Fondatore della Federazione Nazionale Combattenti della RSI. Uomo fidato di Mussolini, marito di Rosina Mussolini, figlia di Arnaldo. Giornalista. E anche storico, visti i fatti di cui fu testimone. Vanni Teodorani (1916-64) è il personaggio chiave per aprire la porta della «pista inglese» sulla morte del Duce e della Petacci.
Conferme in tal senso vengono dai diari di Teodorani, durante la Repubblica Sociale capo della segreteria militare di Mussolini e sottocapo di Stato Maggiore della Divisione San Marco, incaricato di numerose missioni in Italia e all'estero. Le memorie di Teodorani sono ora pubblicate, a mezzo secolo dalla sua morte, con il titolo Quaderno '45/'46 dall'Editrice Stilgraf di Cesena. L'autore racconta che a fine aprile 1945 partecipò a una missione con lo scopo di raggiungere il Duce in fuga da Milano e consegnarlo all'Oss (Office of Strategic Services) americano, d'intesa con i servizi segreti del Regno del Sud (il Sim, Servizio Informazioni Militari). Il piano degli statunitensi prevedeva la cattura di Mussolini e il suo trasferimento in Sardegna. Teodorani svela però che il progetto segreto fu vanificato a seguito di un incidente stradale che impedì a Emilio Lapiello, organizzatore dell'operazione, di raggiungere Dongo. Un incidente che pare avere innescato una serie di ritardi decisivi. E Mussolini finì quindi sotto il controllo di misteriosi agenti inglesi.
Per gli studiosi fautori della «pista inglese», primo fra tutti lo storico Luciano Garibaldi, che ne espose le linee vent'anni fa con una serie di articoli sul settimanale Noi e sul quotidiano La Notte (e che ieri è tornato sul tema con un articolo pubblicato da ilsussidiario.net), sarebbe esistito un accordo tra i comunisti italiani e i servizi segreti inglesi per far tacere per sempre Mussolini e Claretta, su ordine di Winston Churchill. Lo scopo era impedire al dittatore fascista di rivelare gli accordi intercorsi tra i due per convincere Hitler a cessare la resistenza in Occidente per far fronte comune contro l'avanzata sovietica in Europa.
«Come è noto - scrive Teodorani citato da Garibaldi - i partigiani di Dongo \, fermato il Duce, lo rimisero al più presto al brigadiere della Guardia di Finanza di Germasino, Antonio Spadea. Cosa successe da quel momento? \ Ho assodato, senza tema di smentite, che quel sottufficiale della GdF doveva consegnare il prigioniero a un tenente suo diretto superiore operante in quella zona. Ma il tenente, De Laurentis, in precedenza paracadutato dal Sud, non arrivò, o meglio, arrivò tardi. Nel frattempo, con l'intenzione di affidare tanto prigioniero ad una tutela più sicura e definitiva verso gli incombenti rossi, il brigadiere di Germasino aveva provveduto a consegnarlo al capitano Alleato che operava nel settore e che per primo aveva avuto notizia dell'avvenuta cattura. \ Quel capitano, però, non apparteneva al Secret Service americano, ma al servizio informativo britannico. L'errore del brigadiere era da prevedersi, giacché, per un normale sottufficiale della Finanza, gli alleati erano un tutto \.
L'ufficiale in oggetto, preso in consegna il prigioniero, lo trasferì a nuova sede, sottraendolo al controllo della Guardia di Finanza, e quindi degli americani, e quando \ arrivarono i comunisti di Walter Audisio, di cui egli avrebbe avuto il dovere di impedire ogni movimento, non trovò di meglio che allontanarsi senza profferire sillaba».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.