Calvino, il primo cantautore che ispirò Guccini e De André

Nel 1957 nacquero i Cantacronache, un gruppo poetico-musicale che voleva «evadere l'evasione» Fra loro c'era lo scrittore, che si esibì dal vivo

Calvino, il primo cantautore che ispirò Guccini e De André

Sono parole leggere quelle che Italo Calvino usava nelle proprie canzoni, leggere per come intendeva lui la leggerezza: rapide, esatte, visibili e molteplici. Oggi, quasi sessant'anni dopo, sono nascoste nella grandezza del loro autore e dalla forza dei suoi scritti. Ma sono state decisive per la nascita dei cantautori italiani, diciamo che sono il trait d'union tra la lezione francese di Brassens, quella «alta» di Bertolt Brecht e quella genovese di De André, Paoli e Lauzi, per citare i più creativi.Riassumiamo: nel 1957 Italo Calvino fu coinvolto da Sergio Liberovici e Michele Straniero, che orbitavano come lui intorno all'Unità, nel progetto di scrivere canzoni «realistiche», legate ai fatti e quindi contestualizzate e insomma opposte a quelle «consumistiche» (allora le definirono «gastronomiche») del Festival di Sanremo.

In sostanza, trattavano l'onda lunga della Resistenza (in un modo retorico che a Calvino risultava esagerato), l'anarchia, le storie di strada, le mondine.Nacquero così i Cantacronache, gruppetto torinese di cui faceva parte la meglio giovane intellettualità del momento: Franco Antonicelli, Fiorenzo Carpi, Valentino Bucchi, Giorgio De Maria, Giacomo Manzoni, Piero Santi. Obiettivo: «Evadere l'evasione». D'altronde si può capire la foga «rivoluzionaria» di trentenni appassionati che avevano appena «subìto» la vittoria a Sanremo del belcanto manierato di Claudio Villa e Nunzio Gallo con Corde della mia chitarra. Perciò scrissero tanti brani, tra i quali Italo Calvino in persona firmò Dove vola l'avvoltoio (la più conosciuta, quella che battezzò la nascita dei Cantacronache), Canzone triste, Sul verde fiume Po, Oltre il ponte, Il padrone del mondo, Turin la nuit o Rome by night, La tigre, Quando ricordiamo. Si diedero da fare, e molto, i Cantacronache, trainati dall'entusiasmo di un'epoca in cui le vendite dei 45 giri crescevano del 100 per cento anno dopo anno. Furono scartati da case discografiche come la Ricordi perché, si direbbe oggi, erano troppo «avanti», ma riuscirono a incidere dischi grazie a Canta Italia, una struttura del Pci che organizzava eventi per il Festival dell'Unità. Prima un 78 giri in poche copie. E poi un 33 giri delle dimensioni di un 45 e ancora altre registrazioni. E si esibirono dal vivo, la prima volta nel maggio '58 nella sala dell'Unione culturale di Torino a Palazzo Carignano (dove pare cantò anche Calvino, ma nella registrazione pubblicata da Dischi del Sole la sua voce baritonale non si individua con esattezza) e poi al Teatro dei Satiri di Roma, dove Calvino arrivò in treno dormendo sulla reticella del portabagagli.

Fecero, anche se non si usava ancora questa parola, tournée in quelli che oggi sarebbero club ma allora erano circoli, case del popolo, sedi di partito o di sindacato.Una folata cantautorale che si esaurì in breve (nel 1962 i Cantacronache riconobbero di aver «concluso il percorso e la funzione»), ma che ha avuto profonde ripercussioni nella storia della nostra canzone d'autore. Come racconta (benissimo) Enrico De Angelis in Italo Calvino e gli anni delle canzoni (Betelgeuse Editore, pagg. 267 pagine, euro 16), quest'influenza è ancora palpabile. Non è un caso, ad esempio, che La guerra di Piero, primo brano di De André, abbia un testo chiaramente ispirato a Dove vola l'avvoltoio o che Guccini abbia ammesso che «dopo aver ascoltato i Cantacronache cominciai a sforzarmi di comporre in modo diverso». Dopotutto quel desiderio controcorrente di abbattere la canzonetta era destinato a scatenare polemiche ed effetti profondi (il Borghese dedicò loro una locandina con la scritta «agli inutili idioti di Torino») e Roberto Leydi bocciò i testi come «usciti dal liceo classico». Però, nonostante un linguaggio che oggi suona sorpassato, pieno di retorica e apocopi come amor o cannon o rubar, i Cantacronache sono stati apripista.

E nel cd registrato dal vivo a Sanremo nel 2014 dall'espertissimo fonico Franco Calvini (allegato al libro di De Angelis) si possono ascoltare otto brani di Calvino cantati da Grazia De Marchi accompagnata al pianoforte da Giannantonio Mutto: il tuffo in un passato che sembra dimenticato ma i cui frutti ascoltiamo ancora oggi senza magari accorgercene.

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