«Sapete, la maggior parte delle memorie sono inventate, ma nessuno se ne accorge mai. Allora perché privarsi del piacere di raccontare una vita che non si è vissuta ma che si avrebbe voluto vivere?» disse in un'intervista Roland Topor, uno di quei tanti francesi bizzarri destinati a restare conosciuti da pochi, ma per quei pochi geniali personaggi di culto. Non pensate alla moda spompata dell'«autofiction», che in genere fa sbadigliare perché gli autori, specie se italiani, le vite se le inventano più tristi di quelle che vivono.
Invece volendo Topor (1938-97) ne avrebbe da raccontare, per esempio anche quando mette piede in Italia lascia qualche segno: Federico Fellini gli affida i disegni della lanterna magica di Casanova, Giorgio Pressburger lo ingaggia per realizzare la scenografia e i costumi dell'opera lirica Le gran Macabre, e sempre qui fonda il Movimento Panico, un'ultima paradossale avanguardia («tutto ciò che amava il Surrealismo ma senza Breton a sorvegliarci»).
Tuttavia per Topor tutto questo era poco rilevante e non meritava di essere raccontato. Non almeno nelle Memorie di un vecchio cialtrone, autobiografia immaginaria appena pubblicata per la prima volta in italiano da Voland (la prima edizione francese è dell'84), nella quale, seguendo il narcisistico racconto della voce narrante, si ripercorre tutta l'arte del XX secolo in chiave paradossale, satirica, esilarante. Come sarebbe riuscito a fare Woody Allen, probabilmente, e come non riuscirebbero mai a fare i nostri comici, insabbiati nella banalità delle imitazioni politiche da bar. Topor ha lo sguardo di Céline con lo spirito di Groucho Marx o di Totò, è un Barney Panosfky in versione dada.
Si scopre quindi che il nostro eroe cominciò a dipingere nella Parigi delle avanguardie, accompagnato da un amico, Frantz K. (che aveva a sua volta un'amica poetessa: Rainer Maria Rilke). E lì cominciò a sperimentare, incontrando piccoli artisti che diventeranno grandi grazie alle sue idee. Insomma, non crediate il cubismo l'abbiano inventato Picasso e Braque. Figuriamoci, l'ha inventato Topor, quando una sera, non sapendo cosa fare, per noia, si mise a buttare giù cubi. Incluso un quadro in stile primitivo intitolato «Le damoiselle d'Orange», subito copiato da Picasso nel celebre Le demoiselles d'Avignon.
A Parigi esce e va a letto con molte donne, una sera con due ragazze insieme, Flora e Roselle, la seconda fa di cognome Luxemburg. Fu Topor a presentarle un suo amico esule russo, si chiamava Lenin. Mentre un altro giorno incontra un certo Marcel Proust e, en passant, gli parla di un biscotto: la madeleine.
Dopo la prima guerra mondiale Topor avrà modo di vedere perfino il presidente Wilson, suggerendogli che tredici punti portano male: così nasceranno i quattordici punti di Wilson. E non crederete che il Manifesto del Surrealismo sia un'idea di Breton? È stato Topor a regalargliela, e Breton era convinto lo avrebbero preso in giro, invece: «seguì i miei consigli e fece uscire il suo manifesto nel 1924. Fu in trionfo. A me non venne in tasca nulla».
In Italia conosce D'Annunzio e Pirandello, il secondo non l'ha mai sentito nominare, Pirandello si offende e in italiano gli dice «vaffanculo, stronzo». Dopo il 1945 l'inarrestabile Roland inventa i monocromi, anticipando Yves Klein e Piero Manzoni, ma nessuno se ne accorge. Tra i gossip più succulenti sappiate che le opere di De Chirico le ha dipinte Morandi, e Historie d'O lo ha scritto lo stesso Topor, con lo pseudonimo di Pauline Réage.
Nella matrioska di aneddoti c'è perfino una signorina ubriaca che una notte, in albergo, gli vomita sulla giacca prima di stramazzare a terra. Topor cerca aiuto e chi trova a dargli una mano a trasportare la svenuta in camera? George Orwell. La camera è la 1984. «Sembra una data» fa notare Topor a Orwell. Orwell risponde: «È vero, come sarà il mondo nel 1984? Non oso immaginarlo». «Fate male, senza dubbio sarebbe interessante».
Alla fine di questo delirio di effervescente mitomania estetica e anche etilica (esiste una registrazione con la voce di Roland che recita il libro per il teatro con la voce da ubriaco), resta il senso dell'arte come godimento e «come la gioia perché come lei è immorale». E quindi: «Viva il denaro! Viva l'arte! Viva il comunismo!». E a pensarci poi quel cialtrone di Roland riuscirà a centrare davvero il futuro meglio di Orwell, basta vedere cosa scrive della televisione: «Accendete il vostro televisore. Ascoltate, guardate. Cosa sentite tutta la giornata? Opinioni. Io rispetto le opinioni, ma sono l'esatto contrario della comunicazione». Senza saperlo ha inventato i talk show politici italiani.
Eppure nella vita artistica reale il vero Topor non doveva essere da meno del vecchio cialtrone. Basti pensare alle Cento buone ragioni per suicidarsi immediatamente o alle meravigliose ricette cannibali (La couisin cannibale), tipo la ricetta della Mamma alle rose bianche: «Baciate la mamma su entrambe le guance poi tagliatela in due: gettate in acqua bollente; levate la testa che sorride bonariamente - vi farebbe passare l'appetito - la colonna vertebrale e tutte le ossa che possono essere tolte. Preparate le patate bollite che taglierete a rondelle e metterete in insalata. Mischiate l'insalata con dei pezzetti di mamma e condite tutto con olio d'oliva prima di servire.
Non dimenticate di aggiungere qualche rosa bianca sotto il piatto: serviranno a proteggere la tovaglia, inoltre la mamma le amava tanto...». Immaginatevela letta lì, da Benedetta Parodi, prima del pistolotto del telegiornale di Enrico Mentana. Perché «se l'orrore è assurdo, allora è risibile», signore mie.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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