Due anziani signori, eleganti e imbiancati dal tempo, si stringono la mano in un museo di aeroplani. Sono trascorsi trent’anni precisi dalla prima volta. Erano in Norvegia, c'era la guerra, tanta neve, e loro erano entrambi piloti, piloti di guerra. Sembra quasi un déjà-vu.
È l'aprile del 1940, quando la Blitzkrieg - la guerra lampo che ha permesso alla Germania nazista di occupare rapidamente la Polonia - irrompe nella penisola Scandinava con l’obiettivo d’impossessarsi delle riserve di minerali, in particolare modo ferro, che in Norvegia abbondano. La "Strana guerra", quella che gli inglesi hanno combattuto fino a qual momento sparando pochi colpi, inizia a prendere una piega differente. Nel tentativo di preservare le risorse norvegesi e scoraggiare Adolph Hitler a proseguire la sua conquista indiscriminata dell’Europa, Londra invia le sue portaerei nei gelidi mari del Nord, per condurre missioni di bombardamento su Narvik e intercettare gli incrociatori della Kriegsmarine alla fonda. Dai ponti della HMS Ark Royal e della HMS Furious, decollano le formazioni di bombardieri imbarcati, i Blackburn Skua, lenti e mal armati bombardieri in picchiata del Fleet Air Arm, la nuova aviazione della Royal Navy.
Un duello inconsueto
Della dozzina che ne verranno abbattuti, uno, decollato il 27 aprile dalla Ark Royal, è pilotato dal capitano dei Royal Marines Richard Partridge. A bordo con lui, nel sedile posteriore, siede l’armiere, il tenente Robin Bostock. Fa parte di una formazione di tre apparecchi che fungono da scorta per un convoglio di navi quando scorgono tra le nuvole un solitario Heinkel He-111, un bombardiere medio della Luftwaffe tedesca. Era decollato da una base della Danimarca occidentale, parte di formazione più ampia invita a bombardare l’incrociatore britannico HMS Flamingo. Ai suo comandi c’è il sottotenente Horst Schopis. Lo Skua ingaggia l’Heinkel che si è perso, il duello tra i due bombardieri corre per qualche decina di chilometri nell’entroterra, tra le vette innevate e le distese deserte, abitate solo da renne e lepri artiche.
Partridge bersaglia il bombardiere tedesco con le sue mitragliatrici alari centrando più volte il sinistro, costringendo Horst a un atterraggio di fortuna nei pressi del lago Heilstugu. Mentre lo Skua è sulla coda del Heinkel però, uno dei mitraglieri mette a segno un colpo fortunato, che centra proprio il tubo dell’olio del bombardiere inglese. Il motore si ferma di botto: anche lo Skua è costretto ad un atterraggio d’emergenza. Partridge individua quella che sembra essere una spianata e ci plana sopra. Si rivelerà essere il lago ghiacciato di Breidal, completamente ricoperto dalla neve.
Entrambi gli atterraggi d’emergenza vanno a buon fine. Schopis e il suo copilota, Karlheinz Strunk, escono illesi della bimotore sprofondato nella neve fresca. L’aviere Josef Auchtor, uno dei due mitraglieri, è rimasto ferito ad un braccio. Non c’è più nulla da fare invece per Hans Hauck, l’altro mitragliere che è rimasto ucciso da una raffica durante l’azione.
La neve è alta due metri e i tedeschi decidono di mettersi subito in marcia per raggiungere il primo riparo che sperano di trovare in direzione della costa. A poco più di un miglio di distanza sta accadendo lo stesso. I due aviatori inglesi sono sopravvissuti all’atterraggio; e poiché sono probabilmente caduti in territorio nemico, soli e armati soltanto di una rivoltella , si catapultano fuori dall’abitacolo. Sparano uno dei razzi di segnalazione sul serbatoio - per rendere inservibile l’aereo che potrebbe cadere in mano nemica - e si dirigono verso quello che sembrerebbe essere un rifugio di caccia. Ci sono punti in cui la neve raggiunge addirittura i cinque metri, ma i due inglesi , sebbene a fatica, riescono a raggiungere il rifugio prima di sera e si sistemano. Poco dopo però, la porta si spalanca. E non si tratta di cacciatori norvegesi. Sono i tre aviatori avversarsi, che come loro vogliono sfuggire alla morte per ipotermia nelle desolate lande norvegesi. Il pilota inglese, con modi da gentleman, mette da parte ogni sorta di bellicismo e porge la mano all'ufficiale tedesco, un segno di pace. Schopis, inizialmente restio, gli concede la stretta. "In quell’istante – racconterà poi Horst - non avevo nessuna la voglia di dargli la mano".
Quasi "amici"
Dopo le dovute presentazioni, i due ufficiali in comando cercano di comunicare tra loro: qualche parola di inglese, un po' di tedesco, molti gesti. Gli equipaggi avversari si confrontano sull'accaduto. I tedeschi credono di esser stati abbattuti da tre temibili caccia Spitfire, non da un singolo e poco agguerrito Skua. Il pilota inglese invece, che conosce la verità, si inventa una storia diversa per non rischiare ritorsioni: lui e il suo armiere facevano parte dell'equipaggio di un bombardiere, un Wellington caduto quella stessa mattina, nelle vicinanze di Narvik. Si sono lanciati con il paracadute e si sono ritrovati lì, come loro.
