Molti anni fa Luciano De Crescenzo (mio buono amico), che incontravo ogni anno al Salone del Libro di Torino, dove si lamentava dello snobismo di Repubblica che ignorava i suoi libri, improvvisamente ebbe l'occasione di scrivere sul deprecato quotidiano. Non so per quale improvvisa riabilitazione. Fatto sta che, proprio in quell'articolo, il primo di una breve serie, egli pensò bene di parlare male di me, immaginandomi impiccato per la mia iracondia, e vedendosi salvo per la zattera che gli era stata lanciata. Io m'incazzai molto, gli ricordai le deprecazioni e gli sfoghi in cui cercava, ottenendola, la mia approvazione, ed egli tentò di scusarsi con deboli argomenti.
Questo episodio rovinò per qualche tempo i nostri rapporti. Ma mi è tornato in mente quando ho letto su Repubblica il lungo e argomentato articolo di Pietrangelo Buttafuoco che ha dato origine a tante polemiche sulla infedeltà o incongruenza del giornalista di Panorama prestato al quotidiano di De Benedetti. Buttafuoco è un uomo originale e indipendente, e quindi non è mai stato un berlusconiano osservante, benché sempre, coerentemente, un uomo di destra. Ricordo quando, favorito, perse il Campiello, premio «pulito» perché espresso da una giuria popolare autonoma, ma non ininfluenzabile. Infatti perse i voti di tanti lettori dopo che Umberto Piersanti, pregiudizialmente di sinistra, rifiutò di farsi fotografare insieme agli altri finalisti per non essere ripreso a fianco di un «fascista» come Buttafuoco. Buttafuoco ne fu molto turbato ed ebbe solidarietà da quelli che oggi tratta con superiorità perché «destrutti», mentre lui si è redento con il salvagente di Repubblica. Ovviamente con questa sindrome del riscattato, oltre ai tanti suoi antichi amici di Destra, Buttafuoco non manca di fare qualche inoffensivo riferimento a me come «vate prosaico» che «ad ogni sventagliata di capra, capra, capra!, alzava l'audience». Non c'è disprezzo, ma una vena di compiaciuta malizia nelle sue parole, durissime verso quelli che furono i fascisti e post fascisti suoi amici, e i «complici» di Berlusconi. Un uomo nuovo. Tristemente simile a Gianfranco fini, bisognoso di legittimarsi con l'approvazione degli antichi avversari.
E dunque io non discuto che Buttafuoco scriva su Repubblica, e neppure che scriva male dei «destrutti» che per tanto tempo ha frequentato e che non gli hanno fatto mancare nomine e incarichi. Alcune sue definizioni sono calzanti. Ma mi chiedo perché, e questo sarebbe stato spavaldo ed eroico, come lui pretende di essere, non abbia scritto su Repubblica anche quello che disse, da storico, nel 2011 in un'intervista a Edoardo Nesi, per il film di mia sorella Se hai una montagna di neve tienila all'ombra. Un viaggio nella cultura italiana. La domanda di Nesi, «repubblichino» consolidato, era: «Per cosa pensi verranno ricordati questi anni italiani che stiamo attraversando?». Buttafuoco rispose intrepido, senza immaginare scenari di «destruzione», e in modo perentorio: «Saranno ricordati solo per Berlusconi. L'unico che rientrerà nel capitolo di Storia, che racconterà l'Italia dei nostri giorni, sarà Silvio Berlusconi, con tutto il suo carico di stravaganza, di eccentricità, di sovversione. In fondo lui è il più clamoroso esempio di comunista realizzato. Quello che era il sogno del '68... la fantasia al potere, l'ha fatta lui.
E adesso, pover'uomo? Il capitolo di Storia va riscritto perché è cambiato l'editore?
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