimalismo, concettuale astruso e l'insopportabile video arte. Oggi ne sapremo di più, per il momento possiamo intuire, leggendo tra le righe delle sue interviste e filtrando le indiscrezioni, che quella di Gioni sarà una mostra dallo spiccato taglio antropologico. Sulla carta, insomma, un doppio salto carpiato dove il margine di rischio è elevatissimo e dove forse solo una distanza storica abbastanza ampia consentirà una lettura serena, proprio come accade ora, finalmente, per Jean Clair.
Dopo anni di biennali globali che si rincorrono da Venezia a Istanbul, dalla Corea a New York, costruite con la medesima logica dei cataloghi d'asta Christie's e Sotheby's o del gusto imperante alla fiera di Basilea, autentico tempio del contemporaneo dal conformismo che non lascia scampo, la mostra del 2013 nasce su altri presupposti: il sistema dell'arte si regge su regole fittizie mentre per recuperare la creatività tocca indagare le zone d'ombra. Se dunque l'artista non è solo espressione di un accordo tra mercanti, musei e fondazioni, finalmente possono passare anche gli «altri», quelli che hanno fatto arte con diverse motivazioni, necessità esistenziali, un vissuto borderline.
Nella preparazione di questa Biennale e nei lunghi soggiorni in America, Gioni ha detto di aver visitato quei musei di Folk Art che costituiscono la base dell'antropologia culturale degli States e in mancanze di pinacoteche storiche raccolgono le tracce del passato. Mentre Jean Clair applicò alla sua ricerca il metodo lombrosiano della fisiognomica, qui il curatore fa entrare in rotta di collisione le artistar superstiti a quegli irregolari che hanno attraversato buona parte del XX secolo: la svedese Hilma af Klint esperta in filosofie esoteriche; Levi Fisher Ames, ebreo americano, autore di un bestiario fantastico alla Borges; Frédéric Bouabré, africano amico di Alighiero Boetti e straordinario disegnatore naïf; Aleister Crowley, esoterista tra i fondatori dell'occultismo; il fotografo belga Norbert Ghisoland, ossessionato dal tema del doppio; Emma Kunz, svizzera guaritrice attraverso la terapia dei colori; Augustin Lesage, proveniente da una famiglia di minatori, analfabeta, divenuto poi per «ispirazione divina» assertore dell'arte medianica; e infine la nostra Carol Rama, che torna a Venezia dopo 10 anni, simbolo di una femminilità trasgressiva ma comunque appartata.
Di questo strano e imprevisto match non è chiaro chi sarà il vincitore: se davvero si è aperto un fronte e se gli outsider cominceranno davvero a valere qualcosa, dal punto di vista della critica e del mercato, o se la loro inclusione a Venezia rappresenterà un'anomalia, una trovata, e poi quando ci sarà da fare i conti sarà sempre il sistema a determinare il valore reale e premiare come sempre insider e artistar. Chi ci ha provato in passato, vedi Clair ma in fondo lo stesso Sgarbi col Padiglione Italia dove saltarono tutte le gerarchie, non è riuscito nella rivoluzione. Sarà più fortunato Gioni?
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