«Bruce Willis è meglio di certi filosofi»

Raggiungo Simone Regazzoni, già autore di Pornosofia, il saggio sulla Filosofia del pop porno dopo la pubblicazione del quale ha perso il posto all'Università Cattolica di Milano, per parlare del suo primo romanzo, Abyss (Longanesi, pagg. 400, euro 14,90), nel Burger King di un centro commerciale genovese. Mi saluta. «Hai fame?». «Non ho ancora fatto colazione». «Hamburger?». «La colonna portante di ogni colazione vitaminica!».
Ordiniamo due tripli Whopper menù king size.
Ma i filosofi non dovrebbero mangiare nelle botteghe equosolidali?
«Sì, se pensi a Cacciari, ma non è decisamente il mio modello».
A giudicare dal tuo romanzo, il tuo modello sembra più Bruce Willis.
«C'è più filosofia in Die Hard che in tanta spazzatura accademica che circola nelle università, in particolare italiane. La cultura di massa è filosoficamente più interessante dei filosofi di professione. A suo modo Benjamin lo aveva capito».
Per questo nei tuoi saggi usi riferimenti molto pop, Lost, il Dr House...
«C'è filosofia dappertutto... a eccezione, forse, che nei romanzi di Scurati. La filosofia è proprio là dove non ci si aspetta di trovarla. Il resto, invece, la filosofia ostentata, la posa filosofica, è paccottiglia per intellettuali, che sono l'antitesi del filosofo».
Infatti il tuo primo romanzo non è esattamente un tomo esistenzialista, ma un romanzo su modello blockbuster, infarcito di cliché, macchine veloci, whisky, testosterone...
«Per parafrasare Takeshi Kitano: un pugno sul volto sulla cultura filosofica e letteraria italiana. Ho preso il genere del romanzo filosofico e ho cercato di adattarlo al nostro tempo. E il modello non poteva certo essere il romanzo ombelicale con aspirazioni “letterarie”, ma il cinema blockbuster: penso al Batman di Nolan. Dare velocità, forza e testosterone ai pensieri. Tutto questo è postmoderno? Solo in parte. È Aristotele, bellezza! Ho seguito rigorosamente la Poetica: trama, azione, pensieri, linguaggio. Ho solo aggiunto una Chevrolet Camaro».
Se citi Il cavaliere oscuro, mi tocca dismettere i panni del bastian contrario. Personalmente ci trovo più riflessioni filosofiche imprescindibili che in tutto Pasolini...
«Pasolini è la più grande disgrazia mai capitata alla cultura italiana».
Ecco, sei sempre molto moderato... Ma lasciando in pace i morti, chi sono le disgrazie viventi della cultura italiana?
«Gli scrittori-intellettualini di sinistra, con una cultura media. Quelli che filosofeggiano, pasolineggiano, e al fondo fanno la morale al mondo. Scrivono libri noiosi che usano per poter poi dare dignità intellettuale a discorsi politico-morali che in questi anni hanno rappresentato la vera sciagura della sinistra».
Ora non fare il politicamente corretto, fuori i nomi! Non cerchi lo scontro frontale?
«Ma tanto non lo accettano, loro sono per il dialogo... Io, come Derrida o I mercenari di Stallone (su questo punto sono intercambiabili) preferirei lo scontro polemico. Se fosse ancora vivo quel gruppo di scrittori da film di Muccino che si faceva chiamare TQ, potrei dirti loro. Altrimenti vedi tu, uno Scurati, un Raimo, un Lagioia, una Vasta, una Murgia, una Policastro, o il loro padrino, Cortellessa... Per non parlare di San Roberto Saviano».
Secondo me ti immagini tipo l'eroe che schiva all'ultimo minuto l'esplosione del covo nemico, con dentro mezzo Gotha della cultura italiana...
«Derrida diceva che si immaginava mentre metteva le bombe sulle rotaie, io mi immagino più come Bruce Willis nel finale di 58 minuti per morire».
A parte sentirti «duro a morire», quale obiettivo principale ti proponi con questo libro?
«Godimento. O, se preferisci, divertimento del lettore».
Ho letto da qualche parte che anche vendere milioni di copie non ti dispiacerebbe.
«Certo, altrimenti avrei pubblicato per minimum fax un romanzo su un giovane professore di filosofia precario che, come un novello Socrate, fa domande ai passeggeri dei treni regionali del Sud Italia».
Temo che qualche copia un simile orrore la venderebbe...
«Sì, e Massimo Recalcati ne farebbe una splendida recensione».
E Virzì ci farebbe un film.
«Se mi pagasse bene potrei recitarci».
Non hai paura di essere snobbato dall'intellighenzia?
«Secondo me di nascosto mi leggeranno anche quelli di minima&moralia, e ne parleranno nelle loro cene etniche».
Il binomio filosofo/bestsellerista potrebbe essere un nuovo target di ego ipertrofico.
«Quando ho presentato il romanzo a Longanesi mi hanno guardato storto: pensavano a un'operazione meta-romanzesca, di forzatura del genere. Sono cose che non tollero. Io sono uno che pensa che gente come Bolaño o Foster Wallace avrebbero dovuto scontare una pena nelle prigioni per scrittori. Amo genuinamente il genere, senza distanza intellettuale. Io volevo essere totalmente all'interno del genere, senza distanza, e al contempo inserire cose che il genere non contempla, ma sottotraccia, senza farlo trapelare, senza usare il genere per veicolare chissà quali messaggi politici, etici o altro. La letteratura (perché naturalmente l'opposizione tra letteratura e generi di consumo non esiste) con l'alibi del messaggio mi ripugna».


Direi che possiamo andare a fare un bagno, credo tu ti sia fatto abbastanza nemici per oggi.
«Se vuoi posso continuare».
Molti nemici molto onore? Non temi ti diano del fascista?
«Fortunatamente i cattivi di Abyss sono i nazisti, almeno questo pericolo è scampato».
Twitter: @cubamsc

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