Una mappa aggiornata dell’inarrestabile ascesa delle frange più radicali dell’Islam nel Vecchio Continente. “Allarme Europa-Fondamentalismo Islamico nella nostra Società” è il titolo del saggio pubblicato dalle edizioni G-Risk per la collana “Servizi e Segreti” firmato dall’esperto di sicurezza svizzero Stefano Piazza che lo ha scritto con la collaborazione del responsabile delle pagine degli Esteri del Corriere del Ticino Osvaldo Migotto.
Il libro prima di tutto, è una sorta di manuale di navigazione nel sulfureo mondo del fondamentalismo islamico europeo (e un capitolo è dedicato anche al loro paese, la Svizzera), ma è anche se non soprattutto un segnale d’emergenza per una minaccia che, secondo gli autori, non è del tutto compresa. Un libro coraggioso, utile per capire cosa sta accadendo, un prontuario di sigle, molte biografie, concetti utili e un riepilogo di fatti che certificano il tentativo di una parte del mondo musulmano di imporsi e di soppiantare le società che lo ospitano alle quali oggi si ribellano.
«Questa ricerca – si legge all’inizio del libro – è un tentativo di raccontare la silenziosa ma micidiale diffusione in Europa delle versioni estreme dell’ideologia islamista-salafita avvenuta nel corso degli ultimi decenni». Piazza e Migotto segnalano l’avanzata dei radicali musulmani e denunciano chi l’ha favorita, ovvero «un enorme flusso di petroldollari» e la «sprovvedutezza delle classi dirigenti di molti Paesi del continente europeo che, succubi della necessità di petrolio e abbagliati dal denaro proveniente dal Golfo Persico, hanno fatto sì che si diffondesse nel nostro continente il wahhabismo. Salafiti? Wahhabismi? Niente paura: il saggio è destinato al lettore comune che trova subito delle schede didattiche con spiegazioni semplici dei termini gergali utilizzati (come salafismo, wahhabismo e Fratellanza Musulmana). Un ABC che introduce rapidamente il lettore a sigle, personaggi e movimenti che dominano la cronaca dei nostri giorni. In particolare alla realtà dello Stato islamico che – questa è la tesi preoccupante del libro – proprio perché in Medio Oriente si sta sgretolando, rischia ora di cercare la propria ribalta colpendo l’Occidente in modo ancora più violento di quanto non abbia già fatto al Bataclan, a Nizza, a Bruxelles o a Berlino e Londra.
La mappa dell’Islam radicalizzato in Europa è inquietante. Si parla di «Balcanistan» (i Balcani sono una delle basi più attive nel reclutamento dei foreign fighters per l’ISIS) e il «fallimento tedesco», dove crescono movimenti come Milli Görüs, la più grande associazione islamica di origine turca, e il pericolo di infiltrazioni terroristiche fra i migranti. E dove l’accoglienza di migranti della Merkel ha scatenato la reazione di partiti come l’Alternative für Deutschland. Nel saggio si descrivono con dovizia di particolari i quartieri radicalizzati del Belgio: «A Molenbeek oggi hanno sede 22 moschee ufficiali e decine di ritrovi e case di preghiera dove il salafismo radicale si è sviluppato grazie a un’incessante propaganda sotto gli occhi benevoli del sindaco». E si ricordano Paesi come l’Olanda dove il terreno per l’islamismo radicale è fertile da tempo, «come dimostrato già nel 2004 dall’assassinio del regista Theo Van Gogh», autore del controverso film Submission. Il tollerante Nord del Vecchio Continente deve fare i conti con gruppi come Hizb ut-Tahrir («partito della liberazione») in Danimarca, Profetens Ummah («comunità del profeta») in Norvegia e altri analoghi in Svezia. Paese, quest’ultimo, dove, «con il fallimento delle politiche d’integrazione e la crescente disoccupazione giovanile, si sprigionano energie negative di ogni genere: come il neonazismo con gli estremisti di destra che nel 2015 si sono resi protagonisti di diversi attentati contro le moschee di Uppsala, Eskilstuna ed Eslöv». Ampio spazio è dedicato alla Gran Bretagna nel capitolo «L’Emirato britannico» alla Spagna, primo Paese occidentale colpito duramente, dopo l’11 settembre, con quasi 200 morti nel 2004, alla «Francia ferita» delle Zones urbaines sensibles, all’Austria divisa tra influenza turca e araba e all’Italia che fino ad oggi ha evitato episodi stragisti come quelli che hanno messo in ginocchio i suoi vicini.
Nell’insieme emerge l’impressione di un continente lento a comprendere il fenomeno del radicalismo islamico che tocca e da vicino anche la Svizzera. Gli autori mettono a fuoco realtà controverse come la moschea An’Nur di Winterthur al centro dei fatti recenti e ricordano il blitz nel quale era stato arrestato un imam etiope (Shaik Abdurrahman) e altre tre persone. L’imam che nei suoi sermoni invitava a «uccidere e a denunciare i musulmani che non partecipano alle preghiere comuni». Gli autori senza giri di parole pongono domande severe su realtà come l’organizzazione salafita “Consiglio Centrale Islamico Svizzero” e il suo controverso fondatore, Nicolas Andrev Blancho. Non mancano i profili di alcuni jihadisti che in Svizzera hanno a lungo vissuto o si sono affermati nello sport come il campione di kickboxing Raim Moutaharrick che si allenava in Canton Ticino da poco condannato a sei anni in Italia. Questo saggio potrebbe essere una sorta di prontuario argomentativo per chi vede nell’Islam un nemico frontale dell’Occidente ? No perché gli autori ci ricordano che solo una minima parte dei due miliardi di musulmani è estremista. Da segnalare infine anche le tre interviste ben integrate nel libro, al noto esperto di strategia militare e geopolitica Edward Luttwak, all’ex premier italiano Massimo D’Alema e a Saida Keller Messahli leader del “Forum per L’Islam Progressista in Svizzera”.
Un libro a tratti duro, un pugno nello stomaco che
spiega come l’Europa sia diventata una “fabbrica di estremisti” con i quali purtroppo avremo e per molto tempo, ancora a che fare.Daniele Lazzeri
Chairman think tank “Il Nodo di Gordio”
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