Nessuno sa dove si trovino di preciso, se nella Norvegia occupata dai tedeschi, o se in quella prossima alla costa dove sono sbarcati i commando inglesi. Sono dispersi, e tutti potenzialmente prigionieri, di una parte o dell’altra. La decisione è quella di stabilire una tregua per fronteggiare insieme due minacce che alle lunghe possono rivelarsi letali come i proiettili: il freddo e la fame. L'aviere ferito viene medicato e il rifugio perquisito. In una credenza vengono scoperti del caffè e dei biscotti - che vengono razionati per cinque. E dopo una certa diffidenza reciproca, i nemici passano la notte insieme, quasi fossero “camerati". Il giorno seguente, i tedeschi escono per una ricognizione, e tornano con un regalo da condividere con gli altri ospiti del rifugio: sigarette e biscotti trovati in un albergo abbandonato nelle vicinanze. Quel gesto sancisce l’amicizia tra i due equipaggi. I due ufficiali studiano insieme le mappe per cercare di capire dove sono caduti e ipotizzare una via di fuga congiunta dalle montagne - sebbene gli inglesi abbiano un piano differente.
Partridge, che ispezionando a sua volta l’albergo abbandonato aveva trovato degli sci, intende abbandonare i piloti tedeschi insieme a Bostock, mentre gli avversari dormono. Il rumore, tuttavia, lo tradisce, obbligando il gruppo ad uscire tutti insieme per una ulteriore ispezione del territorio. Durante l’escursione verranno sorpresi da una pattuglia di scout norvegesi di passaggio (alleati degli inglesi) e si verificherà un tragico incidente. Dal fucile di uno degli scout, parte un colpo che uccide accidentalmente Strunk. Horst è sconvolto, ma non c’è nulla da fare.
Le strade si dividono
Poiché la Norvegia era alleata della Gran Bretagna, i due aviatori inglesi vengono immediatamente scortati fino Andalnes, per poi essere evacuati in Inghilterra a bordo della HMS Manchester. Torneranno entrambi in servizio attivo presso il gruppo aereo imbarcato sulla Ark Royal. Continuando a volare in coppia sugli Skua, prendendo parte altre missioni fino a quando, il 13 giugno, durante un attacco portato contro l’incrociatore tedesco Scharnhorst, verranno pesantemente bersagliati dalla contraerea. Bostock rimane ucciso. Partridge gravemente ferito, ma sopravvivrà a quell'azione e alla guerra.
Horst Schopis e l'aviere superstite vengono fatti prigionieri. Costretti in un granaio nei pressi di Stryn prima di essere internati in un campo di prigionia in Scozia, finiranno in un altro campo in Canada. Horst verrà liberato solo nel 1946. Il bombardiere tedesco verrà rimosso, mentre lo Skua - nome preso in prestito da una razza uccelli marini predatori - rimarrà sul lago ghiacciato per settimane fino a quando il calore non scioglierà l'acqua lasciandolo scivolare sul fondo. A 24 metri di profondità. Rimarrà lì per oltre trent'anni, finché una spedizione della Royal Navy non deciderà di recuperarlo dopo la segnalazione dei un gruppo di sub locali.
Di nuovo insieme
Lo Skua ritrovato troverà posto nel museo del Fleet Air Arm in Inghilterra. Ed è proprio lì, che i due piloti avversari si rincontrarono stringendosi di nuovo la mano. Era il 1977.
Quando il gruppo noto come Operation Skua decise di organizzare un randez-vous in Norvegia per visitare i luoghi di questi straordinari avvenimenti, Richard Partridge era ormai morto. Horst Schopis aveva 92 anni. E decise di suo compleanno in compagnia del figlio di Richard, Simon Partridge, e dei tutti coloro che avevano partecipato al recupero del relitto e alle ricerche. Insieme a loro, erano anche diversi piloti di Skua che come Partridge erano sopravvissuti al conflitto. Gli vennero regalate le fotografie del foro di proiettile che aveva centrato precisamente il tubo dell’olio del suo avversario, facendolo precipitare. E il pilota tedesco rivelò a tutto come si fosse sempre domandato "come avessero fatto a mandarlo giù". Il gruppo visitò anche il casino di caccia. Vennero messe delle sedie in cerchio, e ancora una volta servito caffè caldo e biscotti. Come nei giorni dell'amicizia tra i piloti avversari.
Fu allora che Horst, confidò nel pieno della commozione al figlio di Partridge che era stato suo padre ad avergli in qualche modo reso salva la vita abbattendolo quel giorno d'aprile del 1940. Tutti gli equipaggi della vecchia squadriglia di Horst avevano trovato la morte tra la Battaglia d’Inghilterra e il fronte russo. Lui era uno dei pochissimi piloti superstiti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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