Cultura e Spettacoli

Assolto il Sessantotto Ma la formula è piena soltanto di retorica

Lunedì scorso è andata a processo un'idea: quella sessantottina. Mughini: "Il '68 ha prodotto un groviglio di sottoculture che a tutt'oggi ingabbiano la nostra storia civile"

Assolto il Sessantotto Ma la formula è piena soltanto di retorica

A un certo punto il presidente ha addirittura minacciato di far sgombrare l'aula, visto che gli animi di molti, sopraffatti dal pathos della discussione, si erano oltremodo surriscaldati. Diciamo «presidente», ma non intendiamo né Laura Boldrini né Pietro Grasso. Diciamo «aula» ma non intendiamo né la Camera né il Senato. Diciamo «pathos» ma dovremmo dire patema (d'animo, appunto). Perché il «processo» andato in scena lunedì scorso a San Mauro Pascoli vedeva come imputata non una persona fisica, bensì un'idea, anzi un ideale, un sogno parzialmente realizzatosi, un battito di ciglia nel corso della storia, italiana e non solo, che ha tuttavia cambiato il modo di vedere e di vivere le cose.

Alla sbarra c'era infatti nientemeno che il Sessantotto. L'aula erano le sale di Villa Torlonia-La Torre, dove l'affluenza di pubblico aveva battuto ogni record precedente. Nemmeno in occasione del «Processo alla Romagna di Mussolini» e del «Processo a Mazzini» tale e tanto era stato l'uditorio. Il collegio difensivo era composto da Marcello Flores e Marco Boato, mentre a sostenere le ragioni dell'accusa erano Giancarlo Mazzuca e Giampiero Mughini. E quando il presidente, Miro Gori, ha prospettato l' extrema rati o della sospensione del dibattimento, di fatto la sentenza era già scritta: assolto con formula piena. Il fatto non costituisce reato? Chissà. Comunque il fatto sussiste, e saranno posteri più posteri di noi a emettere, per esempio quando sarà trascorsi un secolo dagli eventi in oggetto, la classica «ardua sentenza» di Cassazione. Per ora, registriamo i freddi numeri del tribunale popolare: 244 a 74.

L'avvocato Mazzuca aveva scelto una linea, diciamo così, sociologica: il Sessantotto fu la «ribellione dei figli di papà contro i padri che, sull'onda del benessere economico del secondo dopoguerra, avevano creato ricchezze e opportunità». Concludendo così l'arringa: «Di formidabile quegli anni hanno lasciato solo le macerie, la più grande è stato il terrorismo». Marcello Flores ha allargato l'orizzonte all'intero pianeta: «Il '68 - ha tuonato - è stato un evento mondiale. Spesso sono le immagini-simbolo che aiutano a capire il clima di quell'anno. Ne ricordo quattro: 1) una ragazza sulle spalle di un giovane che sventola una bandiera vietnamita durante la rivolta di maggio a Parigi; 2) i giovani di Praga che circondano i carri armati sovietici per dialogare con i soldati e convincerli a ritirarsi; 3) un generale sudvietnamita giustizia un prigioniero a Saigon sparandogli a bruciapelo un colpo alla tempia; 4) gli atleti americani Tommie Smith e John Carlos salutano col pugno chiuso in un guanto nero alle Olimpiadi di Città del Messico».

Mughini, da consumato polemista, ha piegato a proprio favore le argomentazioni dell'avversario: «La ragazza di Parigi - ha sibilato - arrivava da una famiglia chic, e non certo proletaria, che i suoi genitori hanno poi diseredato». E, quanto all'omicidio Calabresi, ha sganciato la domanda retorica che pesa sulla coscienza di molti: «Che fine hanno fatto quegli 800 intellettuali che firmarono un appello contro il commissario di Milano?». Infine la chiamata in correo: «Il '68 ha prodotto un groviglio di sottoculture che a tutt'oggi ingabbiano la nostra storia civile e impediscono una modernizzazione del Paese». Marco Boato, fra i boati della folla, ha chiosato: «Se gli anni '70 restano ancor oggi nella memoria per le tragedie della strategia della tensione, dei rigurgiti fascisti e poi degli “anni di piombo”, in realtà essi hanno anche determinato la più straordinaria stagione di riforme e di conquista di nuovi diritti civili di tutto il secondo dopoguerra».

In nome del popolo italiano, la seduta è tolta.

Commenti